L’Opa di Lactalis su Parmalat è fallita. Il gigante francese titolare di una quota superiore all’87% del gruppo di Collecchio non è riuscita a raccogliere il 2,15% di capitale necessario per superare il 90% e far scattare le procedure di delisting. Le adesioni all’offerta pubblica di acquisto si sono fermate a 34,36 milioni di azioni, pari all’1,85% del capitale.
Lactalis aveva lanciato l’Opa lo scorso 27 dicembre proponendo agli azionista un prezzo di 2,8 euro per azione, poi ritoccato a 3 euro per azione lo scorso 9 marzo visto che le adesioni latitavano. L’incremento, tuttavia, non é bastato a convincere gli azionisti.
I fondi Amber e Gabelli, che detengono complessivamente una partecipazione vicina al 5%, nei giorni scorsi avevano spiegato che il rialzo del prezzo non era sufficiente e che puntavano a un prezzo fra i 3,8 e i 4,5 euro per azione. E i francesi non sono riusciti a convincere gli altri azionisti di minoranza.
Dopo il fallimento dell’Opa, Lactalis dovrà comunicare se intende rinunciare al raggiungimento della soglia del 90% e arrotondare comunque la sua quota pur non riuscendo a delistare Parmalat o restituire le azioni apportate. É probabile che il socio francese decida per la prima ipotesi che gli consentirebbe di avvicinarsi comunque alla soglia di Opa all’89,6% e magari tentare il delisting più avanti con un’operazione diversa, come una fusione fra Parmalat e un veicolo non quotato.
L’obiettivo di delistare Parmalat sembrava alla portata di mano per Lactalis a cui sarebbe bastato raggiungere poco più del 2% del capitale non ancora in suo possesso. Tuttavia, man mano che passavano i giorni e le adesioni languivano, la strada del gruppo francese è apparsa sempre più in salita.
La composizione del flottante sicuramente non ha aiutato la strategia del colosso transalpino: del 12% circa del capitale non ancora in suo possesso, poco meno del 5% è detenuto dai fondi attivisti Amber e Gabelli che hanno chiesto un prezzo molto più alto per aderire all’offerta perché ritengono che l’offerta non incorpori il potenziale beneficio di una causa contro Citi in cui il gruppo di Collecchio ha chiesto 1,8 miliardi.
Un altro 0,5% del capitale, poi, è detenuto da Banca d’Italia nell’ambito dell’ordinaria gestione del portafoglio azionario quotato di Palazzo Koch che tende a replicare i principali indici di mercato al netto dei comparti bancario, assicurativo, dei servizi finanziari e dei media. Poco meno del 3% circa è diviso fra vari investitori istituzionali e un altro 4% è ripartito fra azionisti retail.
L’offerta di Lactalis – anche dopo il rialzo da 2,8 a 3 euro – non è stata sufficiente a convincere questi soggetti anche perché per quasi tutto il periodo di offerta il prezzo di Parmalat è rimasto sopra quello di Opa e anche oggi il titolo ha chiuso in progresso dello 0,46% a 3,034 euro rendendo più conveniente vendere sul mercato piuttosto che apportare le azioni all’Opa.
Lactalis ha perciò annunciato la decisione di rinunciare alla condizione soglia, che prevedeva il raggiungimento di una partecipazione complessiva superiore al 90% del totale delle azioni. Di conseguenza, la riapertura del nuovo periodo di adesione inizierà il 29 marzo e terminerà il 4 aprile, per un periodo di 5 giorni di sedute di borsa aperta, offrendo un’ulteriore opportunità di aderire all’Offerta a coloro che non hanno ancora consegnato le loro azioni.
Con questa decisione, Lactalis intende da un lato remunerare quegli azionisti di minoranza che hanno apprezzato il premio offerto in sede di Opa – pari a oltre il 20% rispetto alle recenti medie dei prezzi su diversi periodi antecedenti l’annuncio dell’operazione – e, dall’altro, incrementare la propria partecipazione in Parmalat.