Il corbynismo è marxismo?
Il Partito laburista, nato e attivo nel paese culla del capitalismo al quale Carlo Marx si è riferito per costruire la analisi economica del Capitale e quindi la sua dottrina politica, è stato uno dei primi partiti operai a fare il parricidio. Al marxismo il Labour Party, che vanta tra i suoi fondatori Eleanor Marx, ha preferito un socialismo incrementale a trazione sindacale che mira a migliorare le condizioni materiali dei lavoratori piuttosto che a rovesciare i rapporti di produzione dominati dal capitale.
Oggi però, senza che appaia un’iperbole, si può dire quello che non è potuto mai dire: il Labour Party è diventato è marxista. Il merito è di Jeremy Corbyn che potrebbe diventare il primo primo ministro marxista dell’Europa occidentale. Solo un mese fa era dato per spacciato dalla grande stampa progressista, definito un criptocomunista dall’Economist che lo connota come una specie di Trump al contrario. E invece ha riportato il Labour sugli scudi con un risultato elettorale eccezionale. I sondaggisti gli davano 80-90 seggi e ne ha portati a casa 262. Bravo Jeremy!
I giovani adorano Corbyn non tanto per le sue idee politiche, che forse neanche riescono ad afferrare nella loro reale portata, quanto per la sua assoluta coerenza personale e la sua rettitudine. Qualcosa che è andato completamente perduto tra i politici progressisti. I figli di Corbyn hanno frequentato le scuole pubbliche, la famiglia si cura all’interno del sistema sanitario nazionale, viaggia sui mezzi pubblici in seconda classe e, se non ci sono posti a sedere, se ne sta in piedi. Quando hanno portato la Clinton per un giro elettorale nella metropolitana di New York, neppure sapeva dove inserire la Metrocard per superare le barriere ed è dovuto intervenire il suo staff. La Clinton viaggia in limousine, in elicottero e negli aerei privati spesso messi a disposizione dai suoi solidi sponsor. Come fa a parlare di uguaglianza e pensare che la gente ci creda?
Corbyn fa quello che predica e si può star sicuri che metterà in atto quello che promette. E qui sta proprio il problema del Labour, come sottolinea l’articolista di The Economist. Difficile, però, trovare un politico di questa fatta alla guida di un grande partito in qualsiasi parte del mondo.
Marx ha molto da insegnare
Corbyn o non Corbyn, Marx è attuale: le sue analisi del capitalismo, delle disuguaglianze che porta il suo sviluppo, le sue analisi storiche e anche la concezione materialistica della storia hanno dei tratti di straordinaria attualità. Un tema a cui il nostro Giulio Sapelli ha dedicato un lectio magistralis, poi diventato un libro.
Un improbabile riconoscimento dell’attualità di Marx è venuto dall’Economist, il più autorevole pensatoio liberale del nostro tempo. Un articolo della rubrica Bagehot (nella sezione UK) ha questo stupefacente titolo (c’è però un po’ di sottile ironia, tipica della testata londinese): Il Labour ha ragione – Carlo Marx ha un sacco da insegnare ai politici di oggi (Labour is right – Karl Marx has a lot to teach today’s Politicians). Con questo occhiello: “Le parole del cancelliere del governo ombra hanno sollevato sdegno. In realtà Marx diviene giorno dopo giorno sempre più rilevante” (The shadow chancellor’s comment provoked scorn. Yet Marx becomes more relevant by the day). Vediamo cosa scrive l’“Economist”. La traduzione dall’inglese è di John Akwood.
Il ritorno dei rentier
Una regola implicita delle elezioni britanniche vuole che, durante la campagna elettorale, non si tirino in ballo i grandi pensatori. Il 7 maggio 2017 John Mc Donnell, il cancelliere del governo ombra, ha rotto questa regola citando, non un pensatore antico, ma Carlo Marx. Ha infatti dichiarato: “Credo che ci sia un sacco da imparare dalla lettura del Capitale”. Il giorno dopo Jeremy Corbin, il segretario del Labour Party, si è riferito a Marx come “un grande economista”.
L’opinione di destra è andata in sollucchero. Il “Daily Telegraph” ha liquidato McDonnell e Corbyn come i “fratelli Marx”. Il “Daily Mail” ha ricordato ai suoi lettori la tradizione liberticida e sanguinaria del comunismo. David Gauke, un ministro conservatore, ha messo in guarda gli inglesi dal tentativo della “leadership marxista del Labour” di trasformare il Regno Unito in “un esperimento di estrema sinistra”. Ha aggiunto poi che il pensiero di Marx è “assurdo”.
E invece McDonnell ha ragione. C’è un sacco da imparare da Marx. Effettivamente molto di quello che Marx ha detto sembra divenire ogni giorno più rilevante. L’essenza del suo argomento è che la classe capitalista non consiste di creatori di ricchezza ma di sfruttatori (rent seekers) – gente abile nell’espropriare il lavoro altrui e nell’appropriarsene. Marx non dava nessuna importanza al ruolo dell’imprenditoria nella creazione di valore. Misconosceva il ruolo dei manager nel migliorare la produttività. Uno sguardo all’economia britannica conferma che in giro c’è un sacco di gente che ricerca posizioni di rendita. Nel 1980 i boss delle 100 più grandi aziende quotate guadagnavano 25 volte il salario di un loro dipendente. Nel 2016 guadagnano 130 volte di più. I loro lauti salari si accompagnano a pensioni dorate, all’assistenza sanitaria privata e a buonuscite stratosferiche.
