‘’Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché è di essi il regno dei cieli’’. (Matteo 5.1-12). Ottaviano Del Turco ci ha lasciati. Il Grande Sonno lo ha liberato dalle sofferenze che gli avevano rubato, a poco a poco, una vita degna di essere vissuta. Ottaviano continuerà a vivere nella memoria e nell’affetto dei figli, dei familiari, di Cristina che lo ha accudito lungo tutto il suo calvario, degli amici e dei compagni che al momento della sua tragedia non si sono voltati dall’altra parte.
Ottaviano, infatti, non è morto il 24 agosto (la Provvidenza dei sindacalisti ha deciso che finisse i suoi giorni a poca distanza dalla ricorrenza del decesso di Bruno Trentin con il quale aveva lavorato sia alla Fiom che in Cgil per tanti, lunghi e travagliati anni). Del Turco aveva iniziato a morire il quel 14 luglio 2008 quando una squadra della Guardia di Finanza si era presentata nel suo buen retiro di Collelongo (un paese abruzzese lungo una strada che termina lì) per arrestarlo sulla base di accuse gravissime ed infamanti per le quali, secondo la Procura, esistevano ‘’prove schiaccianti’’ che non sono mai emerse né accertate nel corso di lunghissime indagini e di rogatorie internazionali.
La carriera sindacale e politica di Ottaviano Del Turco
Allora Ottaviano Del Turco era presidente della Regione Abruzzo. Questa era l’ultima tappa di un cursus honorum folgorante. Ottaviano del Turco è stato un grande sindacalista, appartenuto a quell’Olimpo degli eroi di cui hanno fatto parte nomi indimenticabili come Fernando Santi, Luciano Lama, Bruno Trentin, Pierre Carniti, Piero Boni, Giorgio Benvenuto e tanti altri che hanno fatto la storia del sindacato (e del Paese) nella seconda metà del secolo scorso. Probabilmente, questi nomi, che a me ricordano tanti anni di vita vissuta intensamente, non dicono quasi nulla oggi.
Del Turco fu anche parlamentare ed europeo, ministro delle Finanze, scrittore e pittore fino a quando la malattia non ha preso il sopravvento anche sul pennello, la tela e la tavolozza.
Le vicissitudini giudiziarie
La vicenda giudiziaria di Ottaviano Del Turco è andata avanti per un decennio. Le Corti che hanno esaminato il caso hanno, in pratica, ‘’sfogliato la margherita’’ dei reati di cui era accusato: corruzione, concussione, truffa, falso e associazione a delinquere. E ovviamente ad ogni ‘’petalo’’ strappato corrispondeva una riduzione della pena. In primo grado, Del Turco fu condannato a nove anni e sei mesi. Nel processo di secondo grado vennero stralciati 21 episodi di dazione su 26, e la pena risultò più che dimezzata: quattro anni. Dopo un rinvio ad un’altra Corte e un nuovo giudizio, la Cassazione, infine, ridusse a tre anni e undici mesi la reclusione, l’interdizione dai pubblici uffici da perpetua a cinque anni, mentre cancellò l’associazione per delinquere.
Alle imputazioni dell’ex presidente della Regione un ultimo ‘‘petalo’’ rimase attaccato alla corolla: Del Turco fu ritenuto colpevole di ‘‘induzione indebita a dare o promettere utilità‘’ e condannato in via definitiva. L’induzione è un reato di nuovo conio, introdotto dalla legge Severino nel 2012, per punire la concussione (il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che richiedono una dazione) anche quando non c’è minaccia o violenza.
Attenzione, perché la fattispecie è suggestiva. Soprattutto se la mettiamo in relazione con la vicenda per cui Ottaviano fu indagato, processato e condannato: aver estorto da un boss della sanità privata abruzzese una somma di denaro che – lungo l’iter processuale – si è sgonfiata passando da sei milioni a ottocentomila euro, dei quali non si è mai trovata traccia.
Ma come si fa a commettere un reato di ‘’induzione indebita’’? Non avendo una robusta cultura nel campo del diritto penale (è un errore grave perché questa disciplina ormai è divenuta parte integrante della vita quotidiana di ciascuno) sono andato a consultare la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione. E ho trovato la seguente motivazione:
‘’Secondo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione ( ……. ) la fattispecie di induzione indebita di cui all’art. 319-quater cod. pen. è caratterizzata da una condotta di pressione non irresistibile da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio, che lascia al destinatario della stessa un margine significativo di autodeterminazione e si coniuga con il perseguimento di un suo indebito vantaggio, mentre nel reato di concussione ai sensi dell’art. 317 cod. pen., si è in presenza di una condotta del pubblico ufficiale che limita radicalmente la libertà di autodeterminazione del destinatario’’.
