L’assegnazione del Pallone d’Oro per la stagione 2023-2024 al centrocampista spagnolo Rodri ha fatto discutere in Spagna – il Real Madrid si aspettava di vincere con uno tra Vinicius Jr, Carvajal e Bellingham e ha per questo disertato la premiazione – ma ancora di più in Brasile, terra natale di Vinicius Jr, stella delle merengues e favoritissimo della vigilia, dove è diventato un vero e proprio caso politico. Il Paese sudamericano non vince il trofeo dal 2007 con Kakà, e questa volta sembrava cosa fatta, con Vini effettivamente protagonista di una grande stagione, culminata con le vittorie di Liga e Champions League.
Probabilmente ha pesato a favore di Rodri il grande Europeo vinto in estate con la Spagna, mentre l’attaccante del Real Madrid ha steccato in “Copa America” con la sua Nazionale. In Brasile però non la pensano così, e memori delle aggressioni razziste subite da Vinicius nel campionato spagnolo, hanno fatto 1+1 e attribuito la scelta del centrocampista del Manchester City all’espressa volontà di fare uno sfregio al brasiliano per le sue battaglie fuori dal campo, peraltro umiliandolo perché la festa era già pronta, con lo sponsor Nike che aveva persino realizzato delle calzature speciali per celebrare l’evento.
Pallone d’oro a Rodri, cosa è successo e perché
“L’Europa è razzista”. “L’Europa odia il Brasile”. “Vini non ha vinto perché è nero”. “Contano il colore della pelle e il continente”. Questo il tenore di decine di migliaia di commenti apparsi sui social negli ultimi giorni, durante i quali non si è parlato d’altro anche ad alti livelli. Dimenticando che vari giocatori neri hanno in passato vinto il premio, compresi brasiliani, e che in generale i sudamericani non sono certo stati discriminati visto che il solo Lionel Messi lo ha portato a casa 8 volte, hanno preso posizione sul caso diverse personalità del mondo dello sport, della cultura e persino delle istituzioni.
Il presidente Lula, che in passato aveva apertamente preso le difese di Vinicius sui casi di razzismo, non è personalmente intervenuto questa volta, ma non ha rinunciato a rilanciare sui propri canali ufficiali un post del ministero dello Sport, che solidarizzava con il calciatore scrivendo: “Nella lotta al razzismo, il migliore del mondo è nostro”. Ancora più esplicita la presa di posizione della ministra per l’Uguaglianza razziale Anielle Franco, che è intervenuta in televisione ricordando il memorandum of understanding firmato l’anno scorso con il governo spagnolo per la lotta contro il razzismo: “E’ inammissibile che, nel 2024, il razzismo abbia ancora una rilevanza sui riconoscimenti agli atleti neri”.
Pallone d’oro a Rodri, la reazione al vetriolo di Vini
In Brasile infatti, sebbene la giustizia spagnola abbia individuato e con una decisione senza precedenti condannato al carcere i responsabili degli insulti razzisti nei confronti di Vinicius negli stadi, è passata l’idea che la Spagna sia un Paese apertamente razzista, e di conseguenza tutta l’Europa, mentre il giocatore è diventato icona del fair play e del Black Lives Matter, spesso raffigurato con il pugno alzato come Tommie Smith alle Olimpiadi di Città del Messico del 1968.
Lo stesso Vini, nelle ore successive alla cerimonia che avrebbe dovuto vederlo premiato, ha gettato benzina sul fuoco pubblicando un messaggio molto duro su Twitter: “Lo rifarò altre dieci volte se dovesse essere necessario. Loro non sono pronti”. Verrebbe da chiedersi: pronti per cosa? E loro chi? Se infatti Vini non ha vinto il Pallone d’Oro, non è colpa solo “degli europei”: per il premio votano 100 giornalisti di tutto il mondo, al massimo uno per Paese, e in molti casi è proprio tra i delegati di altri continenti che gli sono stati preferiti altri giocatori, come il connazionale Rodrygo (così hanno deciso ad esempio i giornalisti cinese e ucraino) o come Bellingham. Mbappe o Nico Williams, anche loro neri. Il voto spagnolo, ad esempio, è andato proprio a lui, preferendolo agli eroi di casa Rodri e Carvajal: proprio il Paese che più lo starebbe discriminando, secondo una certa narrazione, in realtà ha votato per lui al primo posto.
A differenza di Paesi dell’America Latina, come El Salvador, che non lo ha inserito nemmeno nella lista dei migliori dieci. La verità è che anziché accettare il verdetto, per quanto discutibile sia sembrato a molti (europei compresi), Vini sta avvelenando i pozzi, scagliando l’opinione pubblica del suo Paese contro il sistema calcistico europeo.
Pallone d’oro a Rodri, la parola agli esperti
Walter Casagrande, vecchia conoscenza del nostro calcio e oggi riconosciuto opinionista in Brasile, ha sostenuto che “molte persone non si rendono conto di essere razziste e pensano che Vini dovrebbe pensare solo a giocare a pallone”, anziché vestire i panni del Malcolm X della situazione. Marcelo Carvalho, dell’Osservatorio anti-razzismo del calcio brasiliano, ha scritto che quello di Vini è “un caso di razzismo intangibile. Qualcuno dirà che non è violenza, ma lo è. È così che atlete e atleti neri vengono zittiti, mettendo a rischio la loro salute mentale e il loro lavoro. Quando si è neri bisogna essere due volte migliori”.
Interpretazioni sulle quali vale assolutamente la pena interrogarsi, anche se è impossibile non ammettere che nel calcio e in generale nello sport non siano mai mancati – e ci mancherebbe altro – riconoscimenti agli atleti non bianchi. È verosimile che ci sia stata insofferenza da parte delle istituzioni calcistiche per gli sfoghi di Vinicius contro un sistema che effettivamente tende a non affrontare come dovrebbe il problema del razzismo, ma viene difficile immaginare un odio generalizzato dell’Europa contro di lui per essere nero o brasiliano. Anzi, anche nel nostro continente Vini ha moltissimi tifosi che lo hanno sostenuto e si sono indignati, esattamente come i brasiliani, per non veder attribuito a lui il premio.
Senza dimenticare infine che tra i criteri per l’assegnazione del Pallone d’Oro compaiono pure “classe e fairplay”, qualità che il brasiliano onestamente non sempre ha dimostrato in campo. In compenso, l’asso del Madrid si è già consolato diventando, anche grazie alla risonanza dell’impegno anti-razzista, una vera e propria gallina dalle uova d’oro: il suo brand, la Vini Jr SA, fattura oltre 300 milioni di reais l’anno (50 milioni di euro) ed è nello 0,1% delle imprese più ricche del Brasile. Niente male, in un Paese in cui quasi il 50% della ricchezza è in mano all’1% della popolazione, e quell’1% è composto praticamente solo da bianchi.