Dagli affari alla politica e viceversa: un mix esplosivo
Tutta questa bonanza si giustifica con le leggi del mercato: le società affermano che prendono i manager dal libero mercato e che li pagano in rapporto alle loro prestazioni. In realtà la maggior parte dei CEO proviene dall’interno delle società stesse: sono dirigenti che hanno fatto carriera tra le sue fila piuttosto che come battitori liberi. Tra il 2000 e il 2008 l’indice FTSE è caduto del 30% ma la paga dei boss alla guida delle imprese è cresciuta dell’80%. J.K. Galbraith una volta ha detto che il salario dei capi di una grande società non è proporzionato ai risultati. È spesso il gesto di un generoso riconoscimento a se stessi. Il capitalismo britannico è anche più subdolo: i CEO siedono in molteplici consigli di amministrazione e si impegnano molto a scambiarsi reciprocamente gesti di questo tipo”.
La ricerca della rendita non è meno diffusa nel sistema politico. I politici normalmente fanno cassa grazie alla loro esperienza nella vita pubblica, trasformandosi da guardiacaccia in contrabbandieri quando si ritirano a vita privata, facendo i lobbisti presso le istituzioni che una volta governavano, offrendo consulenza alle società che un tempo controllavano e tenendo delle conferenze patinate per un compenso spropositato. Tony Blair è diventato ricco dopo avere lasciato la vita pubblica ed essere diventato consigliere di banchieri e dittatori del terzo mondo. George Osborne, ex cancelliere dello scacchiere, sta anch’egli facendo cassa: ha accumulato più di 800mila euro lavorando come gestore di fondi per BlackRock un giorno alla settimana. Guadagna centinaia di migliaia di euro tenendo discorsi e dirigendo un quotidiano londinese, The Evening Standard.
Concentrazione e immiserimento: due facce dal capitalismo avanzato
Marx aveva previsto che il capitalismo maturo sarebbe diventato sempre più concentrato. Infatti il numero delle società quotate è sceso nel momento in cui i profitti hanno raggiunto il loro più alto livello. La concentrazione è particolarmente pronunciata nei settori più avanzati dell’economia. Google controlla l’85% del traffico attivato dalle ricerche. Marx aveva anche ragione nel dire che il capitalismo sarebbe stato sempre più dominato dalla finanza, che sarebbe diventata sempre più fuori controllo e prona alle crisi.
E che cosa dire della sua più famosa previsione – che il capitalismo produce inevitabilmente l’immiserimento dei poveri mentre procura profitti per i super ricchi?
Immiserimento è una parola troppo forte per descrivere le condizioni dei poveri in un paese con uno stato sociale e un salario minimo. Eppure molte tendenze sono preoccupanti. Il salario medio è ancora inferiore a quello prima della crisi finanziaria del 2008 e si prevede che non salirà per parecchi anni. L’avvento della economia alla Uber minaccia di tramutare milioni di persone in precari che mangiano solo quello che possono cacciare.
A tutto Marx
Il problema con Marx non è che le sue analisi sono assurde, come sostiene Gauke, ma che la sua cura è peggiore della malattia. E il problema con Corbyn e McDonnell non è che abbiamo imparato qualcosa da Marx, ma che non hanno imparato niente dalla storia degli ultimi cento anni. McDonnell non è solo un fan di Marx, ma anche di Lenin e Trotsky e Corbyn parla di Fidel Castro come di un “campione di giustizia sociale”. Una bozza trafugata del manifesto laburista resuscita programmi politici messi in soffitta, come la nazionalizzazione delle industrie e l’estensione della contrattazione collettiva.
Il partito conservatore ha vinto le elezioni, ma sbaglierebbe a ignorare la lezione di Marx. Come Trostky una volta ha detto: “La dialettica ti può non interessare, ma la dialettica si interessa a te”. La crisi finanziaria mostra che il sistema economico è paurosamente fragile. Il voto per la Brexit mostra che milioni di persone sono profondamente insoddisfatte dello status quo.
Il segreto del sistema politico britannico è sempre stato quello di fare le riforme per prevenire il disordine sociale. Ciò significa fare di più che impegnarsi in azioni sciocche come quello di proporre un prezzo fisso dell’energia come propongono i conservatori (sciocco perché il prezzo fisso uccide gli investimenti e alla fine porta a prezzi più alti). Significa piuttosto prevenire la formazione dei monopoli: le regole dell’antitrust hanno bisogno di essere adeguate a un’epoca in cui l’informazione è la risorsa più preziosa e l’effetto network porta degli enormi vantaggi a chi ne beneficia. Significa mettere fine al racket dei salari dei CEO, dando almeno più potere agli azionisti. Significa pensare seriamente alla precarizzazione del lavoro. E significa chiudere la porta scorrevole tra politica e affari. Il modo migliore per evitare di diventare la prossima vittima di Marx è quello di iniziare a prenderlo seriamente.