Quello delle ostriche è un settore ancora di nicchia ma che sta prendendo sempre più piede anche grazie all’alta qualità della produzione homemade. Dopo la Francia, l’Italia è tra i principali consumatori di ostriche e il secondo mercato europeo per consumo. Negli ultimi anni sono fioriti nel nostro Paese diversi allevamenti, soprattutto in Sardegna, Liguria ed Emilia Romagna, con una produzione in grande crescita: nel 2015 le tonnellate di ostriche sul mercato erano a mala pena 33, attualmente si viaggia intorno alle 200 tonnellate (contro le 120mila tonnellate francesi). Ma la produzione ancora non basta a soddisfare una domanda sempre più in crescita.
Un mercato con grandi potenzialità, dato le ostriche italiane costano anche meno di telline e cannolicchi. Ma in Italia rimane il problema dell’Iva. Fra gli emendamenti alla Legge di Bilancio era spuntata anche la richiesta di abbassarla per le ostriche passando dal 22 al 10%. Un vantaggio tanto per i consumatori quanto per i produttori. I primi potrebbero avvantaggiarsi di un’offerta più competitiva, i secondi di un abbassamento dei costi. In questo senso, un’Iva inadeguata non aiuta a far crescere questo business nel nostro Paese scoraggiando il cliente finale e di conseguenza penalizzando gli eventuali investimenti dei produttori. Attualmente il grosso della loro produzione è francese, circa il 70%, mentre il 20% è irlandese e il 10% italiano.
Le ostriche italiane stanno iniziando ad essere richieste anche in Francia, soprattutto dopo che qualche anno fa le produzioni giovanili vennero prese d’assalto da un herpes. Ma di strada da fare ce n’è ancora molta. Soprattutto perché la maggior parte degli italiani pensa che l’ostrica sia un prodotto esclusivamente di importazione francese. Mentre solo il seme del mollusco viene importato d’Oltralpe e per lo più e dalla costa Atlantica. Molti non lo sanno ma a Goro da qualche anno è iniziata una produzione autoctona, si tratta di un’ostrica portoghese caratterizzata da un accrescimento molto rapido, in meno di un anno raggiunge la taglia commerciale.
Ma nell’immaginario collettivo l’ostrica resta storicamente francese e i nostri produttori faticano ad affermare un mercato nazionale che punta sulla qualità e la diversificazione. Fa testo a questo proposito un sondaggio di Federcoopesca-Confcooperative, dal quale emerge che l’85% degli italiani pensa che l’ostrica sia un prodotto esclusivamente francese. Mentre il target di consumatori si assesta fra i 40 e i 45 anni. Ciò significa il mercato del consumo italiano ha notevoli possibilità di espandersi.
LE OSTRICHE ITALIANE
Le ostriche italiane costano circa un 30% in meno rispetto alle cugine d’Oltralpe, sono gustose, saporite e contengono anche un 30% in più di carne. Ma le ostriche sono diverse e ce ne sono di diversi tipi anche in Italia. L’Ostrica Rosa Tarbouriech di Scardovari nasce tra il fiume Po e il Mare Adriatico, in zona lagunare dove la miscela tra acqua dolce e salata persiste meglio, tanto da renderla celebre tra gli chef stellati e che compete con le ostriche migliori del mondo. Poi ci sono le Ostriche di San Michele prodotte nella riserva naturale del Parco Nazionale del Gargano, nella Laguna di Varano a Foggia grazie al particolare microclima che ne garantisce l’ambiente ottimale per lo sviluppo di questi frutti del mare. Le Ostriche Verdi invece sono prodotte nel Golfo dei Poeti (La Spezia) nella capitale delle cozze e si distinguono per un colore brillante, profumo e sapidità. Le Ostriche Varuni sono allevate nell’alta Puglia, nel parco del Gargano e contengono molta polpa.
LE OSTRICHE FRANCESI
La produzione francese copre il 70% del mercato. Le Ostriche di Cancale sono allevate davanti a Mont Saint-Michel, e beneficiano di una delle maree più forti del mondo che gli assicura una perfetta ossigenazione e un continuo rinnovo del plancton. Quest’ostrica ha un sapore salato ma una polpa morbida e compatta. Erano le più apprezzate dai re di Francia, ma anche dai loro nemici rivoluzionari, come Robespierre e Danton. Le Ostriche Tsarskaya erano le preferite dagli Zar per il loro profumo iodato, una consistenza carnosa e un sapore dolce. Poi c’è la Belon Du Belon, un’ostrica piatta, delicata e molto ricercata, grazie all’incontro dell’acqua di mare con quella dolce dalle sorgenti bretoni. Le Ostriche Speciale di Isigny hanno un gusto dolce e persistente, mentre le Ostriche Saint-Vaast sono famose per il loro spiccato sapore di nocciale. Infine, le Ostriche Speciali Utah Beach sono conosciute per il loro retrogusto zuccherino e un sapore che sa di storia: provengono dalla spiaggia dove avvenne lo sbarco in Normandia.
LE OSTRICHE IN CUCINA
In Italia è il modo più gettonato è il semplice ma gustoso pepe e limone. Mentre i cugini francesi preferiscono marinare lo scalogno in aceto e pepe e accompagnare questi molluschi con un pezzo di pane tostato e ricoperto di burro. E per finire un buon bicchiere di Muscadet o di Chablis, perché entrambi richiamano direttamente il gusto del mollusco. Oppure si potrebbe optare come faceva il buon vecchio Napoleone, che per rifocillarsi durante le battaglie riempiva un vassoio con ghiaccio tritato sul quale sistemava alcune foglie di lattuga, per poi disporre le ostriche aperte. Una emulsione di sale, pepe, cognac francese, succo di limone e un filo d’olio.
OSTRICHE E CHAMPAGNE: IL BINOMIO CHE PIACE TANTO
Considerato da sempre un binomio di lusso, sintomo di ricchezza, l’abbinamento è in realtà vincente per ragioni puramente scientifiche. Sembrerebbe, infatti, che sia il gusto umami (del glutammato) nello champagne e dei nucleotidi nelle ostriche (composti chimici) a conquistare il palato degli intenditori presente in alcuni tipi di ostriche e di champagne. A dirlo uno studio dell’Università di Copenaghen.