Silvio Berlusconi è il contemporaneo conte Ugolino della politica italiana, perso il potere, chiuso nella torre dei suoi pensieri “il Cavaliere ha divorato i suoi figli, compreso Angelino Alfano e si avvia a condurre il centrodestra verso la sconfitta”. Parola di Angelo Panebianco, politologo, opinionista, docente di Sistemi internazionali comparati all’Università di Bologna ed editorialista del Corriere della Sera.
“Penso ci vorrà un’intera legislatura perché questa parte politica, il centrodestra, ripensi e definisca nuovamente se stessa. Cinque anni di governo della sinistra, a meno che i bizantinismi della legge elettorale non producano una situazione ingestibile all’indomani delle elezioni. Nel paese comunque si è persa l’occasione di un rinnovamento globale con la sconfitta di Renzi alle primarie”. Il liberismo? “In Italia è solo partigiano, si liberalizza sempre nel bacino elettorale degli avversari”.
Questi in sintesi i temi di una chiacchierata di FIRSTonline con l’attento osservatore della politica nazionale.
FIRSTonline – Professor Panebianco perché il liberismo non riesce a diventare la bussola politica del centrodestra?
La cultura liberale è sempre stata minoritaria in Italia. Dopo la seconda guerra mondiale il Paese è stato dominato da due partiti, la Dc e il Pci, entrambi lontani dalle idee liberali. I liberisti si radunavano in piccoli partiti minoritari, il Pli o il Pri, formati da 3 gatti più 3 gatti. In Italia più che una contrapposizione fra liberali e socialdemocratici c’è la divisione Nord e Sud, mai ricomposta in 150 anni, e quella fra Stato e Chiesa. Sono fratture che incrinano trasversalmente tutte le parti politiche in campo. Dove sta il liberismo? La sinistra è stata dominata per 50 anni dal partito comunista e ce ne accorgiamo anche oggi. Il Pci ha sempre cercato di distruggere tutto ciò che sedeva alla sua destra, come il craxismo e le sue istanze liberal e Matteo Renzi e la sua voglia di rinnovamento.
FIRSTonline – Dai tempi della Dc-Pci sono accadute cose enormi: la caduta del muro di Berlino, la fine dell’URSS, tangentopoli, la stagione dei nomi nuovi dei partiti e delle nuove alleanze…
Certo e nel ’94 comparve sulla scena una novità: Silvio Berlusconi. La situazione era analoga a quella di oggi, il Pd o Pds come si chiamava allora, sembrava destinato a vincere le elezioni con il segretario Achille Occhetto, ma Berlusconi gli sbarrò il passo. In due e due quattro inventò un partito sulla base di Publitalia, sdoganò il Msi dicendo che avrebbe votato Fini alle elezioni a sindaco di Roma e riuscì nell’impresa di allearsi a Nord con la Lega e a Sud col Msi. E’ stata una rivoluzione fondata su un uomo. Oggi, crollato il suo carisma, anche il centro-destra si sta dileguando.
FIRSTonline – Questo per mancanza di una cultura egemone e condivisa all’interno di uno stesso schieramento?
Berlusconi voleva portare una ventata liberale al Governo: voleva ribellarsi alla presenza opprimente dello Stato nell’economia, arginare la cultura comunista e quella cattolica. Ma la sua squadra non era liberale e anche lui, in fondo, era soprattutto un imprenditore lombardo. La sua cultura era ed è quella del “fare”, lontana dalla retorica e dai discorsi e la mancanza di un orizzonte chiaro, di culture condivise, ha sempre covato sotto le ceneri.
FIRSTonline – Quindi ha ragione chi dice che il centrodestra deve interrogarsi soprattutto su questo per capire le ragioni della propria crisi e trovare la strada per il futuro cammino?
Il problema è che l’Italia, non il centrodestra o il centrosinistra, è un paese conservatore. Tutti, a destra e a sinistra, vogliono conservare lo status quo, compresi i sedicenti innovatori. Nessuno chiarisce fino in fondo cosa vuol dire innovazione, solo Renzi, in questo senso, ha avuto un po‘ di coraggio. In Italia abbiamo inventato il “liberismo partigiano”, ognuno innova nel campo degli altri, a sinistra si mira a colpire l’elettorato di destra e viceversa, senza troppo guardare per il sottile qual è l’idea complessiva di società che si vuole definire e facendo tutto in maniera approssimativa e piuttosto male.
FIRSTonline – Se l’Italia è un paese conservatore perché tutti si danno tanto da fare per apparire “riformisti”?
C’è una gran confusione anche terminologica. Il riformismo è qualcosa che appartiene alla cultura di sinistra e deriva dalla strategia per conquistare il potere, graduale e non rivoluzionaria. Oggi se ne parla perché la cultura di sinistra domina in gran parte il linguaggio, ma non si capisce bene cosa voglia dire e cosa si celi dietro all’etichetta “riformista”.
FIRSTonline – Questo problema del linguaggio è molto interessante e nasconde qualcosa di più profondo. Per dirla con Re Pietro di Leonce e Lena di Buchner “Ho le categorie in un disordine spaventoso e ci sono due bottoni allacciati in più…insomma tutto il mio sistema è rovinato”. Vale a dire: i confini culturali e politici che separano destra e sinistra sono piuttosto frastagliati. E’ possibile immaginare un centrodestra liberale e un centrosinistra socialdemocratico? Bersani non fa delle lenzuolate la sua bandiera?
Credo abbiano ragione Giavazzi e Alesina, il liberismo potrebbe essere di sinistra se a sinistra riuscissero ad essere innovatori, ma a questo proposito torna valido tutto quanto abbiamo detto finora. Bersani è il liberista partigiano di cui parlavo prima, colpisce chi non lo vota. Di fatto però il Pd è sbilanciato verso la Cgil che è una delle forze più conservatrici che ci siano. Sulla terminologia d’altra parte c’è grandissima confusione. L’Italia è l’unico paese dove, per definire la stessa cosa, si utilizzano due termini diversi come liberalismo e liberismo, pretendendo di attribuire a queste due parole due presunte visioni del mondo, una politica e l’altra economica Non è così, sono la stessa cosa. Nel panorama confuso, ma ingessato, credo che Matteo Renzi, rappresentasse una speranza. Gli elettori del centrodestra, come si è visto, non sono andati in massa a votarlo. Eppure Renzi è andato benissimo, se si pensa in quale contesto ha dovuto battersi. Se avesse vinto tutta la politica italiana sarebbe cambiata e la sinistra avrebbe subito un vero scossone. Di conseguenza anche la parte opposta avrebbe dovuto mettersi in discussione. Così non è stato e dobbiamo fare i conti quindi con la storia che ci troviamo a vivere.
FIRSTonline. Il centrodestra da dove può ripartire?
Solo dall’uscita di scena di Berlusconi. L’Italia vota prevalentemente per il centrodestra, in quest’area però dovrebbe saltare fuori qualcuno capace di interpretare il bisogno di politica di questo elettorato. Per ora non si vede nulla e il centrosinistra sembra destinato a vincere. Certo di mezzo c’è la legge elettorale e la partita del Presidente della Repubblica, un evento di grandissimo peso…ma questa è un’altra storia e potremo scriverla solo più avanti.