La Borsa di Atene ha messo a segno, in questo pazzo 2012, un rialzo pari al 30 per cento. I bond greci hanno surclassato ogni altro asset finanziario : +84% rispetto a 12 mesi fa, seguiti dalle obbligazioni portoghesi +80%. Il Giappone archivia un anno di recessione, culminato nell’ennesimo cambio della guardia ai vertici del paese. Il risultato? L’indice Nikkei sale del 22,5%, come non accadeva dal 2005. L’Italia non è da meno: l’anno più duro della recessione si chiude con un guadagno del 7,8%, contro il salasso del 2011 (-25%) e del 2010 (-13,2%). La Borsa peggiore, in compenso, è quella di Shangai, solo l’1,5% in più a fronte di una crescita del pil del 7,5%. Solo Francoforte +30% combina la leadership economica con quella finanziaria. Ma la consacrazione del made in Germany , a dire il vero, coincide con la frenata della locomotiva tedesca.
Insomma, è stato l’anno del grande decoupling tra economia ed andamento dei mercati finanziari. Un fenomeno non nuovo ma che ha assunto tinte clamorose, se non paradossali. Non è difficile, però, spiegare l’apparente follia: il mondo finanziario, a caccia di nuove regole e punti di riferimento, si è affidato alla regìa delle banche centrali che hanno ampiamente sopperito sia alla mancanza di leadership della politica nell’anno elettorale Usa e delle grandi inquietudini europee che ai guasti di mercati (vedi scandali libor ed euribor) che stentano a ritrovare un equilibrio autonomo.
In questa cornice di incertezza, i banchieri centrali hanno non solo dettato le regole del gioco, ma imposto la direzione dei flussi finanziari e steso , quando necessario, le reti di protezione che hanno consentito la tenuta del sistema. Il protagonista assoluto, vista l’improba missione che gli è toccata, è stato senz’altro Mario Draghi, da 13 mesi alla guida della Banca Centrale Europea. Il salvataggio dell’eurozona è senz’altro merito delle sue scelte. In particolare: a) le due aste Ltro (la prima a dicembre 201, la più imponente nel marzo 2012); b) l’intervento alla Lancaster House di Londra, il 25 luglio scorso, in cui sottolineò che “la Bce avrebbe fatto quanto necessario per salvare l’euro”; c) il varo degli Omt, ovvero del meccanismo di salvataggio per i Paesi che, aderendo a specifiche condizioni concordate con Bruxelles, avrebbero chiesto aiuto.
Non meno rilevante il ruolo di Ben Bernanke. Il presidente della Fed, che non tradito incertezze di fronte alle pressioni repubblicane in campagna elettorale, ha garantito alla Borsa ed all’economia Usa (in particolare all’edilizia) la liquidità necessaria per avviare una ripresa lenta ma costante. A dicembre, una volta superato lo scoglio elettorale ( ma non quello del fiscal cliff) la Fed ha accelerato il passo, con una novità rivoluzionaria: la scelta, per la prima volta, di collegare l’immissione di liquidità nel sistema al tasso di disoccupazione. Una scelta che, a suo dire, non comporterà rischi inflattivi perché frutto di elaborazione ponderate secondo la “optimum policy”. In parola povere, alla base delle decisioni delle autorità monetari ci sono pra migliaia e migliaia di simulazioni matematiche attraverso algoritmi che permettono di individuare la strada migliore per centrare l’obiettivo del pieno impiego senza creare tensioni inflazionistiche eccessive. In cifre, secondo quanto afferma Janet Yellen, la vice di Ben Bernanke che potrebbe raccogliere la sua eredità, l’”optimum policy” non prevede aumenti dei tassi (oggi quasi zero) fino al 2016 quando la disoccupazione sarà tornata al 6 per cento circa. L’inflazione, nonostante questa politica di denaro “facile” non dovrebbe superare il 2,25 per cento.