Nel caso Del Turco/Angelini (questo è il nome del titolare di un gruppo di cliniche private che denunciò Del Turco e che è noto alla patrie carceri) non vi è stato ‘’l’indebito vantaggio’’, visto che la Giunta regionale non ha mai ritirato la delibera con la quale venne rivisto il rapporto tra la sanità pubblica e quella privata, recuperando alle casse della Regione svariate decine di milioni di euro. Quanto alla ‘’pressione non irresistibile che lascia al destinatario della stessa un margine significativo di autodeterminazione’’ ho cercato di farmi un’idea di quale potesse essere stata la condotta del mio amico Ottaviano per incorrere in una fattispecie di reato di ‘’concussione gentile’’ (da ladro gentiluomo). Poiché nella vicenda ha svolto un ruolo importante un sacchetto di mele, può essere che ciascun pomo (anziché dimostrare l’esistenza della legge di gravità) fosse servito a quantificare la somma che Ottaviano avrebbe gradito. Rimane, poi, un aspetto da chiarire: come può un cittadino essere imputato per azioni risalenti a prima del 2008 (Ottaviano fu arrestato all’alba del 14 luglio di quell’anno) che non costituivano un reato già previsto dall’ordinamento, perché l’induzione fu introdotta con la legge n.190 del 2012?
Del Turco voleva chiedere la revisione del processo
Con i suoi avvocati e il figlio Guido, Ottaviano aveva trovato elementi per chiedere la revisione del processo, ma la malattia era stata più veloce della burocrazia giudiziaria rendendolo inabile. Quando gli era rimasto un margine di lucidità aveva dovuto sopportare l’affronto del populismo schierato contro i vitalizi degli ex parlamentari. Già malato di cancro e di altre patologie invalidanti, gli fu congelato l’assegno perché condannato in via definitiva da una Corte di Giustizia.
I “’manettari’’ della politica e della stampa non rinunciarono ad azzannarlo sul letto della sofferenza, chiedendone la revoca. Per fortuna, la cosa sollevò un’indignazione di carattere generale che chiuse loro la bocca.
Pd e Cgil i due grandi assenti
Nella sua tragedia vi sono stati due grandi assenti: il Pd e la Cgil. Ottaviano era un socialista di razza, figlio di un socialista, ottavo di fratelli anch’essi tutti socialisti che, uno alla volta erano emigrati a Roma alla ricerca di una vita migliore. Nella giovinezza aveva lavorato nella federazione romana del Psi, insieme a Dino Marianetti (un altro grande sindacalista Cgil dimenticato), poi era passato al sindacato.
Fu segretario del Psi dopo Craxi e Benvenuto, cercando di salvare il salvabile di un partito alle prese con il la pulizia etnica Mani Pulite. Tra i fondatori e parlamentare del Pd, quando cadde nell’imboscata della giustizia abruzzese venne abbandonato come un cane sull’autostrada.
Gli rimasero vicini alcuni amici tra cui chi scrive e Michele Magno, oltre a tanti socialisti della Cgil dai loro ‘’atrii muscosi e dai fori cadenti’’ dove avevano trovato rifugio. Per fortuna davanti al momento solenne della morte la Cgil si è ricordata di chi le dedicò la parte migliore della vita.
“A nome mio e di tutta la nostra organizzazione esprimo profondo cordoglio e vicinanza alla sua famiglia”. È quanto si legge in una nota del segretario generale della Cgil Maurizio Landini. “Fu un dirigente di primo piano del nostro sindacato – aggiunge – fino a ricoprire l’incarico di segretario generale aggiunto dal 1983 al 1992 in una fase complessa della storia della Cgil e del sindacato confederale, dove si sono confrontate idee e proposte di diversi modelli sindacali e di rapporto tra sindacati e forze politiche”.
Le esequie funebri si svolgeranno domenica alle ore 10 a Collelongo, dove sarà sepolto in mezzo ai suoi cari. Vedremo se, d’intesa con la famiglia, il Senato e la Cgil vorranno organizzare un momento di commemorazione. Come dice una canzone d’altri tempi i vecchi soldati, onusti di glorie e di sfide, orgogliosi di mostrare le cicatrici delle ferite, non muoiono; svaniscono soltanto nella nebbia. Per ritrovarsi in un angolo dei Campi Elisi, a loro riservato, dove trascorreranno le giornate a ricordare, in amicizia e in allegria, le storie e gli episodi di una esistenza ricca di speranze e di avventure. La terra ti sia lieve, amico mio.
Grazie Giuliano di questo ricordo appassionato.Almeno ripristiniamo la verità .Chissà se in quell’ angolino dei campi elisi ci saranno ancora posticini liberi!