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Pasta: cotta o al dente? Non è solo un’arte, c’entra anche la salute

Couleur da Pixabay

La ristorazione italiana oltre confine ha purtroppo diffuso il consumo della pasta “eccessivamente cotta”.
Una corretta nutrizione ed un consumo consapevole ci hanno insegnato negli ultimi anni a consumare la pasta cotta “al dente” che per alcuni è erroneamente sinonimo di cruda; il confine tra le due modalità di cottura sembra essere “soggettivo” e troppo legato al gusto personale.
In cottura l’acqua calda viene assorbita inizialmente dalla maglia proteica della pasta costituita dal glutine che in tal modo rigonfia e diventa più digeribile. Al suo interno sono trattenuti i cristalli di amido che assumono a freddo un bell’aspetto di ellisse, incapaci di sfuggire da soli nel mezzo acquoso. In poco tempo i cristalli di amido, con l’elevata temperatura dell’acqua, iniziano a rigonfiare liberando dapprima i frammenti di amido lineare (amilosio) e successivamente con una cottura prolungata anche i frammenti di amido ramificato (amilopectina).


Una quota dell’amilosio (in azzurro nell’immagine) inizia a sfuggire alla maglia proteica ed una volta all’esterno in parte si dissolve nell’acqua ed in parte torna ad aderire alla stessa maglia proteica rendendola collosa. Se la cottura prosegue la quota di amido ramificato (in rosso nell’immagine) viene ulteriormente liberata nell’acqua, ma ormai la consistenza della pasta ha già raggiunto un eccesso di morbidità.
La liberazione dell’amido ramificato comporta un peggioramento non solo organolettico, ma anche nutrizionale, poiché l’indice Glicemico della pasta aumenta notevolmente, favorendo la formazione di picchi di glucosio all’interno del sangue, con il conseguente aumento della produzione di insulina.
Per valutare il giusto grado di cottura al dente della pasta è sufficiente tagliare con un coltello il formato posto in cottura.

Se in sezione esso presenta un cuore bianco ancora consistente essa è decisamente cruda, se invece conserva un punto bianco al cuore, come è indicato in figura, è il momento migliore per consumarla. Il tempo di cottura non è un fattore determinante poiché paste ottenute con glutine molto tenace ed essiccate ad alta temperatura necessitano di tempi di cottura più lunghi, viceversa paste ottenute con glutine poco tenace ed essiccate a temperature più basse raggiungono la cottura ottimale in tempi più brevi.
È fondamentale non salare eccessivamente l’acqua di cottura, poiché l’acqua salata bolle a temperatura superiore ai 100° e questo non solo determina un incremento nella assunzione del sodio contenuto nella molecola del cloruro di sodio, ma anche il raggiungimento di una maggiore temperatura di cottura.
Cuocere la pasta è un’arte.

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