Il premier e segretario del Pd Matteo Renzi chiama a raccolta il suo partito: “Dobbiamo smettere di dividerci e fare finalmente gioco di squadra – ha detto ieri da Pechino, dove si trova per un ciclo di visite in Asia –. Noi andremo avanti a testa alta. Siamo convinti a cambiare il Paese. Le riforme non si annunciano, si fanno, e non lasciamo a nessuno il diritto di veto. Contano più i voti degli italiani che il diritto di veto di qualche politico”.
Il richiamo all’unità, però, non ha sortito gli effetti sperati, visto che questa mattina tredici senatori del Partito democratico si sono autosospesi dal gruppo in segno di solidarietà nei confronti di Vannino Chiti e Corradino Mineo, sostituiti in commissione Affari Costituzionali a Palazzo Madama in quanto dissidenti rispetto alla linea renziana.
L’annuncio dell’autosospensione è arrivato oggi dal senatore Paolo Corsini, che in Aula a Palazzo Madama ha letto un documento in cui si diceva che “la rimozione dei senatori Chiti e Mineo decisa ieri dalla presidenza del gruppo rappresenta un’epurazione delle idee considerate non ortodosse. Si tratta di una palese violazione dell’articolo 67 della Carta. Chiediamo alla presidenza del gruppo parlamentare il necessario chiarimento prima dell’assemblea del 17 giugno. Nel frattempo i senatori si autospendono dal gruppo Pd. Questo non potrà non avere conseguenze sui lavori parlamentari”.
I senatori autosospesi sono Casson, Chiti, Corsini, Gadda, Dirindin, Gatti, Lo Giudice, Micheloni, Mineo, Mucchetti, Ricchiuti, Tocci, Turano. vale però la pena di ricordare che 13 senatori non sono stati eletti dal popolo, a cui avrebbero dovuto rispondere, ma nominati da una maggioranza del partito (Bersani9 sconfitta da Renzi alle primarie, Per coerenza avrebbero potuto dimettersi o uscire dal gruppo altrimenti non restava che rispettare la nuova maggioranza del Pd suffragata dalla base. Il dissenso è lecito ma certamente non possono fare la parte dei martiri.