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Pellè va in Cina: incasserà 38 milioni

Il centravanti titolare della Nazionale italiana andrà a giocare in Cina, allo Shandong Luneng. E questa è già di per sè una notizia. Però non basta, perchè questo viaggio intercontinentale renderà Graziano Pellè, punta giramondo nata in Salento, ma esplosa in Olanda con il Feyeenord e consacratasi in Inghilterra al Southampton, il giocatore italiano più pagato al mondo, davanti all’altro emigrante di lusso Sebastian Giovinco, che fa fuoco e fiamme in Mls con la maglia del Toronto.

Per i secchi numeri: 38 milioni di euro per due anni e mezzo, poco più di 15 all’anno. Cifre, per capirci, paragonabili a quelle che percepisce Neymar e superiori a quelle che incasserà Ibrahimovic a Manchester, per un giocatore che, aldilà dell’ingiusta graticola post-rigore con la Germania, non rientra affatto nel novero dei fuoriclasse.

Una sorta di incentivo all’esodo, per abbandonare il calcio che conta, e certamente anche la Nazionale, in cambio una somma di denaro che altrimenti non avresti mai potuto intascare. Una di quelle transazioni che di solito lasciano l’amaro in bocca ai tifosi, perchè troppo scoperta, troppo irrispettosa dell’equivoco di fondo su cui, troppo spesso, si fonda la loro affezione: l’ideale che i calciatori non siano dei professionisti.

Un’ideale che viene stacciato di fronte ad un passaggio del genere, dall’abbandono (temporaneo o meno non è dato saperlo, ma la carta d’identità di Pellè dice già 31) di ogni ambizione sempre sognata in cambio dell’accoglienza dorata in un cimitero degli elefanti calcistico, in compagnia degli Hulk e degli Asamoah di questo mondo, e in cambio della sicurezza economica per generazioni di Pellè a venire.

Si rinuncia al calcio e si sceglie il denaro. Denaro che, sempre più spesso ormai, porta la matrice cinese: sono 258,9 i milioni spesi dalla Chinese Super League lo scorso inverno, per acquistare i vari Hulk, Alex Texeira e Jackson Martinez, e ancora di più ne verranno spesi quest’anno, per un giocattolo costoso e fragile, che compra tutto quello che riesce, senza sapere, forse, che la Storia è un’altra cosa.

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