Il governo non ha abbandonato l’idea di tagliare l’Irpef ma la decisione si prenderà in autunno. Al momento, cioè, in cui sarà presentata la legge di Bilancio per il 2018. Pier Carlo Padoan, intervistato dal Messaggero spiega che “lo scambio tra Iva e cuneo fiscale, suggerita dall’Ocse, è una forma di svalutazione interna che va a beneficio delle imprese esportatrici che sono anche le più competitive”. Nonostante le posizioni critiche espresse all’interno della maggioranza, Padoan non nasconde che si tratta di “un’opzione sostenuta da buone regioni” il che significa che la sua validità economica è oggettiva ma che sull’Iva le decisioni sono politiche e quindi legate anche a valutazioni di opportunità.
Sul taglio all’Irpef, scomparso dal Def, il ministro replica che “La legge di bilancio per il prossimo anno è tutta da discutere. Il Def contiene solo un quadro generale. L’ipotesi non è stata esclusa, non siamo ancora nella fase delle misure esplicite”.
Per scongiurare l’applicazione delle clausole di salvaguardia il prossimo anno, che farebbero aumentare Iva e accise di 19 miliardi, Padoan spiega che “la via maestra passa per ulteriori progressi dell’amministrazione tributaria nella lotta all’evasione, per ulteriori margini di efficientamento della spesa e per altre voci che andranno discusse il più serenamente possibile, come le spese fiscali”.
In passaggio dell’intervista riguarda anche il tema della riduzione del debito pubblico e della ripresa delle privatizzazioni, per società come Fs e Poste, osteggiata da alcuni ministri come Graziano Delrio (Trasporti). Nel Def l’obiettivo è stato ridotto a soli 5 miliardi. Padoan ammette che c’è stata una levata di scudi sulla possibilità di recuperare 8 miliardi ma non per questo afferma “ci accontentiamo di un po’ meno”. “Ho esposto in consiglio dei ministri – dice il ministro – l’ipotesi in base alla quale il Mef potrebbe cedere le sue partecipazioni a Cdp, pur mantenendo il pieno controllo sulla gestione delle partecipate e Cdp potrebbe effettuare una gestione attiva di questo portafoglio. Si tratta di attuare meccanismi finanziari – ha proseguito – focalizzati non tanto sulla cessione di una singola società ma sull’idea che la ricchezza di proprietà pubblica venga riaggregata e in parte valorizzata sul mercato”.
Trasferire a Cassa Depositi e Prestiti le quote delle società partecipate in possesso del ministero dell’Economia allo scopo di tagliare il debito pubblico potrebbe mettere in moto un’operazione valutata 20 miliardi.