Quanto perderebbero imprese e famiglie se le banche italiane, per rispettare il diktat sulla capitalizzazione emesso dal’Eba (European Banking Authority) per conto del direttorio franco-tedesco (ma allora il governo Berlusconi dov’era?), dovessero tagliare il credio del 50% ? La bellezza di 76 miliardi di euro solo stimando gli effetti della scure Eba su Mps, Unicredit, Banco Popolare. I conti li ha fatti la Reuters che ha anche calcolato l’ipotesi più mite e cioè che il rafforzamento patrimoniale chiesto alle banche italiane avvenga per l’80% tramite aumenti di capitale e solo per il 20% tramite riduzione del credito: in questo caso l’economia italiana riceverebbe nei prossimi sei mesi circa 40 miliardi di euro in meno.
E’ sostenibile un’ipotesi del genere per un’economia che è già entrata in recessione e promette di rimanerci per buona parte dell’anno prossimo e che cosa si può fare per scongiurarla? Una risposta suggestiva ma tutt’altro che peregrina, anche se non è l’unica possibile, è stata avanzata ieri sulle colonne del Corriere della Sera da Federico Fubini che ha suggerito di far tesoro della lezione americana del Tarp.
In sostanza, la Banca d’Italia potrebbe concorrere al rafforzamento patrimoniale delle banche italiane conferendo loro parte delle sue riserve auree che valgono circa 100 miliardi di euro. In tal modo le banche,oltre a rispettare le direttive dell’Eba, potrebbero accrescere il capitale senza dover tagliare il credito. In cambio però gli istituti di credito – a cui la Bce ha assicurato per tre anni liquidità illimitata se dimostrano di essere solvibili – dovrebbero sottoscrivere una specie di patto d’onore con Bankitalia impegandosi ad usare parte dei mezzi a loro disposizione per acquistare Btp. Nè benficerebbero così le banche, lo stato, le imprse, le famiglie e la Banca d’Italia che, a crisi superata, potrebbe ottenere una plusvalenza del conferimento di riserve auree.
Naturalmente non è l’unica soluzione possibile per far quadrare il cerchio e forse si potrebbe ripensare anche alla possibilità che Bankitalia ricompri a prezzi adeguati le partecipazioni delle banche nell’istituto di Via Nazionale, cancellando anche un bel po’ di conflitti d’interessi per formali che siano. Certamente i valori in campo e i tempi necessari non sarebbero gli stessi ma una via non esclude l’altra. L’importante è non arrendersi di fronte agli ostacoli e non mettere l’economia italiana in gi nocchio.