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Outlook 2013: il tiro alla fune dei mercati

La metafora più usata dagli analisti per descrivere il 2013 che attende i mercati è il tiro alla fune tra gli aspetti positivi e i rischi – Chi riuscirà a tirare il fazzoletto nella propria metà campo? – Vediamo quali sono le previsioni per il nuovo anno degli esperti e i consigli su come muoversi.

Outlook 2013: il tiro alla fune dei mercati

La volatilità ci accompagnerà ancora per i prossimi mesi. La ripresa sarà modesta ma visibile. Ma c’è aria di re-rating. E non è così strano pensare che l’azionario europeo suonare la riscossa. Dopo un 2012 nel complesso migliore delle attese ma di difficile interpretazione, il 2013 presenta i presupposti per rivelarsi positivo. La metafora più usata dagli analisti per descrivere il 2013 è il tiro alla fune tra gli aspetti positivi e i rischi. Chi riuscirà a tirare il fazzoletto nella propria metà campo? Vediamo quali sono le previsioni per il 2013 degli esperti e i consigli su come muoversi.

RUSSEL LINVESTMENTS, INVESTITORI VERSO ASSET Più RISCHIOSI

La volatilità si manterrà elevata nell’arco di tutto l’anno ma lo scenario è moderatamente positivo grazie ad alcuni segni di una ripresa globale, guidata principalmente dalla crescita dell’economia americana e cinese. È questa la view di Russell Investments per il 2013. La volatilità sarà invece sostenuta dal tiro alla fune tra l’austerità deflattiva e le politiche monetarie inflazionistiche all’interno dell’Eurozona. La ripresa sarà modesta ma comunque visibile.

In questo scenario, con tassi di interesse reali in territorio negativo, gli investitori sono alla ricerca di un rendimento reale sui loro investimenti. Alla luce delle dinamiche della ripresa americana, con impatti prolungati della Grande Recessione e gli interventi della Federal Reserve, Russell prevede che l’effetto sugli investitori sarà quello di spingerli lontano dai tradizionali porti sicuri e di portarli verso asset più rischiosi. “Considerato che solo ritorni reali positivi costruiscono la ricchezza, gli investitori sono costretti ad affrontare la questione di come ottenerli in un contesto di mancanza di rendimenti. Quest’arduo compito spinge i risparmiatori verso asset più rischiosi e quindi continuiamo a suggerire ai nostri clienti di procedere con obiettivi precisi e con una chiara strategia”, afferma Pete Gunning, global chief investment officer di Russell Investments. “Per gli investitori, ciò comporta attenzione a ogni dettaglio della gestione di portafoglio. Riteniamo che la diversificazione geografica dovrà essere perseguita in maniera costante, visto che il centro di gravità economico sarà variabile.

Considerato che gli investimenti tradizionali rimangono piatti, gli alternativi potranno essere presi in considerazione più che in passato. Allo stesso modo, la volatilità, anche se può portare condizioni di stress sui mercati, può essere fonte di opportunità per i portafogli multi-asset gestiti in maniera dinamica”.

Queste sono le previsioni principali per l’anno:

– una crescita economica degli Stati Uniti del 2,1% nel 2013, che si porterà a 2,5-2,75% nella seconda metà dell’anno.

– Inflazione core negli Stati Uniti all’1,9% per il medio termine.

– Rendimento del Treasury americano a 10 anni al 2,15% entro la fine del 2013.

– Gli indicatori attuali non fanno pensare a un tonfo dal fiscal cliff, ma piuttosto a un lento inasprimento fiscale.

– Ripresa ciclica dell’economia cinese con un aumento del Pil di circa l’8% nel 2013.

– La situazione dell’Eurozona rimarrà invariata, alle prese con il continuo tiro alla fune tra austerità e crescita.

In questo contesto per Russell il mercato azionario Usa può chiudere il 2013 in crescita a una sola cifra, seppur elevata.“Questa previsione – rileva Russell nel suo outlook 2013 – prende in considerazione una diminuzione della crescita dei profitti societari per allinearsi alla crescita nominale del Pil e un leggero calo del premio per il rischio sull’azionario visto che gli scenari catastrofici sono meno probabili”. La previsione per l’indice Russell 1000® è a un target di 830 alla fine del 2013, che significa un rialzo del 5,8% dai 784,5 punti della chiusura del 7 dicembre 2012.

