Si avvicina l’appuntamento irrinunciabile del primo maggio per i romani: fave e pecorino. Gli ingredienti perfetti per inaugurare la bella stagione, simbolo delle scampagnate fuori porta con amici e parenti. Questa tradizione, ormai esportata anche fuori dal Lazio, risale agli antichi romani che celebravano l’arrivo della primavera insieme ai propri cari con un bel pranzetto ricco ma fatto di prodotti semplici, per augurare felicità e prosperità.
E quale miglior pecorino se non quello romano? Uno dei formaggi più antichi del nostro Paese e che ancora oggi viene prodotto seguendo la stessa ricetta. Un prodotto caseario dal sapore inconfondibile, amato a livello internazionale per la lunga conservazione e la facile digeribilità. Dal 1996 il Pecorino Romano ha ottenuto il riconoscimento DOP (Denominazione di Origine Protetta), mentre il Consorzio è nato molto prima, nel 1979.
Si tratta di un formaggio a pasta dura e cotta, prodotto con latte di pecora fresco, si distingue per un gusto aromatico e una spiccata sapidità. Ha una forma cilindrica con facce piane, alto tra i 25 e i 40 cm, con un diametro tra i 25 e 35 cm. Le sue forme pesano dai 20 ai 35 kg e devono rigorosamente riportare il marchio DOP e le indicazioni del luogo di produzione. Si può trovare anche direttamente grattugiato.
La crosta è sottile, di color paglierino o avorio chiaro in base alle tecniche applicate in fase di lavorazione e può essere naturale o cappata nera. La pasta invece è dura, dal bianco al giallo chiaro. Si distingue dal Pecorino Sardo per la salatura, quest’ultimo ha un periodo di stagionatura molto più breve, mai oltre i quattro mesi. La crosta è più liscia e scura. Inoltre, il latte utilizzato per quello sardo viene prodotto solo in Sardegna.
Storia del Pecorino Romano
Attualmente, oltre che nel Lazio viene prodotto nella provincia di Grosseto ma il centro di maggiore produzione è in Sardegna (circa il 95%). Ma perché la Sardegna? Alla fine del 1800 il Pecorino Romano conobbe il suo periodo più splendente, soprattutto nel Nord America. La produzione del Lazio non riusciva a rispondere alla domanda sempre più crescente e insieme al decreto del 1884, quando il sindaco di Roma Leopoldo Torlonia vietò la salatura del pecorino in città, gli imprenditori decisero di spostarsi in Sardegna, terra famosa per i suoi pascoli di ovino e le condizioni ambientali favorevoli.
Molto apprezzato dal palato degli antichi romani durante i banchetti, mentre la sua capacità di conservazione, legata alla quantità elevata di sale, ne faceva un alimento ideale per sostenere l’esercito nei lunghi viaggi delle legioni. Insieme al pane e alla zuppa di farro forniva loro la giusta carica energetica per affrontare le lunghe battaglie e i continui spostamenti. Citato da Plinio il Vecchio, Varrone, Galeno ma anche da Virgilio già nel 48 A.C in cui descrivevano le tecniche di produzione, le proprietà nutritive e il consumo giornaliero per soldato (27 grammi ad integrazione del normale pasto).
Proprietà e valori nutrizionali
Può vantare buone proprietà nutritive grazie al ricco apporto di proteine, sali minerali (sodio, calcio e fosforo) e vitamine (A,B). Ha un elevato apporto calorico e anche il colesterolo è abbondante mentre è privo di fibre. Bisogna consumarlo con giudizio, inadatto all’alimentazione dell’ipercolesterolemico e nel caso di pressione alta per via dell’alto contenuto di grassi saturi, colesterolo e sale. La ricchezza in calcio e fosforo rende un prodotto che contribuisce a soddisfare le necessità minerali dei bambini durante la crescita e delle persone in età avanzata, specie per le donne in menopausa.
Fasi di produzione del pecorino romano
Le tecniche di produzione e lavorazione, conservano ancora alcuni dei passaggi ereditati dalla tradizione che si svolgono tendenzialmente da ottobre a luglio. La prima fase prevede la mungitura delle pecore, allevate allo stato brado su pascoli naturali, il cui latte fresco viene misurato, filtrato e lavorato crudo, oppure riscaldato ad una temperatura massima di 68°C per massimo 15 minuti. Il latto viene poi versato in particolari vasche di coagulazione, si aggiunge l’innesto, ovvero un insieme di batteri lattici caratteristici di questa tipologia di pecorino. A questo punto il latte viene coagulato a una temperatura intorno ai 38-40°C. Una volta indurito, il casaro può romperlo fino a ridurre la “cagliata” alle dimensioni di un chicco di grano.
La successiva cottura a circa 48-50°C precede la fase di salatura, che può seguire l’antica tradizione di svolgerla a secco oppure essere praticata tramite salamoia. Le forme sono pronte per la fase finale: la stagionatura. Questa dura dai cinque mesi per il pecorino da tavola e a otto mesi per quello da grattugiare. Ovviamente, tutte le fasi devono essere svolte nella stessa zona, limitatamente alle regioni del Lazio, Sardegna e della provincia di Grosseto.
Usi in cucina
Il Pecorino Romano poco stagionato risulta un ottimo formaggio da pasto: può essere degustato da solo o insieme a frutta e verdura fresca, oppure a una composta di frutta particolarmente dolce come quella di pere o, ancora, con un miele che stemperi i suoi sapori forti, ad esempio quello d’acacia. Invece, il formaggio più stagionato ha un carattere molto più deciso, viene usato con moderazione grattugiandolo per insaporire alcuni piatti. Tra questi, gli spaghetti cacio e pepe: un piatto semplice dal sapore forte e deciso, oppure i rigatoni alla carbonara, un primo tradizionale, servito sia nelle trattorie che nei ristoranti. Il Pecorino Romano è eccellente anche su alcune zuppe, come quella di broccoli. Tra i secondi piatti, è ottimo con la trippa alla romana o con asparagi e uova.
L’abbinamento più amato dai romani è pecorino e fave fresche, un piatto ideale da gustare in compagnia durante una scampagnata o in una tavolata rustica. Si può aggiungere anche la pancetta dolce (o guanciale) che arricchisce ancora di più questo piatto, da accompagnare con pane casareccio e del buon vino. A seguire la ricetta dell’insalata di fave e pecorino.
Ingredienti
Fave fresche 2 kg
Pecorino Romano a scaglie 40 g
Aceto 20 g
Olio extravergine d’oliva 40 g
Sale e pepe q.b
Procedimento
Per prima cosa togliere le fave dal baccello ed eliminare il guscio esterno. Per semplificare l’operazione è possibile immergere le fave in acqua bollente per circa un minuto e poi raffreddarle in acqua ghiacciata. Nel frattempo, porre in un recipiente la buccia grattugiata di un limone, l’aceto, l’olio, il sale e il pepe. Unire a tutti gli ingredienti, le fave e il pecorino romano tagliato in grosse scaglie e servire.