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Palinsesti Tv e nuove sfide per Tim, Sky, Rai e Mediaset

Imagoeconomica

La presentazione dei palinsesti Rai questa mattina a Viale Mazzini dovrà fare i conti innanzitutto con quanto è avvenuto e con quanto potrà ancora avvenire nell’era post Coronavirus (con la speranza che si possa presto definire conclusa). Ma non solo, perché tutto il mondo della Tv e dei media sta attraversando cambiamenti epocali.

La drammatica “pausa” del lockdown ha posto tutti di fronte a nuove realtà prima inimmaginabili: lo smart/home woorking, l’insegnamento remoto, gli spettacoli annullati e lo sport sospeso. Durante i tre mesi di punta della crisi tutto il perimetro del sistema delle telecomunicazioni ha subito forti mutazioni come si legge nel documento AgCom allegato alla recente relazione sull’attività 2020. Anzitutto il valore del mercato che “alla fine del 2020 potrebbe scendere sotto i 50 miliardi di euro, con una perdita rispetto al 2019 dai 3 ai 5 miliardi, corrispondente a una variazione compresa tra il -6% e il -10 per cento”. Inoltre, si legge nel documento “Nel complesso, il valore del sistema economico delle comunicazioni nei primi tre mesi del 2020, stimato in 11,6 miliardi di euro di ricavi, risulta inferiore di quasi il 6% rispetto allo stesso periodo del 2019… Per quel che riguarda le telecomunicazioni, nel primo trimestre, il segmento della rete fissa ha subito una flessione dei ricavi più intensa (-7%) di quello della rete mobile (-2%), con una riduzione complessiva di circa 400 milioni di euro rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Ciò a fronte di un deciso incremento dei volumi di traffico (voce e dati).

Nel settore dei media, che nel trimestre complessivamente si stima abbia perso oltre 200 milioni se confrontato con lo stesso periodo del 2019, la riduzione ha interessato tutti i comparti, ad eccezione dei contenuti audiovisivi online a pagamento (VOD), che a marzo, primo mese di lockdown, ha fatto registrare un tasso di crescita considerevole (+42% rispetto a febbraio, +60% rispetto a marzo 2019), superando i 17 milioni di utenti unici (stime su dati Comscore)… In generale, la diminuzione dei consumi da parte delle famiglie e il blocco delle attività produttive hanno avuto effetti negativi per la vendita di spazi pubblicitari (-9% in totale sul primo trimestre 2019) sui diversi mezzi di comunicazione, incluso internet”. Il Coronavirus, di fatto, ha spianato la strada allo sviluppo dei servizi on demand a pagamento che hanno potuto sfruttare bene la drammatica circostanza con un bouquet di prodotti molto competitivi rispetto a chi era costretto a mandare in onda fondi di magazzino. 

Durante i mesi appena trascorsi il consumo di televisione per ogni tipo di piattaforma (digitale, satellitare o Web) insieme al tempo trascorso di fronte ad un device dotato di uno schermo (smart tv, Pc, tablet, consolle di videogiochi o cellulare) si è impennato a doppia cifra mentre, allo stesso tempo, sono calati drasticamente i consumi e, di conseguenza i fatturati pubblicitari.  Come rilevato da Nielsen e sintetizzato da PrimaOnline nei giorni scorsi, nel periodo gennaio-maggio 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente il calo è stato del 28% e, in particolare -24% per il solo comparto Tv.

Sul fronte tecnologico è doveroso ricordare che l’inizio della crisi Coronavirus ha quasi coinciso con l’avvio della roadmap finalizzata alla transizione verso il DVB-T2 dove si prevedeva un sostanziale ricambio del parco televisori in grado di ricevere in segnali nelle nuove frequenze. Secondo il rapporto TV Sets Market Tracker di Omdia, si prevede in Europa una flessione delle vendite di nuovi apparati Tv di circa il 40%. Il crescente consumo di televisione attraverso una smart tv insieme all’incremento della diffusione streaming lascia intravvedere scenari di forte competizione tra le diverse piattaforme all’interno delle quali i prodotti proposti al pubblico potrebbero marcare le differenze e l’interesse. Vale ancora quanto affermò Bill Gates nel 1996: “Content is the King”. Si potrebbe aggiornare questo concetto con  “Platform is the Queen”. A questo proposito è di particolare interesse la competizione tra Tim e Sky sulla fibra dove il cliente è conteso a colpi di velocità e stabilità di connessione ma anche con prodotti di forte interesse e largo gradimento come film e sport.

