Dichiarazione, smentita e smentita della smentita. Poi, via libera alla girandola di reazioni politiche più o meno indignate. Si è scatenata una bufera sul giudice Antonio Esposito, presidente della sezione feriale della Cassazione che giovedì scorso ha confermato la condanna di Silvio Berlusconi nel processo per i diritti tv Mediaset.
In un’intervista pubblicata oggi dal quotidiano “Il Mattino”, a Esposito vengono attribuite le seguenti affermazioni: “Non poteva non sapere? Potrebbe essere un’argomentazione logica ma non può diventare principio alla base della sentenza. Noi potremmo dire: tu venivi portato a conoscenza di quel che succedeva. Non è che tu non potevi non sapere perché eri il capo. Teoricamente, il capo potrebbe non sapere. No, tu venivi portato a conoscenza di quello che succedeva. Tu non potevi non sapere perché Tizio, Caio o Sempronio hanno detto che te lo hanno riferito. È un po’ diverso dal non poteva non sapere”. Morale: il Cavaliere è stato condannato perché sapeva, non perché non poteva non sapere.
Il giudice ha poi negato di essersi espresso in questi termini, ma il direttore del giornale napoletano ha confermato: l’intervista è stata registrata e riportata alla lettera.
In una nota, Esposito ha definito quel passaggio “completamente inventato”, negando “di aver pronunziato nel colloquio avuto con il cronista – rigorosamente circoscritto a temi generali e mai attinenti alla sentenza, debitamente documentato e trascritto dallo stesso cronista e da me approvato – le espressioni riportate virgolettate: ‘Berlusconi condannato perché sapeva non perché non poteva non sapere'”.
Di tutt’altro avviso il direttore de “Il Mattino”, Alessandro Barbano: “Posso assicurare a voi e ai miei lettori che l’intervista è letterale – ha detto –, cioè sono stati riportati integralmente il testo, le parole e le frasi pronunciate dal presidente, di cui ovviamente abbiamo prova. Posso immaginare che il Presidente della Cassazione abbia valutato a posteriori che, in qualche modo, spiegare le motivazioni della condanna prima di averla emessa possa avere per lui un ritorno non positivo. Però non è una colpa da attribuire ai giornalisti, ma alla responsabilità e alla maturità di chi parla”.
Prevedibile l’ira funesta del Pdl, che si è scatenato fra richieste d’interventi disciplinari e sospetti sulla presunta (e per alcuni sospetta) ricerca di visibilità da parte di Esposito. Ha aperto le danze Sandro Bondi: “E’ normale che il giudice Esposito entri nel merito della sentenza della Cassazione con un`intervista rilasciata a un quotidiano nazionale? – si è chiesto il coordinatore del partito –. È questo il nuovo stile dei giudici della Cassazione?”.
Luca d’Alessandro, segretario della commissione Giustizia della Camera, invoca l’azione disciplinare: “Al di là dei contenuti, risibili e assai discutibili, l’intervista dell’ineffabile presidente della sezione feriale della Cassazione, Antonio Esposito, è gravissima. Auspichiamo che il ministro della Giustizia promuova un’azione disciplinare e prenda immediati provvedimenti nei confronti del giudice Esposito”.
La chiosa arriva dalla portavoce dei deputati pidiellini, Mara Carfagna: “Anticipare le sentenze in forma pubblica, attraverso un`intervista ad un organo di informazione nazionale, appare più come un modo per ottenere visibilità per chissà quale scopo futuro”.