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PagoPa: il Tesoro chiama Kpmg per valutare la sua cessione. È il primo passo per un’asta aperta a tutti?

Imagoeconomica

L’obiettivo primario è far cassa in ogni modo. Il giorno dopo la cessione definitiva della rete fissa delle telecomunicazioni, unico paese in Europa a farlo, e in vista di cedere la sua quota anche in Mps (proprio oggi scade il lock-up), il Tesoro fa un passo avanti verso la cessione anche di PagoPA, la società statale che si occupa di gestire i pagamenti indirizzati alla pubblica amministrazione, chiedendo a Kpmg di delineare un perimetro di valutazione, riporta Reuters.

PagoPA quest’anno ha gestito pagamenti verso la pubblica amministrazione per un valore di 46,66 miliardi di euro. Tale operazione si inserisce nel solco delle privatizzazioni previste dal governo per recuperare 20 miliardi di euro nel triennio 2024-2026.

La scelta di Kpmg è un passo fondamentale nell’ambito di un progetto che, nelle intenzioni del governo contenute in un decreto, dovrebbe vedere Poste diventare azionista di minoranza di PagoPA (49%), mentre il controllo (51%) rimarrebbe sotto il controllo di enti statali: l’Istituto poligrafico e Zecca dello Stato (Ipzs). Ma questa fomulazione del governo non piace all’Antitrust perchè violerebbe “regole che costituiscono veri e propri principi fondamentali del sistema”, inclusi quelli conformi ai principi dell’Unione europea e della Costituzione italiana.

Nel decreto il governo, ora in discussione in Parlamento, propone di determinare il valore di PagoPa tramite una valutazione ufficiale. Secondo L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), una valutazione ufficiale è accettabile solo se il valore determinato diventi il punto di partenza per un’asta aperta a tutti coloro che sono interessati ad acquistare le quote di PagoPa, inclusi Poste Italiane, i suoi concorrenti e le banche stesse. Per il garante della concorrenza è essenziale “adottare procedure trasparenti e non discriminatorie” nel trasferire parte di questi benefici a un soggetto di mercato.

Inoltre, l’ingresso di Poste Italiane nel capitale di PagoPa potrebbe sollevare problemi significativi nel funzionamento del mercato, specialmente nel settore dei pagamenti digitali e delle notifiche digitali. Questo perché PagoPa nasce neutrale, “cioè come mero tramite” per i pagamenti. Invece la “cessione del 49% della piattaforma PagoPa si presta a minare questo carattere di neutralità”, perché Poste “è presente anche nel mercato a valle, dove opera in concorrenza con gli altri soggetti che si avvalgono della piattaforma”.

L’espansione di Poste preoccuperebbe le banche

La prospettiva che PagoPA cambi proprietario, anche se rimarrebbe comunque sotto il controllo di enti statali, ha suscitato allarme nel settore bancario italiano, dove molti istituti di credito, soprattutto i più piccoli, sentono la fatica a stare al passo con i rapidi cambiamenti del settore dei pagamenti. A ciò si aggiunge la preoccupazione delle banche per la crescente presenza di fornitori di pagamenti digitali non bancari come Apple, Alphabet, proprietario di Google, o PayPal, e temono che Poste possa utilizzare PagoPA per rafforzare la propria posizione nel mercato dei pagamenti digitali.

Poste si è espansa oltre il proprio core business nei pagamenti, nei servizi di telefonia mobile e nella fornitura di energia, oltre che in prodotti assicurativi e di investimento. PagoPA, collabora con le banche consentendo agli istituti di credito di dare ai propri clienti accesso ai suoi servizi attraverso l’online banking.

La società di pagamenti per altro si sta preparando a svolgere un ruolo di primo piano all’interno della creazione da parte del governo di IT Wallet, un portafoglio digitale in cui i cittadini italiani potranno conservare non solo i documenti ufficiali, tra cui la prova della loro identità digitale per accedere ai servizi pubblici online, ma anche appunto i pagamenti.

Lasco: non facciamo guerra a nessuno

Riguardo la cessione di una quota di PagoPa a Poste Italiane il Direttore Generale Giuseppe Lasco si è limitato a dire che la decisione del Mef riguarda piuttosto “una riorganizzazione in ambito delle partecipate dello Stato, rientra in un piano più ampio di ottimizzazione, per l’efficienza dei servizi a pagamento. Non facciamo battaglie con nessuno, tantomeno col sistema bancario col quale collaboriamo da anni. C’è una totale trasparenza e collaborazione e aspettiamo l’evolversi dell’elemento normativo e ci mettiamo a disposizione”.

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