Un piano industriale per forza di cose rivisitato a causa dell’emergenza Covid, ma che comunque conferma gli assi portanti annunciati lo scorso 17 febbraio, proprio poche ore prima – tra l’altro – che Intesa Sanpaolo lanciasse l’Ops, che scatterà lunedì prossimo 6 luglio per concludersi il 28. E’ questo in sintesi l’aggiornamento varato dal Cda di Ubi Banca riguardo alla strategia da qui al 2022, ridisegnata senza attendere l’esito dell’operazione che porterà alla fusione con l’istituto guidato da Carlo Messina. L’utile netto previsto nel 2022 è pari a 562 milioni di euro, contro i 665 del piano originale, con una riduzione di circa 1 punto percentuale di RoTE, ma aumentano i dividendi, che aumentano nel triennio a circa 840 milioni di euro, equivalenti a un ammontare cumulato di oltre 73 centesimi per azione nel periodo. “Una dimostrazione di grande resilienza”, sostiene la banca lombarda, aggiungendo che una delle grandi novità è di internalizzare il 100% di Aviva Vita, che porterà nell’orizzonte di piano ad un rendimento atteso dell’investimento superiore al 10%.
“Gli esiti dell’aggiornamento del piano testimoniano la capacità e velocità di reazione e flessibilità del gruppo e l’importanza di aver preservato riserve di valore generate nei momenti migliori”, scrive una nota di Ubi Banca al termine del Cda. Tra gli elementi di forza dei prossimi anni la banca ha ricordato la tenuta dei proventi operativi (CAGR1 +0,7% incluso il 100% di Aviva Vita) in uno scenario conservativo di evoluzione del PIL nel triennio e di tassi negativi; il controllo degli oneri operativi (CAGR -0,6% includendo tra l’altro gli impatti del nuovo contratto collettivo, incrementati investimenti in nuove tecnologie e l’internalizzazione di Aviva Vita); e il costo del credito a 62 bps nel 2022. “La banca – prosegue il comunicato – ha potuto affrontare la crisi inattesa con una situazione patrimoniale di tutta tranquillità”.
I dati infatti dicono il CET1 ratio è ben superiore al 12,5%, che era il target precedentemente fissato al 2022 e le riserve, grazie all’importante programma di emissioni svolto con successo nel 2019, sono tali da consentire, se necessario, autonomia dai mercati per almeno ulteriori 12 mesi. Ubi Banca sottolinea anche di avere un portafoglio di impieghi in bonis con un basso livello di crediti ad alto rischio (il 2,7% del totale) e ben coperto (55 bps a fine marzo 2020), e un livello di crediti deteriorati lordi significativamente ridotto e pari al 7,5%. Il nuovo piano tuttavia non poteva non tenere conto dell’Ops di Intesa Sanpaolo, e proprio per questo alcune operazioni sono state sospese, come gli accordi di bancassicurazione con Cattolica e Aviva, i tagli del personale (era previsto un saldo negativo di oltre 2.000 dipendenti, con la chiusura di 175 filiali) e la rinegoziazione degli accordi di securities services.
In realtà la riduzione del personale è confermata, ma a seconda di come finirà l’Ops se ne riparla nel 2021, così come sono confermati anche nel nuovo piano gli investimenti tecnologici e il riassetto del comparto immobiliare. Gli investimenti IT cumulati nel triennio sono attesi a 645 milioni, in incremento rispetto a quanto annunciato a febbraio e complessivamente in incremento del 24% rispetto al triennio precedente. Ubi Banca inoltre non intende dire addio e anzi in alcuni casi potenzierà le società prodotto del gruppo (asset management, factoring, leasing, cessione del quinto, IW Bank, bancassurance, nonché la piattaforma di recupero crediti) “per il miglior servizio della clientela e quale ulteriore riserva di valore”.
NO ALL’OPS DI INTESA SANPAOLO: ECCO PERCHE’
Dopo aver rivisitato il piano, Ubi Banca ha anche dato comunicazione dell’esito del Cda riguardo all’Ops di Intesa Sanpaolo. “L’operazione – ha deliberato il board – non era concordata con l’emittente ed è ritenuta non conveniente per gli azionisti”. Ecco i sei motivi elencati da Ubi:
- L’Offerta, non prevedendo un corrispettivo per cassa, pone a carico degli Azionisti di UBI Banca i rischi connessi al raggiungimento degli Obiettivi Strategici dell’Operazione definiti da ISP. Il Corrispettivo – rappresentato da un rapporto di cambio tra Azioni UBI e Azioni ISP – non remunera adeguatamente tali rischi e, inoltre, comporta un’allocazione del valore e delle sinergie molto più favorevole agli attuali azionisti di ISP.
- Il Corrispettivo esprime una valorizzazione di UBI Banca che non riflette il suo reale valore e penalizza gli Azionisti di UBI Banca rispetto agli azionisti di ISP.
- L’Azione UBI presenta elevate potenzialità di crescita di valore, tenendo anche conto delle prospettive di crescita su base stand-alone di UBI Banca rappresentate dai target del Piano Industriale Aggiornato, della sua solidità patrimoniale e della sua posizione di player di rilievo in grado di rivestire un ruolo chiave nel processo di consolidamento nel contesto bancario del Paese.
- La possibilità per l’Offerente di conseguire gli Obiettivi Strategici dell’Operazione è incerta, in quanto condizionata da plurimi e concorrenti fattori, evidenziati dalla stessa ISP nel Documento di Registrazione, tra cui le incertezze circa il perfezionamento della Fusione e dell’operazione di cessione del Ramo Bancario a BPER e dei Rami Assicurativi a UnipolSai ai termini e alle condizioni previsti da ISP.
- Gli Azionisti di UBI Banca che non dovessero aderire all’OPS sarebbero comunque tutelati dai presidi previsti dalla normativa.
- L’Offerta si inserisce in un più ampio disegno strategico, volto a rafforzare la posizione di ISP in Italia attraverso l’eliminazione di un concorrente, senza in realtà modificare il posizionamento europeo di ISP. L’OPS è controproducente anche per gli stakeholder di UBI Banca in quanto consentirebbe a ISP di creare una posizione di leadership dominante in Italia, anomala tra i grandi Paesi europei e potenzialmente dannosa per il tessuto economico e sociale dei territori in cui opera UBI Banca.