Le lancette scorrono inesorabili, ma un accordo sul Patto di Stabilità sembra ancora lontano nonostante i passi avanti fatti nel corso dell’ultimo Ecofin. E mentre Francia e Germania lavorano insieme per trovare un percorso comune verso la riforma e la Spagna – Presidente di turno – continua a proporre misure di compromesso che possano accontentare sia i malumori dei rigoristi che quelli degli Stati più esposti, il nostro Paese si limita a fare muro e, come riferisce Repubblica, in Europa molti fanno sapere: “Non si capisce più cosa voglia l’Italia”, che tra l’altro sta bloccando anche l’entrata in vigore del Mes, essendo rimasto l’unico Paese a non averlo ancora ratificato.
Alla fine dell’anno manca poco più di un mese e mezzo e se in questo periodo non si riuscirà a trovare la quadra sul nuovo Patto di Stabilità, il 1° gennaio 2024 tornerà in vigore quello vecchio, sospeso nel 2020 causa pandemia. E saranno dolori per tutti, soprattutto per noi. Il ritorno del vecchio Patto per l’Italia sarebbe infatti quasi una catastrofe, sia sotto il profilo economico che sotto quello finanziario con i mercati che reagirebbero malissimo e tornerebbero a colpire il nostro Paese. Senza di noi però non è possibile approvare nemmeno il nuovo, dato che uno dei tre diversi regolamenti di cui è composta la riforma deve essere approvato all’unanimità e sarebbe a prescindere impensabile dare il via libera a una riforma di questa portata senza l’avallo di uno degli Stati Membri più importanti.
Il corto circuito europeo è servito, con Roma che sembra sempre più isolata e Germania e Francia che tirano le fila del nuovo assetto europeo senza coinvolgerci. Il tentativo, tra l’altro, c’è anche stato attraverso un incontro tra il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e l’omologo francese Bruno Le Maire, ma i due non sono riusciti a costruire una posizione comune pur condividendo in parte gli stessi problemi.
In questo contesto, nonostante tutte le difficoltà, dai leader trapela ottimismo. I negoziati continuano ed è già stato annunciato un altro Ecofin straordinario per il prossimo 23 novembre allo scopo di chiudere la partita entro l’8 dicembre.
“C’è ancora molto lavoro da fare nell’ultimo miglio che dobbiamo percorrere, ma come nel Cammino di Santiago cominciamo a intravedere la cattedrale”, ha affermato la spagnola Calviño.
Le ultime novità sul Patto di Stabilità
A livello generale, la riforma stabilisce che ogni Stati Membro costruisca un piano di risanamento del debito basato sulla spesa pubblica netta. I piani avranno una durata di quattro anni che diventeranno sette se il Paese porterà avanti investimenti e riforme. Trascorso il periodo concordato, il rapporto debito/Pil dovrà essere inferiore a quello iniziale.
La Spagna vorrebbe passare subito alla traduzione nei testi legali della “landing zone” presentata giovedì, vale a dire il documento che stabilisce i punti-chiave della riforma come le salvaguardie sul debito e sul deficit, ma per ora si continua a trattare. ‘”Abbiamo messo sul tavolo delle proposte di compromesso (landing zone, ndr) che riflettono i contributi di tutti gli Stati. È il risultato di scambi intensi e la parola con cui possiamo meglio sintetizzare questo lavoro è bilanciato”, ha spiegato Calvino nella conferenza stampa al termine dell’Ecofin.
Passando dalla teoria alla pratica, un punto chiave della trattativa riguarda il debito. Secondo l’ultima versione, nota come proposta danese, per i Paesi con un debito superiore al 60% del Pil, la salvaguardia sul calo del debito scatterebbe nei 4 anni successivi al periodo di aggiustamento che ha una durata di 4-7 anni. I tempi quindi si allungano a 8-11 anni. È un periodo maggiore rispetto alla proposta della Commissione Ue ma comunque inferiore alla proposta iniziale spagnola che ipotizzava di calo a 14-17 anni. I tedeschi invece chiedevano un taglio già nell’ultimo anno di piano. Berlino è però stata accontentata su un altro punto relativo al tetto del deficit al 3% del Pil. Gli Stati dopo aver portato il debito in un percorso discendente dovranno avere un “margine di sicurezza” (da trattare, i numeri non ci sono ancora) sul deficit come paracadute ai conti in caso di un ciclo economico sfavorevole. Per Roma sarebbe penalizzante, quasi peggio delle regole del vecchio Patto, ma per Berlino è fondamentale.
Anche, l’Italia dal canto suo ha portato a casa una piccola vittoria sugli incentivi agli investimenti, fortemente voluti anche dalla Francia. Non c’è lo scorporo o “golden rule” sul green e il digitale su cui spingeva Roma, ma accanto agli impegni sui Pnrr, già previsti dal testo precedente, è spuntata anche una sorta di eccezione degli investimenti legati al cofinanziamento nazionale dei fondi Ue: come “soluzione transitoria” per estendere i piani fino a 7 anni varranno i Pnrr. E i progetti finanziati dal Pnrr nel 2025 e il cofinanziamento nazionale dei fondi Ue, poi, saranno presi in considerazione ogni volta che uno Stato membro richiede un’eccezione alla salvaguardia del non-backloading – cioè del principio voluto per evitare rinvii al consolidamento dei conti – a condizione che ciò non metta a repentaglio la sostenibilità fiscale nel medio termine”. Infine l’aumento della spesa per la difesa, così come chiesto dalla Francia, sarà presa in considerazione come fattore rilevante per l’attivazione della procedura per deficit eccessivo.
Le trattative tra Parigi e Berlino
Germania e Francia hanno trovato un accordo sulle misure di salvaguardia per garantire che il debito sia effettivamente messo su una traiettoria discendente al termine del percorso di aggiustamento. Come detto, sarà dunque stabilito un parametro di riduzione minima annuale del debito che sarà applicato nei 4 anni successivi al piano e si calcolerà nella media del quadriennio. Al momento, però, l’entità di questo taglio non è stata ancora quantificata. “Sto lavorando con il mio amico Christian per cercare di trovare un accordo franco-tedesco” ha spiegato Bruno LeMaire.
“Il carattere delle proposte di cui stiamo discutendo è cambiato. Ora è generalmente riconosciuto che abbiamo bisogno di una linea di sicurezza per ridurre il debito nazionale e anche che sul deficit di bilancio servono alcune considerazioni specifiche”, ha invece detto il ministro delle Finanze tedesco Lindner.
E l’Italia? Fonti del Mef confermano che “Roma non teme” l’idea che vengano inserite delle salvaguardie per il calo medio annuo del debito, purché siano su valori sostenibili e credibili, mentre le restrizioni sul deficit sarebbero considerate troppo penalizzanti.