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Parmalat, torna il preoccupante warning sulla governance dopo dieci anni dal crac dell’era Tanzi

L’agenzia di rating Standard Ethics ha sospeso di nuovo il giudizio – I timori nascono dalla governance, proprio come dieci anni fa quando la sospensione del rating etico anticipò il crac – Oggi sotto accusa il flottante molto piccolo, un management non indipendente, i controlli interni e i conflitti di interesse – Dal Tribunale arriva un commissario ad acta

Parmalat, torna il preoccupante warning sulla governance dopo dieci anni dal crac dell’era Tanzi

Parmalat dieci anni dopo torna sotto warning. A distanza di una decade dal terribile crac, Parmalat non trova pace.  Il gruppo ha archiviato un 2012 da record (fatturato più alto nella storia del gruppoin rialzo del 16,4% a 5,22 miliardi e  utile netto di 172,2 milioni) e il titolo è in rialzo del 13% da inizio anno. Ma sulla società di Collecchio, acquisita dalla francese Lactalis oggi primo socio con l’83%, torna ad accendersi proprio come dieci anni fa un faro rosso sulla governance.  Il warning è stato lanciato ancora una volta dall’agenzia Standard Ethics che il 19 marzo ha sospeso il proprio rating etico sul gruppo. Una decina di anni fa l’agenzia era stata la prima a intraprendere, in anticipo sugli eventi che sarebbero seguiti, un’azione decisa sospendendo il rating sulla società di Collecchio che si stava muovendo inesorabilmente verso uno dei crac più gravi della storia dei risparmiatori italiani. La governance infatti è spesso un importante segnale predittivo sulla salute e sulle sorti di una società.

I giudizi etici dell’agenzia Standard Ethics, che non emette rating sul merito di credito ma sull’eticità delle aziende, hanno l’obiettivo di misurare la distanza delle aziende dai principi dell’Unione Europea, Nazioni Unite e Ocse in tema di sociale, ambiente e di governance. Al contrario della convinzione dei più, infatti, l’eticità si misura anche e soprattutto sulla governance. Delle cinque principali aree di valutazione di Standard Ethics, quattro  riguardano così “il governo di impresa”: 1) la posizione competitiva e non monopolistica; 2) un capitale liberamente quotato, acquistabile e senza patti di sindacato; 3) una proprietà diffusa e priva di posizioni dominanti come azionisti di controllo; 4) un cda composto da indipendenti.

In altre parole, un basso tasso di democrazia interno e una gestione padronale possono comportare considerevoli rischi. E proprio per questi motivi dieci anni fa Standard Ethics aveva sospeso Parmalat. “Durante l’epoca di Tanzi – spiega a Firstonline l’economista Jacopo Schettini Gherardini, direttore di Standard Ethics, un passato in Hsbc e Banca Imi – Parmalat era un’azienda quotata con poco flottante e una maggioranza in mano alla famiglia che era anche ai vertici della gestione della società. Si erano dunque creati dei meccanismi che davano poche garanzie agli investitori e agli stakeholder, con una governance molto debole e l’assenza di veri controlli interni. Società veramente poco trasparente, addirittura avevamo difficoltà a farci un’idea precisa, il che ci ha portato a sospenderla. Infatti, è successo quello che è successo”.

Finita l’epoca di Tanzi, Parmalat era poi diventata un modello di governance con un azionariato diffuso, amministratori indipendenti dalla proprietà, e modelli di controllo interno e di rendicontazioni avanzati. Oggi però lo scenario è nuovamente cambiato: è stata comprata dalla francese Lactalis e ha messo in essere nel 2012 una controversa operazione di acquisto della società Lag (Lactalis American Group) controllata della stessa Lactalis negli Usa e pagata 730 milioni di euro, che è finita nel mirino della Consob e della magistratura per un’operazione tra parti correlate sospettata di voler trasferire in Francia gran parte della liquidità raccolta dall’ex ad e risanatore Enrico Bondi. E sono tornate le criticità sulla trasparenza e la gestione. Spiega Schettini Gherardini: “Oggi con Lactalis, Parmalat ha un flottante molto piccolo e un management non indipendente che ci hanno portato a ridurre drasticamente il rating. Eravamo scettici fin dall’inizio dell’operazione Lactalis/Parmalt e le troppe vicende degli ultimi tempi ci hanno convinto per una nuova sospensione. Infatti, c’è molta poca chiarezza nel come Lactalis stia operando nella gestione di Parmalat e adesso anche la Procura sta indagando sull’esistenza di potenziali conflitti di interessi nella gestione di Parmalat da parte del gruppo Lactalis. Anche la mini-cedola annunciata è una conseguenza di quello che stanno facendo. Non ci sono dunque abbastanza garanzie per proteggere gli interessi dei soci di minoranza e del mercato stesso, e gli stessi modelli di controlli interni sono piuttosto penosi”.

Ed è nuovo warning. D’altra parte solo pochi giorni fa è arrivata la pesante decisione  del tribunale di Parma che ha nominato un commissario ad acta con compiti ispettivi e di supervisione e ha ordinato la rimozione del collegio sindacale in carica ai tempi dell’acquisizione di Lag. Il tribunale ha spiegato che esiste il fondato sospetto che l’acquisizione sia stata “programmaticamente dannosa per Parmalat” in quanto “scientemente volta all’imputazione” a suo danno di una perdita consistita nella maggiorazione del valore delle società acquisite rispetto a quello di mercato, al fine di consentire a Lactalis (la capogruppo) di far fronte alle scadenze più prossime dello prestito contratto per lanciare l’Opa su Parmalat. Arriva così un commissario per accertare eventuali indici rivelatori della non veridicità dei dati storici forniti e/o della non ragionevolezza dei risultati prospettici assunti nella due diligence indicando eventuali interventi correttivi sul prezzo.

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