Questo il contesto essenziale entro il quale si presentano i palinsesti delle emittenti generaliste. A differenza degli anni passati questa volta invece sarà la sola Rai a presentarsi alla stampa e agli inserzionisti con un appuntamento a metà “di presenza” e altra metà in collegamento streaming. Mediaset ha fatto già sapere le novità della prossima stagione con comunicazioni dirette alla stampa, riservandosi la possibilità di organizzare un evento a settembre, qualora la situazione Covid lo potrà consentire, lo stesso farà La 7 mentre Sky ha in calendario un appuntamento per il prossimo 21 luglio. 

La Rai presenta i suoi palinsesti della prossima stagione in un clima d’incertezza istituzionale (riforma del sistema TLC come annunciato nel programma di Governo) e sociale e in condizioni d’incertezza strutturale della sua offerta editoriale nel contesto anche tecnologico che abbiamo accennato. L’Azienda di Servizio Pubblico paga un grave pegno che anche su FirstOnline abbiamo più volte scritto: è obbligata a fare molto con risorse scarse e incerte. In queste condizioni, gli obblighi di produzione imposti dal Contratto di servizio pongono una seria ipoteca sul suo futuro e, giocoforza, i nuovi prodotti ne subiscono inevitabili conseguenze. 

I palinsesti Rai 2020-21 sono caratterizzati da tre elementi determinanti: il primo riguarda il Piano industriale 2018-21 (si tratta comunque di un documento datato 2018 e impostato nel semestre precedente) e il suo collegato documento riguardante il Piano editoriale. Si tratta del progetto di sviluppo del Servizio Pubblico che sarebbe dovuto andare a compimento proprio quest’anno, in vista della sua scadenza prevista per il prossimo anno e che, invece, causa Covid, è stato congelato fino al prossimo 31 dicembre. Questo nuovo palinsesto avrebbe dovuto essere proprio espressione diretta di quelle linee guida, di quegli orientamenti industriali che definivano la Rai come la “Media Company” degli anni a venire mentre la realtà sembra alquanto diversa. 

Il secondo elemento di carattere maggiormente “politico” si riferisce alle recenti polemiche sul ruolo e sul peso degli agenti artistici e delle società di produzione esterne che ha visto intervenire in modo “pesante” la Commissione parlamentare di Vigilanza Rai che ha richiesto, e in parte ottenuto, il contenimento della loro ingerenza, appunto, nei palinsesti del Servizio Pubblico. Da ricordare le recenti polemiche sul “peso” di società del calibro di Banijay (controllata per oltre il 30% dai francesi di Vivendi) sul totale di produzione Rai dove raccoglie la maggior parte delle ore in appalto.  

Il Piano industriale, inoltre, contiene cinque allegati (piano informazione, piano  editoriale, canale inglese, canale istituzionale e tutele minoranze linguistiche) e, al momento, tra questi solo il canale inglese e istituzionale hanno avuto il via libera dal Cda con la nomina dei rispettivi direttori. Poiché si tratta della sola rilevante novità di quest’anno, di questi due canali era lecito attendere una comunicazione “promozionale” specifica, invece le luci sono accese solo per le trasmissioni d’intrattenimento leggero. Tutto fermo invece per quanto riguarda un altro pilastro della politica industriale Rai: l’offerta informativa che secondo quanto previsto sempre dal Contratto di Servizio, prevedeva una “rimodulazione del numero delle testate giornalistiche”. 

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