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Part-time involontario: le donne ne pagano il prezzo. Nel Nord Italia si perdono 520 milioni di ore ogni anno

Photo by Annie Spratt on Unsplash

Nel Nord Italia, il lavoro part-time è ancora un fenomeno prevalentemente femminile. In Trentino, per ogni uomo che lavora a tempo parziale ci sono ben 8 donne nella stessa situazione, e la situazione non migliora di molto in Alto Adige, Veneto e Lombardia. Il confronto con i Paesi nordici è impietoso: in Estonia, ad esempio, il rapporto è di 2 donne per ogni uomo. Insomma, il part-time in Italia sembra un “cappello rosa” che molte donne sono costrette a indossare, con oltre 520 milioni di ore lavorative femminili perse ogni anno. Un enorme spreco di talento che frena la crescita del Paese.

È quanto emerge da una nota della Fondazione Nord Est.

Il divario di genere: il Nord Italia resta indietro

Nel 2023, nel Nord Italia, per ogni uomo che lavora part-time, ci sono circa 6 donne nella stessa condizione. Le regioni con il divario più alto sono il Trentino (8,3 donne per uomo), l’Alto Adige (7) e il Veneto (6,9), seguite da Lombardia (6) e Valle d’Aosta (5,8).

Le differenze con il Nord Europa sono enormi. In Estonia il rapporto è di 2 donne per ogni uomo, in Svezia di 2,4 e in Danimarca di 2,5. Per allinearsi agli standard estoni, il Trentino dovrebbe ridurre il divario di 6,3 punti, l’Alto Adige di 5 e il Veneto di 4,9. Politiche di equità di genere e una migliore conciliazione tra vita e lavoro sono necessarie per colmare questo gap.

Abbiamo fatto progressi negli ultimi 10 anni?

Negli ultimi dieci anni ci sono stati alcuni miglioramenti, ma nessuna rivoluzione. In Alto Adige, ad esempio, il divario è sceso da 8,7 a 7, mentre in Friuli-Venezia Giulia da 6,5 a 5,3. Tuttavia, alcune regioni hanno visto un peggioramento: il Trentino è passato da 6,9 a 8,3, la Liguria ha registrato un incremento dell’1,1% e la Lombardia un aumento di un punto. Complessivamente, nel Nord-ovest si è verificato un aumento del part-time femminile, passando dal 4,8% al 5,5%, con un incremento di 0,7 punti. Anche nel Nord-est si è registrato un lieve aumento (0,3 punti), ma la situazione rimane preoccupante.

Il part-time: troppo spesso non è una scelta

Se il part-time può rappresentare un’opportunità per bilanciare lavoro e famiglia, per molte donne è una condizione obbligata più che una scelta. La mancanza di alternative a tempo pieno limita crescita professionale, reddito e realizzazione personale.

Le regioni con la maggiore percentuale di part-time involontario femminile sono la Liguria (16,8%), seguita dal Piemonte (14,5%). Nel Nord-Ovest, il part-time involontario femminile è del 13,8%, rispetto al 3,4% degli uomini. Nelle regioni del Nord-Est, la situazione è meno grave: in Trentino il divario è del 12,7% contro il 2,6% degli uomini, mentre in Veneto si attesta a 11,9% contro 2,5%, fino all’Alto Adige con solo il 5,7%. Il Nord-Est presenta un tasso di part-time involontario femminile dell’11,7%, contro il 2,8% degli uomini.

Lo spreco di talento femminile: un freno alla crescita

Il part-time involontario femminile rappresenta una perdita enorme di ore lavorative e capitale umano. In Lombardia si sprecano quasi 194 milioni di ore di lavoro femminili all’anno, in Veneto e Piemonte oltre 86 milioni ciascuno. Complessivamente, nel Nord Italia si perdono ogni anno oltre 520 milioni di ore di lavoro femminile, a fronte di “sole” 156 milioni di ore perse dagli uomini. Questo spreco di risorse non solo rallenta la crescita economica, ma minaccia anche la competitività delle regioni, che rischiano di perdere talenti verso altre aree con migliori opportunità lavorative.

Il mancato utilizzo delle competenze femminili non è solo una questione di equità, ma anche un problema economico. Investire in politiche che incentivino l’occupazione a tempo pieno per le donne potrebbe liberare un potenziale enorme, con effetti positivi su crescita, occupazione e competitività del Paese.

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