FIDELITY, ANCORA INTERESSANTI LE AZIONI DA DIVIDENDO

Il 2012 si è dimostrato alla prova dei fatti un anno positivo per i mercati, ma per gli investitori il 2012 è stato anche particolarmente complesso da interpretare. Si sono registrati, infatti, numerosi momenti di incertezza, accompagnati da un’elevata volatilità che non ha risparmiato nessuna classe di attivi. Per Fidelity nel 2013 assisteremo a un’espansione significativa e sincronizzata del bilancio delle banche centrali. “Nell’era del quantitative easing ciò che, fino a pochi anni fa, veniva considerato non convenzionale è oggi divenuto prassi comune – afferma Dominic Rossi, CIO Azionario di Fidelity Worldwide Investment – I rendimenti sui titoli di Stato resteranno probabilmente bassi e cioè negativi al netto dell’inflazione, incoraggiando gli investitori a cercare rendimenti positivi puntando sugli asset con la capacità di generare reddito”.

Per Fidelity ci sono però tre fattori di rischio da tenere in considerazione:

1. Senza una soluzione favorevole del fiscal cliff gli Stati Uniti andrebbero in recessione trascinando con sé anche l’economia globale.

2. La crisi in Europa, che sebbene abbia preso una direzione positiva grazie anche all’intervento della BCE, potrebbe subire ulteriori ondate d’instabilità se si radicalizzasse lo scontro politico nei Paesi periferici.

3. L’evoluzione della situazione geopolitica in Medio Oriente, con particolare riguardo all’Iran.

“In questo contesto pur non esente da fattori di incertezza – rileva Rossi – una rivalutazione dell’azionario non è affatto da escludere, soprattutto se alcune delle questioni ancora irrisolte dovessero avvicinarsi a un esito favorevole”. Di norma, fa notare Fidelity, un rialzo dei titoli azionari può essere determinato dalla crescita degli utili o dall’espansione dei multipli. L’ottimismo in tal senso viene, dunque, principalmente dalle valutazioni azionarie, contenute rispetto al dato storico.

“Negli ultimi anni il comparto azionario ha subito, infatti, importanti deflussi – continua Rossi – tanto che la presenza di investitori istituzionali è attualmente ai minimi degli ultimi 30 anni; le azioni non hanno riscosso grandi favori ultimamente e, pertanto, c’è ampio margine per un’inversione di tendenza”. Inoltre la volatilità si è ridotta, seppur non ancora superata. “Dal 2008 – spiega Rossi – la volatilità misurata dall’indice VIX è balzata spesso oltre la soglia del 20% ed è incoraggiante che dal mese di luglio 2012 il VIX sia invece sceso. Per il 2013 vi sono possibilità concrete di una rivalutazione delle azioni. Se, come ci si aspetta, i rendimenti dei titoli di Stato si manterranno su livelli ridotti e inferiori all’inflazione, gli investitori alla ricerca di rendimenti reali positivi continueranno a prediligere asset più remunerativi con capacità di generare reddito”.

In un contesto del genere per Fidelity le azioni che distribuiscono dividendi rappresentano senza dubbio un’opportunità interessante in termini di rendimento complessivo. A livello regionale i mercati emergenti presentano tassi di crescita superiori e valute a elevato rendimento, in grado di attirare afflussi significativi di capitale. Proprio il tema dell’apprezzamento valutario andrà crescendo d’importanza nei Paesi emergenti, dato che le banche centrali delle economie sviluppate stanno attuando un’espansione sincronizzata della propria politica monetaria.

In particolare per Fidelity l’economia cinese è ben posizionata per mettere a segno un rimbalzo nel 2013: l’inflazione è sotto controllo e il cambio di leadership si è ormai concluso aprendo le porte a una politica più accomodante. Il mercato si attende tassi di crescita del 6-8% e il comparto azionario cinese dovrebbe beneficiare del fatto che le incertezze economiche e politiche sono state dissipate.