Nel 2012, insomma, i banchieri centrali si sono spinti su terreni nuovi, caccia di soluzioni in grado di rimediare al vuoto della politica. Facile prevedere che si Draghi che Bernanke proseguiranno sulla stessa strada, raggiunti da Mark Carney, già alla guida della Bank of Canada, dalla prossima primavera governatore della Bank of England e presidente del Financial Stability Board. Carney non ha fatto mistero, presentandosi alla City, di non escludere la soluzione dei tassi negativi per i depositi presso la banca centrale, una strada che viene studiata con attenzione anche dalla Bce. Non è detto che sia questa la prossima novità con cui dovranno confrontarsi banchieri, operatori finanziari e uomini di impresa. Ma quel che è sicuro è che anche nel 2013 le banche centrali governeranno i mercati con le “briglie corte”.
Sotto questa regia, comunque, i mercati hanno superato scogli assai insidiosi, Meglio di quanto non potessero prevedere nemmeno i più ottimisti. Vediamo come, a partire da Piazza Affari.
PIAZZA AFFARI
Dopo due anni di pesanti perdite, il 2012 ha visto la Borsa di Milano tornare a una performance positiva. L’indice FtseMib chiude l’anno con un progresso del 7,8% che lenisce appena i dolori del 2011 (-25%) e del 2010 (-13,2%). L’indice si attesta oggi a 16.357 punti, dopo avere toccato un massimo di 17.133 punti il 19 marzo e un minimo a quota 12.362 il 24 luglio.
Un recupero consolante, anche se la capitalizzazione complessiva della Borsa italiana ammonta a soli 364,1 miliardi di euro, pari al 22,5% del Pil, con un incremento modesto rispetto ai minimi rispetto a 333,3 miliardi del 2011 (20,7% del Pil)..
Nonostante la performance in crescita, il mercato azionario italiano continua a soffrire di un malessere profondo, addirittura in via di peggioramento: a) gli scambi sono calati a una media giornaliera di 2 miliardi di euro, dai 2,8 miliardi dell’anno precedente. b) l’unica matricola del 202 del mercato maggiore è stata Brunello Cucinelli, mentre è fallita l’ipo di Sea. Nell’Aim hanno esordito la Compagnia della Ruota, Primi sui motori e Frendy Energia. c) la prossima introduzione della Tobin tax potrebbe dare il colpo di grazia al mercato dei day traders, l’unica eccellenza della piazza finanziaria italiana.
Il titolo azionario più scambiato nel 2012, come peraltro nel 2011, è stato Unicredit , sia per controvalore che in termini di numero di contratti.
Il miglior settore è stato probabilmente quello del lusso. Per più motivi. a) Salvatore Ferragamo +65% vanta la seconda performance assoluta dietro Azimut + 79%; b) Brunello Cucinelli ha esordito con pieno successo; c) nella top te del Ftse Mib figura anche Tod’s+52%.
Le delusioni non mancano: a) Il peggior titolo è stato A2A -39%, seguito da Mediaset -27%, appesantita dal tracollo della raccolta pubblicitaria. In sofferenza anche Telecom Italia -17% che non ha centrato l’obiettivo della cessione di Telecom Italia Media e del parallelo abbassamento del debito a 27,5 miliardi. Intesa ed Unicredit chiudono a -12%, a conferma delle difficoltà del sistema bancario: il roe medio del settore, ha dichiarato il direttore generale dell’Abi Giovanni Sabatini, è sceso all’1,7%, peggio delle previsioni. Aumentano invece i crediti in sofferenza.
Difficile individuare, in questa cornice, l’imprenditore dell’anno. Le novità più rilevanti riguardano il settore assicurativo, atteso a grandi appuntamenti dall’inizio del 2013. A metà mese Mario Greco presenterà a Londra squadra ed obiettivi della nuova Generali. Carlo Cimbri, negli stessi giorni, sarà impegnato a dare esecuzione alla fusione a quattro tra l’ex gruppo Ligresti ed Unipol. Sono loro i protagonisti più attesi.
