Il confronto televisivo tra i due aspiranti alla segreteria del Pd – Stefano Bonaccini e Elly Schlein che domenica prossima si affronteranno nelle primarie – andato in onda ieri sera su Sky ha un po’ deluso le aspettative. Il format non era quello giusto: due interviste parallele e un po’ spente anzichè lo scontro diretto tra i due candidati che avrebbe messo meglio in evidenza le differenze. Sul piano dell’atteggiamento generale meglio la Schlein, più sciolta e meno formale, ma sul piano dei contenuti e delle prospettive politiche meglio Bonaccini, che ha fatto pesare tutta la sua esperienza e tutta la sua concretezza.
Bonaccini: “Ho dimostrato di saper vincere e di tenere unito il Pd”
Con Bonaccini vanno finalmente in soffitta lo sconfittismo e il pessimismo che ha spesso caratterizzato la sinistra italiana, Pd compreso: “Ho già dimostrato di saper vincere e di tenere unito il partito”. Infatti in Emilia-Romagna è andata così: Bonaccini è diventato Governatore sbaragliando la destra e formando una coalizione larga nella quale la Schlein è la sua vice in Giunta. Anche il suo modo di immaginare l’opposizione al Governo è molto chiaro: sarà netta (“Il giudizio sui primi 100 giorni è durissimo”) ma non infantile e non dilettantesca (“A Meloni non dico che è incapace dopo che ci ha battuto perché sfiorerei il ridicolo”).
Sul piano dei contenuti in Bonaccini è prevalsa la sua ispirazione riformista e la sua concretezza, senza concessioni al massimalismo e al populismo: nessuna abiura del Jobs Act, difesa del Reddito di cittadinanza ma correggendolo perché non ha creato posti di lavoro, autonomia differenziata senza spaccare l’Italia in due e appoggio all’Ucraina senza se e senza ma.
Schlein vuole il cambiamento ma dimentica i signori delle tessere che sono con lei
Al contrario in Schlein è trionfata la vaghezza: vaghezza sulle alleanze – ma la propensione all’abbraccio ai Cinque Stelle resta l’opzione numero uno – e vaghezza sui contenuti (dal Reddito di cittadinanza da difendere senza se e senza ma alla pace, che sembra trascurare il fatto che senza una vittoria o almeno una non sconfitta ucraina sul piano militare la pace resta una chimera).
A differenza di Bonaccini la Schlein non si è risparmiata i rituali attacchi al Jobs Act di Renzi, dimenticando il fatto che quella riforma ha prodotto un milione di posti di lavoro. “La sinistra deve fare la sinistra” ha reclamato la Schlein ma sotto gli slogan s’è visto poco e la voglia di rottura e di cambiamento non può cancellare il fatto che i maggiori sostenitori della giovane candidata alla segreteria del Pd sono i signori delle correnti (da Franceschini a Zingaretti e a Bettini) che delle recenti sconfitte del partito hanno più di una responsabilità e che sognano l’abbraccio mortale con i Cinque Stelle di Conte.