L’azienda napoletana Optima Italia spa è una solida multiutility specializzata nell’offerta di servizi integrati di energia e telecomunicazioni con oltre 100mila clienti su tutto il territorio nazionale. Dal 2010 a oggi, ha realizzato un incremento occupazionale dell’87% arrivando a circa 400 unità, tra interni e rete commerciale. Un piccolo esercito di giovani assunti in ogni area aziendale, prevalentemente in quella amministrativa, del marketing e del servizio clienti, con una età media di 29 anni.
Al timone dell’azienda una proprietà e un management altrettanto giovane: il presidente della società è Danilo Caruso, 44 anni, mentre l’amministratore delegato è Alessio Matrone di 37 anni, coadiuvati da una squadra di motivati e qualificati manager dell’IT, esperti di marketing e comunicatori. Un’organizzazione apparentemente non gerarchica ma che si fonda sul principio della responsabilità individuale e di una migliore partecipazione alla community aziendale con livelli di efficienza. La crisi economica impone di risparmiare sempre più sui costi e Optima Italia propone piani tariffari personalizzati per telefonia aziendale, adsl, elettricità e gas. Con una mission precisa: semplificare la vita del cliente, prendere in gestione al 100% la fornitura dei servizi lasciando gli imprenditori liberi di occuparsi solo del core business.
Oggi, i numeri di Optima Italia sono significativi: con una crescita costante in oltre dieci anni, si è giunti ad un fatturato di 150 milioni nel 2013 con una crescita del 27% rispetto all’anno precedente.
Dottor Caruso, come si afferma sul mercato un “prodotto” intangibile?
“Noi siamo una multiutility, offriamo un insieme di forniture che prima di noi erano considerate e gestite solo singolarmente. Nel momento in cui ci siamo proposti al mercato, per avere un vantaggio competitivo sostenibile abbiamo compattato questi servizi, e grazie a un software sviluppato internamente possiamo risalire alla migliore composizione degli stessi per ciascun cliente. In pratica abbiamo realizzato nel campo delle utenze domestiche e aziendali ciò che qualche decennio fa è successo con le vacanze, quando sono nati i villaggi turistici che trasformavano le varie componenti delle ferie in un’unica esperienza completa”.
Quale è il segreto del vostro successo?
“Riuscire a fare il nostro mestiere è difficile, improvvisarlo è impossibile, prevede tantissime competenze per ogni singolo servizio e per ogni unità di prodotto da gestire: per la telefonia mobile, l’energia, il gas, c’è bisogno di una specificità verticale, di un elevato know how che consenta di integrare ogni singola unità di business. Ci abbiamo messo anni a perfezionarci, la nostra ambizione è quella di essere un partner silenzioso, efficiente e semplificante per ogni cliente, per far ciò dedichiamo molte ore di lavoro ai progetti che anticipano le esigenze di chi ci sceglie e che portano innovazione costante”.
In cosa consiste la vostra innovazione?
“È nel nostro approccio, che è quello delle società di consulenza (e non di fornitura servizi ndr). Abbiamo la capacità di diversificare costantemente e di specializzarci nel creare progetti e implementarli sulla clientela. Un altro aspetto fondamentale è quello relativo al software che noi sviluppiamo internamente, con una software-house di trenta persone, in modo tale da essere il più possibile elastici, oltre che autonomi. La nostra offerta è innovativa per definizione, non ha pari sul mercato”.
Come è stato possibile realizzare tutto questo: lei e il suo socio Alessio Matrone, nel 1999, eravate molto giovani. Solo fiuto imprenditoriale?
“C’è il fiuto, il desiderio di diventare grandi e c’è soprattutto una ‘visione’ di grandezza. Io avevo una mamma che mi ripeteva spesso che un poco alla volta si ottiene tutto e aveva una grande capacità organizzativa. Il segreto è proprio questo: con una buona organizzazione aziendale si ottiene molto. Studiavo musica, quando ero ragazzo, e questo mi ha insegnato anche ad avere una grande disciplina”.
In che modo un’azienda di questo tipo cresce sotto il profilo finanziario?
