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Oro, non è più solo un bene rifugio dall’inflazione: la vera novità è la caccia al lingotto. Nascono nuovi caveau

Da sempre l’oro è considerato un bene rifugio. E potrebbe esserlo se i dazi di Trump accenderanno l’inflazione. Ma la vera novità è la caccia all’oro fisico e la consegunete costruzione di caveau dedicati. Ecco i perchè

Oro, non è più solo un bene rifugio dall’inflazione: la vera novità è la caccia al lingotto. Nascono nuovi caveau

Certamente l’oro è il bene rifugio per eccellenza. Ma normalmente gli investimenti si fanno “in carta“, in base alle quotazioni. Invece ciò che sta avvenendo è del tutto inusuale: la caccia ora è all’oro fisico.
Le spiegazioni che legano il balzo delle quotazioni del metallo giallo, salito al nuovo picco vicino ai 3.000 dollari l’oncia, ai timori per i dazi di Trump, lasciano insoddisfatta la maggior parte degli analisti.
Può valere se si pensa che un aumento dei dazi potrebbe portare inflazione. Meno probabile che Trump pensi di imporre dazi anche sullo stesso oro.

La consegna fisica di oro è la vera novità

Ma c’è di più rispetto alla sola ricerca del bene rifugio. Il Comex, il più importante mercato dell’oro e dell’argento, ha registrato nell’ultimo mese più 19.000 contratti, futures per delivery cioè consegna immediata dell’oro per un controvalore di 5,5 miliardi di dollari, +450% sullo stesso mese dell’anno scorso. Se è solo per avere un bene rifugio, lo si acquista “su carta” e lo si lascia dov’era per evitare costi del trasporto, della sicurezza, delle assicurazioni.

Le Banche centrali sono le più attive

Le banche centrali sono tra le più attive in questo movimento, per altri motivi. Il recente rafforzamento del dollaro ha fatto sì che si indebolissero le valute dei mercati soprattutto asiatici e quelli dei paesi emergenti. Così le banche centrali di quei paesi si sono “coperte” con riserve di oro nel caso dovessero intervenire a sostegno delle loro valute. Secondo l’organizzazione internazionale di settore, il World gold council, dall’inizio del 2022 le autorità monetarie di Cina, Turchia e India hanno comprato rispettivamente 316, 198 e 95 tonnellate d’oro. Le banche centrali accumulano per lo più oro fisico e si assicurano di averlo a portata di mano. A questi fattori, ora si aggiunge anche l’ultima decisione di Pechino. Per la prima volta, il Governo Cinese questa settimana ha spinto le assicurazioni del Paese ad investire l’1% dei loro asset totali in oro. L’ammontare di questi acquisti potrebbe raggiungere 200 miliardi di yuan, pari a 24,7 miliardi di dollari.

Non solo Banche Centrali

A muoversi, però sono anche le principali banche commerciali. JP Morgan, il principale possessore privato di oro fisico al mondo, ha emesso notifiche di consegna di lingotti contro contratti derivati in scadenza a febbraio negoziati al Comex Exchange di New York per un ammontare di 30 milioni di once troy. Quasi mille tonnellate: più di un terzo delle riserve auree di Bankitalia, quasi i due terzi di quelle della Russia, il doppio di quelle della Banca Centrale Europea, per rendere l’idea. La stessa idea è venuta a Hsbc.

La costruzione di propri caveau per custodire i lingotti

Ma poi tutto questo oro fisico dove lo metto? Una parte, osservano alcuni media, è stata spedita negli Stati Uniti, per preservarlo appunto dagli ipotetici dazi di Trump. Va ricordato che il mercato Usa dell’oro fisico offre un sovrapprezzo rispetto a quello di Londra. E che gli operatori cercano di ottenere vantaggi da questo differenziale.

Ma ciò che più stupisce è che l’accumolo di oro fisico ha spinto alla costruzione di nuovi grandi depositi di stoccaggio. Sta avvenendo negli Usa e ci sono grandi società di fondi a breve termine che stanno finanziando proprio la nascita di nuovi depositi. Ma anche in Europa: alcuni media riportano che Irlanda e Francia stanno costruendo i loro caveau per costudire l’oro fisico in modo protetto. Ma anche Germania e Olanda sono sulla stessa strada. Alla base c’è la paura che l’oro possa rimanere bloccato in un altro paese: ha fatto scuola ciò che è accaduto alla Russia con le sanzioni.

