Il nostro Paese, rispetto al 2011, ha perso ben sei posizioni nella graduatoria relativa alle disuguaglianze di genere, piazzandosi all’ottantesimo posto su 135 Paesi presi in esame.
Promuovere la presenza delle donne nel mercato del lavoro non è solo una quesitone di equità, ma di crescita: un investimento sul futuro di tutti noi.
Personalmente, avendo vissuto da donna una carriera professionale nel mondo dell’industria IT a forte prevalenza maschile, posso dire per certo che non è stato facile. Così come non è facile in generale per le donne inserirsi nel mondo del lavoro e aspirare a ruoli dirigenziali. E, in un contesto come quello attuale, le donne come i giovani sono maggiormente penalizzate.
La crescita delle donne nelle posizioni di vertice è, sia in economia che in politica, portatore del cambiamento culturale necessario per far progredire il Paese, ancor più il nostro, fanalino di coda in tutte le classifiche internazionali.
Una recente ricerca di Goldman Sachs ha dimostrato che il PIL mondiale sarebbe del 13% più elevato se davvero si raggiungesse la parità di genere nel mondo del lavoro; ci sarebbero più reddito e capacità di spesa attivando un moltiplicatore di benessere anche nella vecchia Europa.
E’ stato dimostrato inoltre che l’equilibrio di genere e` correlato con una migliore performance aziendale. Quali opportunità si stanno lasciando sfuggire le società italiane che hanno una cosi` bassa rappresentanza femminile al vertice? Con le donne che diventano la maggioranza della forza lavoro in paesi come il Canada e gli Stati Uniti e che sono già la maggioranza dei laureati in diversi paesi al mondo.
E’ necessaria una partecipazione attiva e una rappresentatività elevata delle donne sia nel settore pubblico che privato, naturalmente per meriti sul campo. Il fatto è che non basta creare un sostegno all’occupazione femminile: bisogna anche creare le condizioni per cui le donne possano rimanere nel mercato del lavoro.
Le aziende devono premiare il merito e non valutare il genere. La selezione del personale meritevole non si può basare sul sesso. Nell’essere umano bisogna apprezzare le competenze, l’impegno, la determinazione e il merito. Le donne negli ultimi anni hanno iniziato percorsi formativi molto diversi, adeguandosi alle esigenze delle aziende. Il fatto che abbiano abbandonato studi più tradizionali per mettersi in linea con il fabbisogno delle società è sicuramente la chiave di volta. E non solo ci sono più donne laureate che uomini ma i laureati bravi sono sempre più ragazze.
Le donne hanno bisogno di politiche economiche e del lavoro che smettano di discriminarle, direttamente o indirettamente con lavori precari e sottopagati.
La politica ha un ruolo essenziale in questo contesto e mi auguro che il nuovo governo puntando sul rinnovamento riesca a realizzare il progetto di rendere l’Italia un Paese moderno, dinamico e giusto
In Italia poi il problema riguarda la meritocrazia in generale. Della mancanza di apprezzamento del merito ne soffre una categoria più ampia di quella delle donne, i giovani. Più che sul lavoro femminile bisognerebbe concentrarsi sulla situazione pericolosa e drammatica che stanno affrontando le nuove generazioni. Noi donne siamo prima di tutto madri di figli che faticano a entrare nel mondo del lavoro. Credo che oggi tutte noi dobbiamo impegnarci a favorire l’inserimento di giovani, uomini o donne che siano, nel mercato del lavoro.
Il merito è lo strumento più democratico che ci sia e l’unico che bisogna adottare. E’ questa la vera sfida dell’Italia di oggi.