“Attraverso tante piccole regole che abbiamo fatto nostre, a partire dal modello a project: all’università studiavo che le aziende hanno un ciclo di vita destinato a concludersi prima o poi e che in concorrenza perfetta si tende verso l’annullamento del profitto, quindi per superare questi due limiti devi guardare oltre e investire oltre. Un’altra grande lezione viene dalla conversione della Olivetti, il mio primo case study all’Università, che proprio nella consapevolezza di questa ciclicità ha anticipato la naturale “morte” dell’impresa e prima che sopraggiungesse ha attuato una corretta riconversione. Occorre quindi lavorare nella costante ricerca di ciò che potrà essere il futuro e questa è una regola per tutti quelli che mi seguono. Infine, abbiamo scelto un’impostazione per cui le fonti di incasso devono precedere quelle di pagamento, questo ci consente di fare cassa e quindi ci mantiene in quell’autonomia finanziaria necessaria per fare banca. Inoltre, stiamo dialogando con un fondo di investimento meridionale, finanziato da un fondo italiano, che ci accompagni verso una futura quotazione in borsa”.
In un sistema industriale in crisi cosa può fare Optima per sostenere le imprese e come vive, da azienda, la recessione?
“Aiutiamo le aziende facendogli risparmiare tempo e denaro, ma soprattutto consentendo loro di poter pianificare le spese per le utenze, che oggi vuol dire molto. Dal canto nostro la crisi la sentiamo come contrazione del mercato: se nel 2012 si contavano 2milioni e 200mila partite IVA, oggi se ne contano 1milione e 800mila, il mercato si è contratto e il fatturato medio su cliente si è ridotto del 20%. Stiamo comunque crescendo ma meno di quanto potremmo. Avevamo previsto per fine 2013 un fatturato pari a 160milioni di euro, chiuderemo probabilmente con 150milioni. Muoiono anche i fornitori, soprattutto nell’hardware. Altri, come un provider di energia svizzero, non vogliono più lavorare con l’Italia la cui reputazione è sempre più bassa: da noi non ci sono banche con rating “A”, quindi anche se si hanno fidejussioni a garanzia la prudenza allontana gli interlocutori, hanno paura del rischio default”.
Il ruolo dell’Europa?
“Io sono stato sempre piuttosto scettico perché è veramente difficile riunire sotto una unica moneta, le diverse e complesse identità culturali di ciascuna nazione. E’ un processo lungo che richiede centinaia di anni. Noi abbiamo un debito pubblico enorme, una tassazione elevata anche in ragione dell’elevata evasione fiscale, una spesa pubblica incontrollata. Per non parlare delle tasse sul costo del lavoro”.
Cosa si potrebbe fare in ambito istituzionale per aiutare le imprese?
“Ci vogliono capacità decisionale e rapidità, ma le nostre democrazie, al contrario, sono vecchie e impantanate dalla cancrena del garantismo. Inoltre, il 30% del nostro debito è nelle mani degli stranieri i quali hanno deciso che i politici italiani devono essere incapaci, altrimenti utilizzerebbero quel debito come arma a proprio favore. E non sono d’accordo con la vendita del patrimonio pubblico perché bisognerebbe avere la sicurezza di non ricadere in questa situazione di debito. Insomma, se si svende anche l’unico patrimonio di valore che abbiamo, dopo che rimane? Suggerirei un noleggio a lungo termine: delle Alpi, del Colosseo, di Pompei!”.
L’investimento di Optima nel cinema (con la produzione del film d’esordio di PIF “La mafia uccide solo d’estate” che sta riscuotendo grande successo di critica e di pubblico) e nella cultura in generale, come si colloca nella vostra strategia d’azienda?
“Se offriamo servizi e prodotti esclusivamente legati alle esigenze attuali, a un certo punto la nostra crescita finisce. Se il nostro mercato è in contrazione, come facciamo a immaginare Optima nel futuro? L’espansione nei mercati stranieri è soggetta a tempi molto lunghi, mentre la fruizione culturale è immediata ed è potenzialmente illimitata la quantità di cultura che si può consumare nella propria vita. Attraverso l’arte e la cultura si ha una forte visione del mondo!”.