TITOLI DI STATO
Il Btp è stato di sicuro il grande protagonista del mercato finanziario italiano del 2012 a cui era approdato tra squilli di tromba patriottici (il primo Btp day) e molte inquietudini sulla tenuta della finanza pubblica. Nei 12 avventurosi mesi passati fra downgrade delle agenzie di rating, ipotesi di richieste di aiuto alle istituzioni internazionali e burrascosi vertici a Bruxelles, lo spread si è ridotto da quota 513 all’attuale 317. Le quotazioni del Btp future sono salite del 20% da 91,6 di fine dicembre 2011 a 110,5 di oggi.
Negli stessi 12 mesi le quotazioni del Bund future sono salite del 4,3% da 139 a 145,7.
Da ricordare nelle cronache del 2012 anche il debutto del Btp Italia, primo titolo indicizzato all’inflazione nazionale che ha raccolto in tre tranche oltre 27 miliardi. Risalente a ottobre, in particolare, la terza emissione è stata il più grande collocamento obbligazionario in Europa con oltre 18 miliardi raccolti nei quattro giorni di sottoscrizione sul Mot.
Azionario Europa. Fra le principali Borse europee, la migliore è quella di Francoforte che chiude il 2012 con un rialzo del 29%. Ma se si allarga l’orizzonte a mercati minori, ecco la sorpresa di Atene: la Borsa greca a fine anno vanta una performance di +34%.
Per la Borsa di Parigi il rialzo è del 15,1%, mentre Madrid finisce in calo del 5,2%. Londra chiude l’anno con un progresso del 6,2%, che diventa l’8,3% in euro.
In Europa i settori migliori (indici Stoxx) sono stati l’automotive (+35%), le assicurazioni (+32%), le industrie chimiche (+29%) e le banche (+22%). I risultati peggiori sono del settore tlc (-10,9%) e dei petroliferi (-4,5%).
WALL STREET
L’indice S&P 500 chiude l’anno con un rialzo del 12,7% (+10,6% in euro) a quota 1.406, un livello che lo riporta ai fasti del dicembre 2007, prima dello scoppio della grande crisi finanziaria. Il 14 settembre scorso il principale indice di Wall Street ha segnato il massimo dell’anno a quota 1.465.
Il Nasdaq chiude il 2012 con una performance di tutto rispetto pari a +14,6%, che resta ragguardevole anche in euro (+12,4%).
ASIA
L’indice Nikkei è salito del 22,9%, migliore performance dal 2005. In euro il rialzo è del 7,8%. Fra le altre Borse asiatiche, la migliore è quella indiana: l’indice Bse di Mumbai è salito del 25,8% (+19,5% in euro). Molto bene anche Hong Kong che ha guadagnato il 22,9% (+20,7% in euro), Seul è salita del 9,3% (+16,5% in euro), mentre Shanghai è rimasta al palo con un mini-rialzo dell’1,5% (+0,6% in euro).
PETROLIO E ORO
Le quotazioni del greggio hanno risentito della congiuntura negativa a livello globale con il ricorrente timore di un rallentamento della crescita della Cina. Nel 2012 il Brent è sceso del 2,5% e il Wti ha perso l’11,6%.
La performance annuale dell’oro (in dollari) è un rialzo del 6,1%: assai meno di quanto previsto dai guru che, al solito, spesso non ci hanno preso per niente.
LA TOP TEN ITALIANA :
LE 10 MIGLIORI BLUE CHIP
Azimut +79%
Ferragamo +65%
Diasorin +59%
Prysmian +57%
Buzzi +55%
Finmeccanica +52%
Tod’s +52%
Lottomatica +49%
Impregilo +48%
Banca Pop.Milano +48%
VISTI DAL BASSO
i 10 titoli peggiori
A2A -39%
Mediaset -27%
Telecom Italia -17%
Enel Green Power -12%
Unicredit -12%
MontePaschi -10,8%
Saipem -10,3%
Banca Pop.Emilia -4,2%
Enel +0,2%
Intesa +0,9%