Il prossimo7 dicembre, ricorrono dieci anni dalla scomparsa di Paolo Sylos Labini. In un convegno che si terrà il 4 dicembre nella sua Università, “La Sapienza” di Roma, abbiamo pensato, come associazione Economia Civile, di ricordarlo in modo concreto, partendo dalla sua audizione di cinquant’anni fa alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla concorrenza (8 febbraio 1962) in cui discuteva “la situazione strutturale italiana e la possibile azione legislativa”, delineando quello che possiamo considerare un programma di governo di lungo periodo. Alcune delle cose da lui indicate sono state fatte (ad es. Consob, Antitrust), ma non necessariamente seguendo le linee da lui suggerite; altre no.
In un convegno che si è svolto il 18 dicembre all’Accademia Nazionale dei Lincei, le audizioni a quella commissione parlamentare – non solo l’audizione di Sylos, ma anche quelle di Lombardini, Steve, Rossi Doria, Ernesto Rossi e altri – sono state utilizzate come punto di partenza per affrontare alcune domande, che vanno ad alimentare anche il dibattito del 4 dicembre: cosa veniva proposto, in quella sede, per ammodernare le istituzioni del mercato e rinvigorire la concorrenza, in una fase in cui era viva, anche politicamente, una spinta riformatrice? Cosa è stato realizzato, nel bene o almeno in parte distorcendo le proposte originarie? Cosa resta da fare oggi, anche in conseguenza dei cambiamenti che si sono nel frattempo verificati nell’economia e nella società, in particolare la globalizzazione?
Dietro l’intervento di Sylos si percepisce lo spirito di una stagione politica viva, quella del primo centro-sinistra, in cui era all’ordine del giorno la politica delle ‘riforme di struttura’ (nel senso di Riccardo Lombardi, cioè di modifica dei rapporti di forza all’interno della società in senso progressista, cioè di minori diseguaglianze). Oggi questa tensione ideale sembra scomparsa nel degrado generale del paese. Ma proprio per questo, con l’ottimismo della volontà che Sylos ci ha insegnato, vorremmo riportare questi temi al centro dell’attenzione e del dibattito, culturale e politico.
Sylos ricordava spesso una frase di Salvemini: “La tragedia dell’Italia è la sua putrefazione morale, l’indifferenza, la sua sistematica vigliaccheria”. Nelle battaglie politiche che ha combattuto negli ultimi anni di vita sottolineava di continuo che il berlusconismo, come il peronismo che ha distrutto l’Argentina, non può essere sconfitto senza ristabilire la fibra morale del paese. Con il pessimismo dell’intelligenza, intitolava “Ahi serva Italia” il suo ultimo libro, pubblicato postumo; con l’ottimismo della volontà, concludeva il libro con un elenco di persone convinte come lui che si potesse e dovesse “rimettere l’Italia sulla lunga e faticosa via dell’incivilimento”, e ricordava che “L’Inghilterra del ‘600 era più corrotta dell’Italia di oggi. Nel ‘700 ancora peggio! Eppure l’Inghilterra è cambiata. Perché non può cambiare l’Italia?”.
L’adesione appassionata a un codice di moralità intransigente era per Sylos una questione di dignità personale, oltre che di difesa e sviluppo dell’incivilimento delle società umane. Le due cose sono strettamente connesse, come ricordava in un convegno del giugno 2003, “Dall’onore del gentiluomo all’onore del cittadino”, in cui richiamava gli insegnamenti di Adam Smith (che “prima di essere un economista, è un filosofo”). Nella Teoria dei sentimenti morali, del 1759, Smith sosteneva che fa parte della nostra natura di esseri umani il tenere conto degli altri (la cosiddetta morale della simpatia, nel senso etimologico di sentire comune), anche quando perseguiamo il nostro interesse personale, che proprio per questo motivo non è egoismo assoluto ed è vincolato da norme sociali, il cui rispetto è assicurato sia dalla nostra coscienza personale (quello che Smith chiamava l’arbitro invisibile, l’omino nascosto dentro ognuno di noi) sia da istituzioni quali l’amministrazione della giustizia e la polizia. Solo a queste condizioni la società può sopravvivere – tanto più, possiamo aggiungere, se si tratta di una società basata su un’economia di mercato.
Un altro motto che Sylos ripeteva spesso è “10% ottimi, 10% pessimi, il resto … mancia”. Come nella sua teoria delle classi medie, le cui scelte politiche hanno un ruolo fondamentale nel determinare l’evoluzione del sistema economico e sociale, è il comportamento morale di quell’80 % della popolazione che non è né ottimo né pessimo a fare pendere la bilancia da una parte o dall’altra, determinando un’oscillazione continua tra declino e ripresa della legalità. Non è necessario, perché le cose vadano male, che i comportamenti illegali si diffondano tra la maggioranza della popolazione: sono sufficienti l’acquiescenza supina, il “chi me lo fa fare”, magari favoriti dall’inefficienza della giustizia. Come diceva Martin Luther King, “La cosa peggiore non è la violenza dei malvagi, ma il silenzio degli uomini onesti”.