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Ora legale, il Brasile ci ripensa: la siccità fa esplodere la domanda di energia

FIRSTonline

Rinunciare all’ora legale non sembrerebbe una buona idea in tempi di cambiamenti climatici. Qualche anno fa l’Unione europea lo stava valutando, lasciando la possibilità ad ogni Stato membro di decidere se mantenere l’attuale impostazione, con due orari diversi in due periodi dell’anno, o se optare per l’uno o per l’altro, cioè per l’ora solare – quella in vigore nei mesi invernali – o per l’ora legale, quella che adottiamo nelle stagioni più soleggiate. Poi arrivò la pandemia Covid, le priorità furono ovviamente altre e la proposta finì in qualche cassetto del Parlamento europeo e non se ne fece più nulla.

Ai tempi però altri Paesi nel mondo avevano già deciso di fare quel passo, cioè di passare ad un orario unico tutto l’anno. Uno degli esperimenti più significativi, per superficie e per popolazione, è quello del Brasile, quinto Paese al mondo per estensione e che al suo interno ha ben 4 fusi orari, sebbene la quasi totalità dei suoi oltre 200 milioni di abitanti abbia come riferimento quello della capitale Brasilia.

Ora legale, cosa sta pensando di fare il Brasile

Ecco, il Brasile ha detto addio (o arrivederci?) all’ora legale nel 2019, sotto il governo di Jair Bolsonaro, ma già da un anno si sta interrogando se sia stata davvero una buona idea. Se lo sta chiedendo ancora di più adesso, dato che il Paese sudamericano, in teoria un’area ad alta umidità per via della presenza della più grande foresta pluviale del pianeta, l’Amazzonia, sta invece attraversando in queste settimane la peggiore fase di siccità della sua storia, con temperature di almeno 5 gradi sopra la media, decine di migliaia di incendi sparsi su tutto il territorio, tasso di umidità inferiore a quello del deserto del Sahara, e aria irrespirabile nelle grandi città a causa dei fumi tossici e dell’assenza totale di precipitazioni.

Ora legale, i consumi elettrici in Brasile

Questo quadro climatico allarmante sta inevitabilmente incidendo sui consumi elettrici, visto che il Brasile produce quasi la totalità dell’energia da fonti rinnovabili, in particolare dall’idroelettrico sfruttando i suoi enormi bacini idrografici (la centrale di Itaipù, nell’area delle cascate di Iguaçù, è la terza al mondo per capacità installata). Oggi però tutta quest’acqua non c’è più: l’Amazzonia brucia a ritmi da record e il Rio Madeira, il suo principale affluente, si trova nella peggiore secca della storia e praticamente si è ridotto ad una distesa di sabbia.

Considerando che in inverno (adesso nell’emisfero australe è inverno) il picco dei consumi si verifica verso la fine del pomeriggio, e che ancora non siamo in grado di immagazzinare del tutto l’energia trasformata dalle fonti rinnovabili, il risultato è che con l’ora solare, vale a dire con le giornate “più corte” – cioè con l’illuminazione naturale che inizia prima e finisce prima – nei mesi invernali in quel momento della giornata è già buio e gli impianti solari ed eolici non sono in grado di rispondere all’aumento della domanda.

Questo, per ora, sta solo determinando un rincaro delle bollette, ma a lungo termine, tenendo conto del fatto che i cambiamenti climatici renderanno sempre più frequenti ed estreme queste situazioni, la soluzione migliore potrebbe essere quella di tornare al doppio orario, e cioè di riabilitare l’ora legale nei mesi estivi. Il governo Lula ci sta seriamente pensando, e la decisione che verrà presa potrà fare scuola a livello mondiale: l’ora legale potrebbe rivelarsi una difesa contro il riscaldamento globale e le sue drammatiche conseguenze.

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