Per quanto riguarda i mercati sviluppati, in Europa sono prevedibili dividendi nell’ordine del 3-4% (fatta eccezione per il comparto finanziario dove la distribuzione dei dividendi è stata in molti casi sospesa). “I bilanci sono solidi – commenta Rossi – i flussi di cassa sostenuti, mentre i payment ratio sono ridotti e, dunque vi è margine per un incremento. Abbinando i dividendi alla crescita stimata il rendimento complessivo può raggiungere l’interessante livello del 7-8%, che dovrebbe incoraggiare ulteriori afflussi verso i fondi equity income”. Gli Stati Uniti, infine, possono rappresentare un investimento interessante in caso di risoluzione favorevole del fiscal cliff. Il mercato immobiliare residenziale è in fase di ripresa e anche la fiducia dei consumatori sta migliorando, fa notare Fidelity. Ma non solo. “Nel mercato dell’energia gli Stati Uniti potrebbero diventare i maggiori produttori di petrolio e di gas grazie alle riserve di scisti (shale) – dice Rossi – senza contare che il significativo calo dei prezzi alla produzione non potrà che favorire anche molti altri settori, dall’industria chimica all’ingegneria”. Qui interessanti rimangono i titoli del comparto sanitario, tecnologico e beni di consumo.

ING, MEGLIO LE AZIONI EUROPEE AGLI USA

Il rischio di assistere a shock di mercato non è venuto meno ma anche per Ing il 2013 ha con sé un potenziale positivo. Molto dipenderà però dalla fiducia. “Il potenziale al rialzo – dice Ing – è chiaramente visibile ma gli investitori potrebbero non beneficiarne a causa del basso livello di fiducia”. In particolare, dato che la crescita degli utili sarà debole, la performance del mercato azionario sarà guidata dalle valutazioni. I dividendi, comunque, assicura Ing, non sono a rischio. Inoltre gli emergenti sono in miglioramento e non si prevede un hard landing della Cina. Il Paese si manterrà su livelli costanti, con una crescita del 7,6% sul 2012 e del 7,8% sul 2013. Per il 2014, però, ci si aspetta un rallentamento al 6,5%. Guardando ai mercati emergenti nel complesso, la crescita complessiva del Pil stimata sarà pari al 6%, in crescita rispetto al 5,4% di quest’anno. Il Pil mondiale è atteso in aumento in termini reali del 3,3%, rispetto alla stima del 3% per la fine del 2012. Per gli Stati Uniti si prevede una lieve riduzione, dal 2,2% di fine 2012 al 2% del 2013. Per l’Eurozona si passerà dal -0,5% di quest’anno al +0,3%, mentre le stime sul Regno Unito vedono una fine 2012 al +0,1% e il 2013 al +1,3%.

“Le previsioni per il 2013 sembrano un tiro alla fune tra le dinamiche positive, legate alle misure di politica monetaria accomodante, e le frizioni innescate da politiche fiscali e deleveraging nel settore privato – spiega Valentijn van Nieuwenhuijzen, Head of Strategy di ING Investment Management – i mercati sono ancora molto volatili e i disequilibri rendono l’economia molto sensibile agli shock. Ma ricordiamo che le possibilità di shock sono da sempre una caratteristica dei mercati e quindi gli investitori devono sfruttare le fasi cicliche”. Ma la fiducia degli investitori è bassa e quindi per Ing molti di loro potrebbero non approfittare del potenziale al rialzo che crediamo sia molto evidente. E negli Usa? “I dati sul mercato residenziale sono in miglioramento, così come il settore dell’edilizia – afferma van Nieuwenhuijzen – Registriamo comunque situazione confuse, come quelle sul mercato del lavoro o sul calo negli investimenti delle aziende. Dato che il trend degli acquisti di beni durevoli è molto più difficile da invertire rispetto alla decisione di assumere nuova forza lavoro, l’attuale situazione potrebbe essere letta come un vero e proprio taglio alle spese oppure come un’espansione molto razionale”.

In ogni caso le stime degli analisti bottom-up per Ing sono eccessive. Queste prevedono una crescita degli utili in doppia cifra. Al contrario, le stime top down di Ing indicano una crescita degli utili inferiore al 5% negli Stati Uniti e prossima allo zero nell’Eurozona.

