Il sogno di Isabella continua, ma per qualcuno potrebbe diventare un incubo, visto che bocconi amari e veleni abbondano nella campagna elettorale bolognese per la scelta del candidato sindaco del centrosinistra.
L’ultimo atto di un Pd sempre capace di farsi del male, è il ricorso alla commissione di garanzia di un gruppo di “grandi vecchi” contro i ribelli del partito che hanno deciso di appoggiare la prima cittadina di San Lazzaro alla primarie. Ieri il documento è approdato sul tavolo romano e ora la patata bollente è nelle mani del Nazareno. Comunque vada sarà un insuccesso, un danno di immagine che lascerà cicatrici.
Tutto cominciò il 20 aprile scorso quando Isabella Conti, giovane e amata sindaca di San Lazzaro, decise di sfidare alle primarie Matteo Lepore, assessore alla cultura, delfino del sindaco uscente Virginio Merola, l’uomo scelto dal partito per la corsa a primo cittadino.
Conti appartiene a Italia Viva, milita con l’odiato Matteo Renzi, ma a Bologna corre da indipendente e sembra in grado di attrarre molti scontenti che non si riconoscono nel centrodestra, ma nemmeno nella sinistra tradizionale o nel gruppo dirigente del Pd.
Da subito la questione è apparsa spinosa per il partito e non sono mancate stoccate di fioretto, di sciabola e anche qualche randellata contro la candidata. Il punto più dolente, finora, è stata l’accusa lanciata da Lepore a Conti di essere appoggiata “da imprenditori che chiedono di non rispettare le norme del contratto nazionale di lavoro”. Una boutade di chi scarseggia di argomenti e che ha indotto Isabella a minacciare querele.
La città e il mondo della politica hanno poi ovviamente cominciato a dividersi. Per Lepore è arrivata la benedizione di un peso massimo come Romano Prodi. Il professore ha promosso infatti a pieni voti la decisione di Matteo di aprire la sua “nuova Fabbrica del Programma” per Bologna 2021, con un think-tank del quale dovrebbero fare parte prodiani di ferro come Sandra Zampa e Stefano Manservisi.
Anche per Isabella però sono risuonate prese di posizione importanti come quelle di Elisabetta Gualmini, parlamentare europea del Pd ed ex vicepresidente della Regione Emilia-Romagna e Mauro Felicori, ex capo di gabinetto del sindaco Walter Vitali, già direttore della Reggia di Caserta e oggi assessore alla cultura della giunta regionale di Stefano Bonaccini. Il brillante Mauro sulla sua pagina Facebook ha scritto: “Alle primarie voterò senza esitazioni per Isabella Conti. Occorre discontinuità. Da oltre vent’anni il sistema-Bologna, costruito intorno a quella che con irritante complicità Bersani chiamò “la Ditta”, non esprime più una capacità di immaginazione strategica a livello delle migliori città europee”. La sortita in poche ore ha totalizzato oltre 500 like, ma anche qualche commento al vetriolo e un tonante “Vergognati” di un dirigente Pd, che ha costretto l’ex ministro Arturo Parisi, padre delle primarie, a ricordare lo spirito di queste ultime: “Sento in quel ‘vergognati’ prepotente e violento un invito ad allinearsi incompatibile con la libertà di scelta che dovrebbe ispirare le primarie. Spero che Matteo Lepore lo stigmatizzi come merita”.
A quanto pare la lezione non è servita e ora si è deciso di seguire le vie giudiziarie interne, almeno contro quei militanti che hanno deciso di schierarsi pubblicamente a favore della candidata.
Sotto accusa sono finiti il parlamentare Francesco Critelli, gli assessori della giunta Merola, Alberto Aitini e Marco Lombardo e alcuni consiglieri del territorio, in tutto una decina gli esponenti del partito.
A metterli nel mirino sono stati Gianni Grazia, Luciano Sita e Mauro Olivi, insieme a una cinquantina di iscritti che, richiamandosi allo statuto, in un ricorso chiedono se è consono per un eletto o dirigente dem appoggiare alle primarie l’esponente di un’altra formazione politica o se, come sostiene l’assessore al Lavoro Marco Lombardo, un esposto del genere sia privo di fondamento giuridico. Il presidente della commissione locale Paolo Trombetti non se l’è sentita di fare un scelta, perché “il fatto è di rilievo nazionale” e come tale va affrontato. Nello Statuto, ammette, non si rinvengono norme specifiche che sanzionino tale condotta, ma “il numero, la qualità, la lunga militanza dei firmatari e la rilevanza delle questioni poste meritano un livello decisionale più alto”.
Secondo Aitini, il ricorso appare come “un’intimidazione politica, non solo nei miei confronti e di chi ha fatto pubblicamente come me questa scelta, ma verso i tanti che nel Pd vogliono votare per Isabella”.
Secondo Lepore invece “È arrivato il momento di svelare un po’ l’ipocrisia di queste primarie, perché è vero che ci sono persone che la pensano in modo diverso, ma c’è un candidato che rappresenta il centrosinistra in questa città ed è orgoglioso di esserlo, mentre dall’altra parte c’è un candidato che non fa parte del Pd e rappresenta Italia Viva e un’altra proposta. Questa ipocrisia va svelata e capisco che ci siano molti iscritti che sono amareggiati da questa situazione. La cosa migliore è andare avanti nel confronto, ma bisogna anche comprendere l’amarezza degli iscritti del Pd e dei simpatizzanti che sostengono esponenti di un altro partito”. Ora spetta a Enrico Letta pronunciare l’ardua sentenza, non prima di aver spiegato a Lepore che non solo Iv fa parte del centrosinistra ma è stato determinante per cacciare Giuseppi Conte da Palazzo Chigi e aprire la strada a SuperMario Draghi.