Prepariamoci agli aumenti. E che aumenti. L’impennata del prezzo del gas e i forti rincari sulla bolletta energetica stanno pesando anche sulla pasta, il cui costo sta lievitando di settimana in settimana. Lo spiega in un’intervista al Sole 24 Ore, Vincenzo Divella, amministratore delegato del gruppo pugliese tra i principali produttori in Italia.
Parlando dei rincari il manager ha spiegato: “I primi 30 centesimi li abbiamo dovuti chiedere dopo l’estate, per far fronte all’aumento vertiginoso del costo della nostra principale materia prima, cioè il grano. Tra giugno e oggi, il prezzo del grano alla borsa di Foggia è cresciuto del 90%. Un rincaro che non avremmo mai potuto ammortizzare da soli, basta pensare che per noi la semola rappresenta il 60% di tutto il costo di produzione della pasta”.
È andata ancora peggio nei mesi successivi, quando all’aumento del prezzo grano si sono aggiunti quello del cellophane (+25%), quello del gas (+300%) e quello dell’elettricità. “Per questo a gennaio abbiamo chiesto alla grande distribuzione altri 12 centesimi al chilo. Un aumento, questo, che dovrebbe diventare effettivo con il rinnovo degli ordini alla fine di questo mese”, ha aggiunto Divella, che non si nasconde: “i prezzi potrebbero aumentare di nuovo” perché i rincari sulle borse merci continuano. Per il momento la previsione è impietosa: a fine gennaio i prezzi della pasta arriveranno a 1,52 euro al chilo, in rialzo del 38 per cento.
A confermare i rincari, presenti e futuri, è anche Riccardo Felicetti, che al Sole 24 Ore racconta: “Gli squilibri sul mercato mondiale non finiranno qui, e nell’inverno del 2022 avremo nuovi problemi, comprese le fiammate speculative”.
Secondo il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, “con la pandemia da Covid si è aperto uno scenario di accaparramenti, speculazioni e incertezza che deve spingere il Paese a difendere la propria sovranità alimentare”. L’Italia è il secondo produttore mondiale di grano e nel 2021 ha prodotto 3,8 milioni di tonnellate (-3% rispetto al 2020. C’è però anche un’altra faccia della medaglia. L’Italia è “anche il principale importatore perché molte industrie anziché garantirsi gli approvvigionamenti con prodotto nazionale hanno preferito acquistare sul mercato internazionale approfittando delle basse quotazioni dell’ultimo decennio”.
In questo contesto, i dati Istat di novembre mostrano un calo delle vendite al dettaglio pari a -0,4% in valore e -0,6% in volume. A scendere sono soprattutto le vendite dei beni alimentari (-0,9% in valore e -1,2% in volume), mentre quelle dei beni non alimentari risultano stazionarie.