Non aspettiamoci risultati immediati, ma il fatto che il premier Mario Draghi, dopo l’ovazione raccolta l’altro giorno all’assemblea di Confindustria, riceva oggi a Palazzo Chigi i vertici di Cgil, Cisl e Uil per verificare se esistano le condizioni di base per avviare un Patto per la ripresa è già un importante passo avanti.
Dopo gli sbandamenti sul Green Pass, i sindacati riproporranno al premier le questioni indicate nella lettera inviata il primo settembre a Palazzo Chigi – lavoro in testa – e chiederanno di poter incidere sulle scelte del Governo e non soltanto di essere consultati a cose fatte. Draghi cercherà sicuramente di dare concretezza al dialogo con le le parti sociali, ma senza tornare alla vecchia concertazione: lo farà alzando il tiro e indicando gli obiettivi con cui conciliare gli interessi dei lavoratori con quello generale del Paese, che, grazie ai 200 miliardi dell’Europa, ha di fronte un’occasione irripetibile: quella di aumentare il potenziale dell’economia e di rendere finalmente elevata e duratura la crescita dell’Italia, che insperabilmente quest’anno raggiungerà il 6%.
Per centrare questo obiettivo di interesse generale, ma di cui i lavoratori sarebbero i primi ad avvantaggiarsi, occorre fare senza indugio le riforme, che avrebbero dovuto vedere la luce già anni fa e che ora l’Europa ci pone come condizione tassativa per erogare le risorse del Next Generation Eu. Riforme che sono la premessa degli investimenti e che devono puntare alla modernizzazione e allo sviluppo dell’Italia e non alla difesa di interessi corporativi e delle rendite di posizione.
Sul tavolo del confronto di Palazzo Chigi Chigi ci saranno perciò tutte le riforme in cantiere: quella del fisco – dove i sindacati si attendono un robusto taglio del cuneo con grande beneficio dei salari netti – quella delle pensioni – dove le posizioni sindacali sono spesso pericolosamente vicine a quelle conservatrici della Lega -, quella della scuola, della Pubblica amministrazione, della concorrenza e soprattutto della politica industriale e delle politiche attive del lavoro. Concordare un protocollo d’intesa per l’attuazione del Recovery Plan sarebbe un primo passo per un sostanziare il Patto per la ripresa caldeggiato da Mario Draghi e su cui il premier spera di far convergere sia i sindacati che Confindustria.
Su un punto le parti sociali, pur tra le tante differenze che le caratterizzano, sono già d’accordo: No al salario minimo per legge e Sì invece al rafforzamento della contrattazione. Per il resto si vedrà, sapendo che siamo solo all’inizio di un percorso difficile ma molto importante per tutti.