“Per il 2013 vediamo un rallentamento degli utili, ma fortunatamente i bilanci delle società sono in buona salute. Questo elemento, combinato al contesto di bassi tassi di interesse, potrebbe portare a un aumento negli investimenti, specie sull’attività di M&A e nelle spese per beni durevoli (capex), posto comunque che si ritorni a un clima di maggiore fiducia – afferma Patrick Moonen, Senior Equity Strategist di ING Investment Management – Ci aspettiamo anche un aumento nei buy-back e dividendi più elevati. Nello specifico, per i prossimi due anni, vediamo una crescita dei dividendi intorno al 3,5% in Europa e al 6% negli Usa”. Per Ing il premio per il rischio si manterrà elevato, specialmente in Europa, anche se il differenziale rispetto agli Stati Uniti non riflette le differenti dinamiche del rischio nelle due aree: per questo sono preferibili le azioni europee rispetto a quelle di oltreoceano mentre i mercati emergenti stanno riguadagnando interesse (soprattutto Brasile, Russia e Turchia). A livello di settori Ing si sta posizionando verso un’asset allocation più orientata ai settori ciclici per il miglioramento nei dati sull’economia, negli utili delle società di questi settori, in termini relativi, e anche perché rispetto ai difensivi le valutazioni sono più interessanti. Per il 2013 la performance dell’azionario è attesa vicina alle due cifre.

SCHRODERS, RE-RATING IN EUROPA E RIPRESA DELL’M&A

Mentre le banche centrali hanno aiutato a ridurre il rischio sovrano in europa, gli investitori sono ancora timorosi e il premio per il rischio azionario rimane vicino ai massimi storici. Ma, sottolinea Schroders, mentre molte aree del reddito fisso sembrano essere in territorio da bolla, le attese per le azioni europee sono già molto basse. “Per esempio – spiega Schroders – le previsioni 2013 sulgi utili in Europa sono del 40% sotto i picchi 2007 mentre negli Usa le attese di utili sono il 10% avanti quelle dei picchi 2007. Mentre il rischio di una spaccatura dell’Eurozona viene meno, dovremmo iniziare a veder scendere il premio per il rischio, il che offre una significativa opportunità di re-rating nel 2013 e oltre”.

Le valutazioni sono la chiave. E oggi sono vicine ai minimi storici. Il Graham & Dodd price-to-earnings (P/E) ratio (c 13x) è vicino ai minimi da 30 anni. Se un investitore avesse comprato Europa a un p/e ratio di 13 o sotto in un qualsiasi momento negli ultimi 30 anni, il ritorno atteso nei successivi 12 mesi sarebbe stato in media del 20%. Il che però, precisa Schroders, non significa che i ritorni saranno del 20% nei prossimi 12 mesi perché le azioni europee hanno già iniziato a re-rate dai minimi della scorsa estate ma che agli attuali livelli di entrata i ritorni attesi sono interessanti. Anche in confronto con gli altri mercati l’Europa tratta a sconto significativo: a un p/e di 12,8 rispetto a 23,8 degli usa e a 20,4 dell’Asia Pacifico escluso il Giappone. “Storicamente l’Europa ha scambiato a sconto agli Usa per tutta una serie di ragioni – spiega Schroders – e sebbene non pensiamo che il gap si chiuderà completamente, ci aspettiamo una convergenza, nonostante ci aspettiamo una crescita economica relativamente bassa”.

Per Schroders le aziende in cui investire non mancano: tra le migliori compagnie del mondo che offrono buone prospettive di crescita ma che trattano a valutazioni depresse rispetto ai concorrenti globali solo perché sono domiciliate in Europa. Ecco perché il 2013 dovrebbe essere anche l’anno della ripresa dell’attività di Mh&A. Schroders rileva che le attese erano per una attività di M&A più sostenuta già nel 2012, data la solidità dei bilanci corporate e il cash a disposizione, le compagnie dell’S&P 500 siedono su 1,2 trilioni di dollari di cash – abbiamo visto segnali di una ripresa come l’offerta di Ups su Tnt che ha visto il primo pagare un premio del 50% sul prezzo delle azioni. Ma il l’avversione per il rischio ha tenuto fermi molti di questi deal potenziali. Ora con la normalizzazione della situazione in Europa, anche grazie all’intervento della Bce, il 2013 dovrebbe portare maggiori deal. 

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