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Pd e Cinque Stelle, la prima discontinuità si misurerà sui migranti

Non so se un nuovo governo nascerà dalla crisi di quello giallo-verde, però in questa estate torrida nel dibattito politico italiano qualcosa è cambiato comunque, forse in modo permanente.

Prendo spunto dai cinque punti che il PD pone alla base della trattativa con il M5S:

1) appartenenza leale all’Unione europea;

2) pieno riconoscimento della democrazia rappresentativa, a partire dalla centralità del parlamento;

3) sviluppo basato sulla sostenibilità ambientale;

4) cambio nella gestione di flussi migratori, con pieno protagonismo dell’Europa;

5) svolta delle ricette economiche e sociali, in chiave redistributiva, che apra una stagione di investimenti.

Ebbene pare notevole l’assonanza con i principi e i valori toccati dal premier dimissionario nel suo intervento al Senato. L’assonanza è piena sui primi tre punti e forse anche sul quinto, manca solo il punto 4. Perciò la vera condizione richiesta dal PD al M5S è una drastica revisione delle politiche migratorie. Abiurare le tattiche muscolari messe in atto da Salvini potrebbe esporre l’eventuale nuovo governo a pesanti fuochi di fila.

Ma l’accenno che fa Zingaretti al pieno protagonismo dell’Europa potrebbe offrire la chiave di volta. In effetti, nel suo discorso programmatico al Parlamento UE Ursula Von der Leyen ha battuto a fondo sulla necessità di una politica migratoria comunitaria che non lasci soli i paesi di approdo. Dunque, se qualcosa si muovesse nel senso giusto a Bruxelles, anche il quarto dei cinque punti PD potrebbe diventare digeribile per i pentastellati.

Va ribadito che l’esito della trattativa in corso è assai incerto e che il ricorso a nuove elezioni resta probabile. Tuttavia, qualcosa di grosso nel dibattito politico è cambiato. Prima, con la maggioranza giallo-verde, si contrapponevano una visione social-redistributiva (fino ad ammiccare alla decrescita felice) del M5S e una neoliberista (sì ai cantieri) della Lega. Il tutto in un coacervo di recriminazioni che cercavano di addossare all’euro e all’Ue la responsabilità dei problemi italiani.

Oggi invece si discute di uno scenario di sostenibilità in un chiaro quadro europeo. Questo sembra meglio corrispondere alla inclinazione del popolo italiano, la cui maggioranza, pur critica, non vuole uscire dall’euro e dall’Ue, e anche alle esigenze delle nuove generazioni, enfatizzate dai Friday’s for Future di Greta Thunberg.

Della sostenibilità, nella versione di “ecologia integrale” suggerita da Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’, attenta sia alla dimensione sociale che a quella ambientale, ci si deve occupare per essere al passo coi tempi. È proprio di questi giorni la pubblicazione del Business Roundtable Report, con cui le principali aziende del mondo si impegnano a rinunciare al mero profitto dei soli azionisti per sposare obiettivi aziendali responsabili anche verso gli altri portatori di interessi e verso l’ambiente.

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