Arriva nelle sale italiane Parasite, il film vincitore della Palma d’Oro all’ultimo Festival di Cannes e candidato all’Oscar 2020: non è un capolavoro, ma secondo il critico cinematografico Patrizio Rossano, che lo recensisce su FIRST Arte, poco ci manca. La pellicola, firmata dal regista coreano Bong Joon-ho, racconta di una famiglia povera di una imprecisata città sudcoreana si insinua in un’altra famiglia ricca e benestante per prendere il posto di lavoro del personale domestico che ci lavorava.
Un filone insomma che riassume bene le tante società metropolitane contemporanee: il conflitto tra generazioni, tra gruppi sociali, tra chi è ricco e chi sarà eternamente povero, tra chi vive in centro e chi nelle periferie degradate, tra chi è sotto e chi è sopra. “Ci ha fatto tornare – sostiene Rossano – in mente il recente Downtown Abbey dove esattamente lo scontro era tra i diversi piani, tra quello nobile del piano di sopra e quello della servitù al piano di sotto. Anche in questo caso le storie delle due famiglie si intrecciano nei diversi livelli fisici dove vivono: la famiglia parassita in un antro seminterrato (che in una sequenza di notevole effetto verrà inondata da un nubifragio) e quella parassitata in una sfarzosa casa disegnata da un noto architetto”.
È una vera lotta di classe figurata e metaforica dove la finalità dei primi è sopravvivere ai secondi con la speranza, da parte del “parassita” di invertire i ruoli e impadronirsi della nuova identità sociale e quindi poter accedere all’università e possedere una casa degna di questo nome.