Le sberle e gli insulti che Beppe Grillo ha rifilato ieri a Pierluigi Bersani (“E’ un morto che parla, dovrebbe dimettersi, noi non daremo mai l’appoggio al Pd o altri”) sembrano capovolgere velocemente gli scenari politici che il segretario del Pd aveva tracciato nella sua prima conferenza stampa dopo il voto. Malgrado il pressing di Vendola, sembra incamminarsi su un terreno minato l’ipotesi di un governo di minoranza Bersani destinato a chiedere, volta a volta e su ogni provvedimento, i voti in Parlamento del Movimento 5 Stelle.
Ma ad accelerare la ricerca di nuovi scenari – in attesa che Giorgio Napolitano avvii le consultazioni e dia l’incarico di formare il nuovo governo dopo l’insediamento del nuovo Parlamento – è stato anche Silvio Berlusconi, che in pratica ha offerto a Bersani questa possibilità: eleggetemi presidente del Senato (con implicito salvacondotto da inchieste giudiziarie) e io farò un passo indietro, dando il via libera a un governo Bersani-Alfano. Non solo: il Cavaliere intende proporre a Bersani di riconfermare per un anno o due Napolitano al Quirinale come garante delle riforme elettorali, fatte le quali si tornerebbe al voto.
L’offerta di Berlusconi è di quelle destinate a far venire il mal di testa e anche il mal di pancia al Pd. Dopo un’infuocata campagna elettorale, fare un accordo con il giaguaro non è facile per Bersani e per l’ala più radicale del Pd. Ma nel Pd c’è anche Renzi e c’è chi è abituato a guardare freddamente agli equilibri politici, specie dopo la vittoria di Pirro delle ultime elezioni. Se così sarà, il Pd si aggiudicherà – oltre a Palazzo Chigi – anche la presidenza della Camera, che probabilmente andrebbe a Dario Franceschini o, in alternativa, a un grillino.
E’ significativo che oggi, in un’intervista al Corriere della Sera, Massimo D’Alema, pur dicendo di no al governissimo Pd-Pdl, proponga di dare la presidenza del Senato al Pdl e quella della Camera a Grillo.
BERSANI-ALFANO: PRO E CONTRO – Gli argomenti contrari a un ipotesi di governo Bersani-Alfano sono molti: 1) quanti voti frutterebbe un governo del genere alla rendita di posizione (e di opposizione) di Grillo? 2) che politica economica potrebbe mai fare un governo del genere e come si comporterebbe rispetto agli impegni europei?
Ma ci sono anche robuste obiezioni alla riluttanza a sperimentare un governo Bersani- Alfano, soprattutto le seguenti: 1) la volta prossima non si voterà con l’infame Porcellum ed è proprio certo che, limitandosi a dire di no a tutto, Grillo continui a fare il pieno? 2) che reazione avrebbero i mercati di fronte a un governo ancora più debole e condannato a sottostare agli umori di Grillo?
Naturalmente i giochi sono ancora tutti da fare ma, piaccia o no, i numeri dicono che il Cavaliere è tornato in campo. E tuttavia, per la prima volta dopo vent’anni, c’è l’occasione di favorirne il passo indietro. La partita è aperta. Vedremo le prossime puntate.