Condividi

Passa la legge sulla biodiversità in Europa ma l’Italia vota contro e accusa Bruxelles di ideologia

Le nuove norme tutelano il rapporto uomo-natura ma la destra italiana si distingue e dice no

Passa la legge sulla biodiversità in Europa ma l’Italia vota contro e accusa Bruxelles di ideologia

I ministri europei uscenti approvano la legge sul ripristino della natura e l’Italia si distingue con un voto contrario. Il Consiglio Ue chiude la partita sul Nature Restoration Law , provvedimento strategico della transizione, eppure bloccato da mesi. Alla fine il risultato è arrivato e la nuova Commissione in via di formazione difficilmente potrà sabotarlo. Meloni & friends dovranno ricordarsi solo che in quell’Europa dove in queste ore si commerciamo i posti di potere, bisognerà ripristinare il 20% degli ecosistemi terrestri e marini degradati. Le associazioni ambientaliste e le organizzazioni agricole meno conservatrici sono ovviamente soddisfatte dell’approvazione delle nuove norme. “ La notizia rappresenta una vittoria per la tutela della biodiversità e per il Green Deal europeo, ci lascia con l’amaro in bocca il voto contrario dell’Italia insieme a Ungheria, Polonia, Paesi Bassi, Finlandia e Svezia” ha detto Stefano Ciafani, presidente di Legambiente. Eh, l’amaro potrà essere corroborato solo da un cambio di governo che potrebbe arrivare da campagne e città ovviamente non a bordo di trattori sbandieranti.

Il centrodestra, cui della biodiversità importa poco o niente, con i rumorosi agricoltori doveva saldare il debito e forse qualcos’altro. Il ministro dell’Agricoltura italiano Francesco Lollobrigida dalla prima volta che ha messo piede a Bruxelles ha giudicato la strategia agricola Ue fumo negli occhi per aiutare i contadini tedeschi ,francesi, spagnoli. Il comico è stato che gli stranieri, poi, sono stati protagonisti poi anche loro di lunghe proteste. Il fumo negli occhi deve essere stato davvero denso.

Ci sarà un piano italiano?

Il distinguo politico del governo di Giorgia Meloni contro la tutela di terreni e acque avrebbe motivazioni economiche a favore delle aziende agricole. Vai a sapere, la legge sulla biodiversità nasce da dati di fatto oggettivi, dall’uso di grandi quantitativi di pesticidi e fertilizzanti nelle campagne, perché il tomato made in Cina, l’aglio e gli spaghetti di riso lasciavano senza lavoro padri e figli coltivatori diretti. Altro che “porto delle delizie” di Marco Polo. Raccapezzarsi tra politici ed esegeti agricoli diventa complicato quando sentiamo il presidente di Coldiretti Ettore Prandini dire che “il futuro è nel segno dell’identità, della distintività e della biodiversità”. Perdiana, lui la vuole, fa a pugni con i parlamentari, ma stavolta avrà fatto i conti. Le norme approvate fissano obiettivi di ripristinare almeno il 30% delle aree compromesse entro il 2030, il 60% entro il 2040, il 90% entro il 2050. Insomma poca ideologia e… dai tempo al tempo.

La negazione a destra di un processo virtuoso di tutela dell’ambiente e del rapporto uomo-natura è la riprova di una concezione benpensante e ferma. Al governo non immaginano un futuro che non sia quello delle rendite di posizione, il restare fermi. La viceministra all’Ambiente Vannia Gava ha detto che si è chiusa una “legislatura ideologica”. Lo ha detto rispetto alla biodiversità, che – ci scusi Gava – è forse il provvedimento meno ideologico di tutto il Green Deal. Per non restare fermi tutto è spostato in avanti con gli Stati che devono presentare alla Commissione piani nazionali di ripristino degli ecosistemi. Sarà dura, nonostante la Pac (Politica agricola comune) valga in Italia 387 milioni di euro, visti senza fumo dal ministro Lollobrigida.


Commenta