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Pasqua, l’agnello alternativo è di pasta di mandorle delle suore di clausura di Lecce

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Tra i dolci salentini per eccellenza c’è un dolce dal sapore “sacro”, che cambia la forma a seconda della festa: un agrnello per Pasqua, un pesce per Natale, entrambi simboli della tradizione cristiana, realizzati con la pasta di mandorle.

Le origini del dolce sono antiche e tramandate dalle monache di clausura del monastero delle benedettine che lo preparavano per vescovi, prelati o personaggi influenti. Noto anche come “dolce dei signori”, l’idea maturò proprio nei conventi femminili dell’Italia meridionale sul finire del ‘700, in piena età barocca, influenzati dalla presenza di molti ordini religiosi di provenienza ispanica.

Le Cronache leccesi di F.A. Piccinni del 1738 riportano che in occasione della Velazione di quell’anno le monache fecero dei ricchi presenti alle dame e ai cavalieri, nonché ai canonici e a tutta la comunità vescovile e “ricalato al Vescovo quaranta rotola di pani di zucchero ed altri dolci”.
Nei puntigliosi diari della Speziala sono notati: amendole, barchiglie, cartellate, murfettate, bocconotti, copeta e così via.

Alcuni attribuiscono l’invenzione della pasta di mandorle alla monaca Anna Fumarola, una benedettina del monastero di San Giovanni Evangelista di Lecce. Altri, invece, ritengono che la creazione della pasta di mandorle risalga alla cucina araba, altri ancora ne attribuiscono il merito agli Etruschi e ai Romani.

Nonostante il dibattito sulla provenienza, la ricetta originale è, ancora oggi, custodita dalle Benedettine di Lecce, dove vengono confezionati i migliori pesci o agnelli di pasta di mandorla della città, utilizzando solamente prodotti genuini e semplici senza conservanti. Caratteristiche che lo rendono famoso anche a livello internazionale e per questo motivo bisogna prenotarlo in anticipo. La consegna del dolce, insieme al pagamento, avviene tuttora attraverso la leggendaria “ruota” degli esposti, il punto d’incontro tra due mondi e che anticamente veniva utilizzata per lasciare in monastero i neonati indesiderati.

La tecnica di pasticceria delle monache benedettine segue la regola dell’ordine di San Benedetto: “L’ozio è nemico dell’anima, e quindi i fratelli devono in alcune determinate ore occuparsi del lavoro manuale, e in altre ore, anch’esse ben fissate, nello studio delle cose divine”. Difatti il lavoro manuale costituisce un aspetto fondamentale della loro spiritualità, con cui le monache custodiscono le antiche modalità di lavorazione della pasta di mandorla, ricchi di significati simbolici. Al tempo non c’era una casa salentina che non si dedicasse alla cucina dei dolci di pasta di mandorla in occasione delle feste, mentre oggi si possono trovare in tutte le pasticcerie della zona.

Un impasto di mandorle e zucchero con un ripieno ricco di marmellata, cioccolato fondente, canditi e faldacchiera che viene nascosto nella pancia del pesce o dell’agnello rendendolo ancora più gustoso e succulento. Si tratta di una crema a base di tuorli e zucchero sbattuti e cotti a bagnomaria a fuoco lento, ma a causa della facile deperibilità, non viene più molto utilizzata. L’idea di questa crema era un gusto già diffuso nei conventi, ancor prima della pasta di mandorle. La ricetta conosciuta, però, è più recente e risale a Vincenzo Corrado, monaco benedettino originario del Salento, cuoco e credenziere nel giro di corte dei Borbone nel ‘700.

Pesce di pasta di mandorla delle suore di clausura di Lecce

LA RICETTA DELL’AGNELLOO DI PASTA DI MANDORLE

A causa dell’attuale emergenza sanitaria che stiamo vivendo e data l’impossibilità di uscire, se non per ragioni di emergenza, si può provare a ricreare questo dolce nella propria casa. Tutto ciò che serve è una buona dose di pazienza e gli ingredienti giusti. 

First&Food prone la preparazione autentica della pasta di mandorle. Il segreto? È nelle proporzioni: 1 kg di mandorle per 800 grammi di zucchero. Cruciale è la scelta delle mandorle: devono essere della cultivar “Filippo Cea”, coltivata da Bari al Capo di Santa Maria di Leuca. Questo perché, se si usano mandorle californiane, turche o siciliane, si rischia di ottenere una farina troppo “grassa”, essendo queste mandorle ricche d’olio. Inoltre, in alcune pasticcerie per accelerare i tempi di preparazione, la pasta di mandorle viene fatta a crudo. Un risultato completamente diverso dall’originale che, invece, prevede la pasta cotta.

Una volta muniti delle mandorle secca, bisogna immergerle almeno un’ora nell’acqua tiepida, pelate e poi lasciate asciugare su un canovaccio di lino. Dopodiché vanno macinate in una comune “moulinetta”, facendo attenzione che la farina ottenuta non sia troppo fina. Da qui inizia la preparazione della pasta di mandorle che deve essere bollita e non a crudo.

In una pentola abbastanza larga versare lo zucchero, aggiungere poca acqua e mescolare finché non si raggiunge uno sciroppo denso. Accendere poi il fornello e versare la farina di mandorle nello sciroppo, mescolando continuamente con un frustino. Mano a mano che il composto si addensa, continuare a mescolare con un cucchiaio di legno finché la pasta non avrà ottenuto la consistenza di una polenta. A quel punto togliere dal fornello e lasciarla raffreddare. Questo passaggio è fondamentale per amalgamare i granuli di mandorle senza schiacciarli, grazie al legante costituito dallo sciroppo di zucchero e dagli oli essenziali.

Dopo circa un’ora dividere la pasta in porzioni e stenderla con un matterello su un piano che non crei aderenze. Foderare gli stampi di gesso, di vetro o di terracotta con queste sfoglie dello spessore di mezzo centimetro avendo cura di stendere tra la superficie interna dello stampo e questo primo strato di pasta, un foglio trasparente per alimenti.

A questo punto ci dedichiamo alla farcitura. Per seguire la tradizione delle monache di età barocca, aggiungere allo strato di confettura di pere un cucchiaino di faldacchiera. Altrimenti si può variare e inzuppare il pan di spagna in un liquore dolce stile “Benedictine”, nel seguente ordine: un velo di pan di spagna, una spalmata di confettura di pere, una porzione di mandorle tostate e macinate, scorza di limone, un ultimo velo di pan di spagna e chiudere con l’ultima sfoglia di pasta di mandorla. Accertarsi che quest’ultima si saldi con la prima e capovolgere delicatamente lo stampo direttamente sul piatto da portata e staccare il foglio trasparente, eliminando con un coltello la pasta in eccesso. Quest’ultima può essere utilizzata per la decorazione, inserendola in una sacca da pasticceria e decorare il dolce ricreando l’effetto della lana dell’agnello. Procedere poi con la decorazione a colore: per colori ambrati o scuri usare gradi diversi di dilazione in alcol o liquore di polvere di cioccolato; per i colori arancio, giallo o vermiglio usare zafferano o l’alkermes. Infine, cospargere il dolce con lo zucchero a granelli, non quello a velo. A questo punto, il vostro agnello è pronto per essere servito in tavola.

PS: Anche le suore di clausura si sono attrezzate ai tempi che corrono, il dolce si può richiedere anche per posta prenotandosi con largo anticipo.

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