L’architetto Paolo Portoghesi è morto. Il maestro del postmodernismo italiano si è spento nella mattina di martedì 30 maggio nella sua casa di Calcata, in provincia di Viterbo, all’età di 92 anni. Ancora lucidissimo, Portoghesi ha vissuto fino all’ultimo una vita ricca di incarichi, idee, aspirazioni e progetti (nell’ultimo periodo stava scrivendo un libro sulla bellezza). Docente universitario, teorico e progettista di fama internazionale, Portoghesi in tanti anni di carriera ha visto realizzati moltissimi dei suoi progetti, disegnando e costruendo non solo in Italia ma anche all’estero: teatri, giardini (Montpellier), alberghi, palazzi, chiese, cimiteri, moschee e perfino fast food (Mosca). Tra le sue opere di architettura più famose (e spesso oggetto di polemica) la Grande Moschea di Roma, la Chiesa della Sacra Famiglia di Salerno e Centro culturale islamico a Roma. Ha anche diretto la Biennale di Venezia. I suoi modelli: Bramante, Borromini, ma anche Le Corbusier, Terragni, Ridolfi.
Nel mondo degli architetti, Portoghesi si è distinto per la sua visione audace e inclusiva trasformando gli spazi architettonici in luoghi di incontro e condivisione, unendo il passato e il presente e abbracciando la continuità storica. Ma nell’ultimo trentennio è stato anche uno dei principali teorici della “geoarchitettura“, una disciplina, secondo lui stesso, che “cerca di correggere il rapporto architettura-natura sulla base di una nuova alleanza: l’uomo deve smettere di costruire secondo una logica puramente economica che produce spreco di energia, inquinamento e sfruttare il patrimonio degli antichi borghi invece di abbandonarli alla distruzione”. Un tema sul quale, soprattutto oggi, Portoghesi avrebbe avuto ancora molto da dire e insegnare.
Chi era Paolo Portoghesi
Nato cresciuto nel Rione Pigna di Roma, nel cuore della capitale barocca sua principale fonte d’ispirazione estetica, Portoghesi si iscrive nel 1950 nella facoltà di Architettura e, ancora studente, pubblica la prima monografia su Guarino Guarini e alcuni saggi su Francesco Borromini, alla cui opera dedicherà negli anni numerosi studi. Dopo essersi laureato nel 1957, nel 1961 si iscrive al Partito Socialista e fece parte, durante la segreteria Craxi, dell’Assemblea nazionale. Ha insegnato Storia della critica (1962-66) all’università di Roma, dal 1967 al 1977 è stato docente di storia dell’architettura presso il Politecnico di Milano, di cui è stato preside dal 1968 al 1976. Nel 1979 è diventato direttore della Biennale di Venezia, per poi ricoprirne la carica di presidente dal 1983 al 1993. Nel 1980 la Biennale vede protagonista l’installazione Strada Novissima in cui circa venti architetti di fama internazionali vengono chiamati a disegnare venti facciate contigue. Dopo essere stata trasferita a Parigi, nella rotonda della Salpetriére, l’installazione attraverserà l’oceano e sarà rimontata a San Francisco negli Stati Uniti. L’evento ha molto clamore mediatico e diventa il manifesto italiano dell’architettura postmoderna, di cui Portoghesi resterà il principale e più famoso sostenitore in Italia per tutti gli anni Ottanta.
Le opere
Tra le sue opere di architettura vanno citate: casa Baldi a Roma (1959), casa Andreis a Scandriglia (1963); casa Papanìce a Roma (1967); Istituto tecnico industriale a L’Aquila (1968); chiesa della Sacra Famiglia a Salerno (1968); Centro sociale con biblioteca civica ad Avezzano (1969); Moschea e Centro culturale islamico a Roma (1976-91); sede dell’Accademia di belle arti a L’Aquila (1978); complesso residenziale Enel a Tarquinia (1981); padiglione termale a Montecatini (1987); Teatro comunale di Catanzaro (1988); edifici termali a Nocera Umbra (1989); piazza Leon Battista Alberti a Rimini (1990); torri di Pietralata per lo Sdo di Roma (1996); chiesa di Santa Maria della Pace a Terni (1997); quartiere Rinascimento nel Parco Talenti a Roma (2001); progetto per la torre di Shangai (2006); progetto per la ristrutturazione di piazza San Silvestro a Roma (2011); campus del Centro di riferimento oncologico di Aviano (2016). E, infine, la sua ultima opera: il complesso interparrocchiale della chiesa di San Benedetto a Lamezia Terme (2019).
Esposizioni sulle sue opere architettoniche si sono tenute alla Triennale di Milano, alla Biennale di Venezia (1977), al Bauzentrum di Vienna, alla Hochschule für Bildende Kunste di Amburgo, e inoltre a Berlino, Karlsruhe, Bielefeld, Gottinga, Osaka, Kassel, Parigi, New York, San Francisco, Milano e lungo via Giulia a Roma.
Le pubblicazioni
Tra le sue pubblicazioni più recenti si ricordano: “Roma/amoR. Memoria, racconto, speranza” (2019); “Poesia della curva” (2020); “Abitare poeticamente la terra. La casa, lo studio e il giardino di Calcata” (2022). In quest’ultimo libro, con la collaborazione della moglie Giovanna Massobrio, racconta il ‘piccolo mondo’ di Calcata, il borgo sulla rupe tufacea dove l’architetto arrivò nel 1974 per la prima volta e che lui ha rianimato con la sua dimora.
Alla sua attività di storico, teorico e critico si devono testi quali: “Guarino Guarini” (1956), “Borromini, architettura come linguaggio” (1967); “Roma del Rinascimento” (1970); “Album del Liberty” (1975); “L’angelo della storia. Teorie e linguaggi dell’architettura” (1982); “Postmodern. L’architettura nella società postindustriale” (1982); “La piazza come ‘luogo degli sguardi’” (1990); “I grandi architetti del Novecento” (1998); “Architettura e natura” (1999); “Geoarchitettura” (2005).