Basilea 3 considera l’investimento in oro fisico a rischio zero

A innescare il cambiamento è stato anche un tassello regolamentare importante del pacchetto di norme sui requisiti patrimoniali delle banche, il Basilea 3: il Net Stable Funding Ratio (Nsfr), introdotto come criterio chiave di stabilità finanziaria che obbliga la “copertura” in bilancio di ogni asset considerato rischioso. Ed è qui che entra in gioco l’oro. L’Autorità bancaria europea (Eba), incaricata della classificazione, ha inserito il metallo giallo nella categoria degli asset più liquidi e dunque meno rischiosi (Tier 1) solo nel caso in cui sia custodito in forma fisica e direttamente riconducibile a un solo proprietario: il cosiddetto oro “allocato”.

In tutti gli altri casi l’oro – così come gli altri metalli preziosi – diventa Tier 3, categoria di asset ad alto rischio, per cui viene imposto un accantonamento pari all’85% del valore, riserva identica a quella richiesta per le azioni di società non quotate. Così con Basilea 3 detenere oro di carta è diventato costoso. I lingotti non allocati, chiamati anche “oro di carta”, sono quelli detenuti nei magazzini del Comex a fronte dei futures, ma ne sono pieni anche i caveau della banche e ciascuno di essi può essere impiegato più volte come collaterale o come sottostante di prodotti finanziari.

Perchè l’oro sale, se salgono anche le borse e i rendimenti dei titoli scendono?

La domanda delle banche centrali, che investono per motivi di sicurezza, contribuisce a spiegare perché la relazione dell’oro con i tassi d’interesse si è interrotta. Di solito quando i rendimenti delle obbligazioni più sicure sono bassi, l’oro tende a salire. Dalla fine del 2021, invece, il prezzo dell’oro è salito anche se i rendimenti reali dei titoli di stato statunitensi a dieci anni sono passati da meno dell’1% all’1,8. L’ultima volta che i rendimenti reali erano così alti, l’oro valeva circa mille dollari l’oncia, quasi due terzi in meno del prezzo attuale. Non solo: l’oro è considerato un bene rifugio quando le borse scendono: invece in questo periodo i listitni azionari macinano sempre nuovi record.

La scommessa è: reggerà il sistema?

Se la tendenza a chiedere oro fisico dovesse rimanere su questi livelli o addirittura crescere, la scommessa è di vedere la tenuta del sistema all’ondata di richieste di riscatti? La Banca centrale del Regno Unito e la City di Londra hanno notato da settimane un aumento considerevole dei ritiri di lingotti e altre forme di oro fisico. Secondo il Financial Times, è di 82 miliardi di dollari il controvalore dell’oro drenato da novembre ad oggi dai forzieri londinesi. Bank of England ha confermato di aver ricevuto una forte domanda di ritiro di oro fisico nelle ultime settimane e che questo ha determinato l’allungamento dei tempi di consegna, data la lungaggine implicita di queste procedure. Ma ha smetito le indiscrezioni secondo le quali l’istituzione avrebbe esaurito le riserve del metallo prezioso. “Abbiamo le seconde maggiori riserve di oro al mondo e il nostro lo stock è sceso di circa un 2%”, ha assicurato il vicegovernatore, Dave Ramsden. Ma chi lavora sui contratti futures lo sa bene: la quantità di contratti futures emessi è molto superiore in quantità a quella dell’oro disponibile, proprio perché nessuno lo ha mai chiesto indietro fisicamente.

Prese di mira anche le monete d’oro dello Zimbabwe

Per la prima volta da quando sono state introdotte, quasi tre anni fa, le monete d’oro dello Zimbabwe sono state vendute a un prezzo superiore ai 3.000 dollari, mentre il prezzo dei lingotti è aumentato vertiginosamente. Le monete d’oro da 22 carati “Mosi-Oa-Tunya”, che prendono il nome dalle Cascate Vittoria, sono state quotate a 3.018,38 dollari, secondo i dati sul sito web della Reserve Bank of Zimbabwe.

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