Il dipinto propone una nuova iconografia della Venere dormiente che recepisce l’approccio iconografico introdotto dal famoso e rivoluzionario testo neoplatonico Hypnerotomachia Poliphili del 1499.
La vera innovazione intrinseca del dipinto risiede nel fatto che la Dea è completamente sottratta alla cornice narrativa e in totale distacco dalla tradizionale rappresentazione della Venere. Inoltre, l’aggiunta di elementi come la pettinatura di perle, gli anelli nuziali e il velo – allegoria della donna che offre la sua purezza – e il suo sguardo verso l’esterno e in particolare a suo marito e committente – la portano al XVI secolo invece di limitarla alla mitologia lontana. Una Venere che si presenta apertamente come sposa. E
Il Palma, così lo apostrofò successivamente Giorgio Vasari, si stabilì a Venezia agli albori del XVI secolo, ottenendo una grande fama specializzandosi in ritratti e rappresentazioni di giovani donne dette “belle” che l’artista dipingeva spesso in equilibrio tra ritratto e idealizzazione, celebrazione nuziale e mitologia.
Il dipinto, descritto nell’inventario post mortem di Palma il Vecchio come “un grande dipinto su tela con un nudo quasi finito” è datato 1529. A partire dalla metà del XIX secolo, il dipinto è stato registrato nelle collezioni più illustri, esposte a Londra presso la Royal Academy e l’Istituto Courtauld, approdando infine nella proprietà di uno dei più grandi collezionisti americani: Sir Paul Getty.
La riflettologia infrarossa mostra una conservazione estremamente buona e i tipici ‘pentimenti’ delle opere di Palma, in particolare una diversa posizione delle gambe che, in una fase precedente, erano leggermente più distese. Anche la cornice ad intaglio del dipinto è originale. Un capolavoro da ascrivere a Mastro Jacopo da Bergamo, amico di Palma, che probabilmente si è ispirato per il decoro alla celebre Ara Grimani, un marmo romano del I secolo a.C. giunto a Venezia come parte della collezione Grimani nel 1526. L’opera è stimata tra i 600.000-800.000 €.