.Per avere la rete unica si dovrà attendere almeno la primavera 2025: è il tempo necessario per negoziare l’unione tra la rete di Telecom e quella di Open Fiber. In ogni caso non avverrà prima che la Netco sia passata al consorzio guidato da Kkr. Ieri il consiglio d’amministrazione di Open Fiber – che fa capo per il 60% a Cdp e per il restante 40% al fondo infrastrutturale italiano Macquarie – ha approvato il piano industriale che verrà consegnato alle banche con le quali da mesi si sta discutendo del rifinanziamento dei prestiti, attualmente di 7,2 miliardi, da aumentare di 1-2 miliardi. Oltre al piano le banche aspettano un segnale dal Governo, considerato che Open Fiber è sotto controllo pubblico e che l’aumento di capitale da 500 milioni deliberato quasi due anni fa ancora non è stato eseguito, riporta il Sole24Ore.
Il riequilibrio del Piano: i fondi non sono ancora stati individuati
Open Fiber ha trattative avanzate con il governo, in particolare col Mimit, anche per definire il riequilibrio del piano economico finanziario della concessione relativa alle aree bianche dove l’infrastruttura è di proprietà statale, mentre nelle aree grigie la rete è di chi la costruisce. La richiesta di riequilibrio era stata inoltrata già all’inizio dell’autunno e si era partiti da una cifra di 870 milioni, che poi, secondo il Sole24Ore, è stata ridimensionata nel corso dei negoziati poco sotto gli 800 milioni. In ogni caso i fondi non sono ancora individuati e su questo tema è in programma nei prossimi giorni un incontro con il ministro del Tesoro, Giancarlo Giorgetti.
Aree grigie a rischio Pnrr: difficile rispettare gli impegni in tempo
Intanto Open Fiber dovrà da sola sostenere i progetti su cui si è impegnata: il completamento della rete nelle aree bianche, quelle a fallimento di mercato dove i privati senza incentivi non investirebbero e il lavoro sulle aree grigie, quelle a parziale fallimento di mercato, dove la costruzione della rete in fibra è finanziata coi fondi del Pnrr.
Open Fiber finora ha già ottenuto 540 milioni di anticipo sui fondi Pnrr che riguardano le aree grigie ma la società ha denunciato difficoltà a rispettare gli impegni di copertura nei tempi previsti. Open Fiber si è impegnata a cablare le aree grigie entro giugno 2026 vincendo uno dei due bandi “Italia a 1 Giga” (l’altro è stato aggiudicato a Tim) predisposti dal ministro dell’Innovazione del Governo Draghi, Vittorio Colao.
Ma, effettuata una ricognizione sul campo, la società ha dovuto constatare una situazione molto differente a quella ipotizzata sulla carta: per raggiungere tutti gli edifici compresi nel bando ci vorrebbe almeno un anno in più e 20mila km di rete aggiuntiva rispetto ai 60mila messi nero su bianco nel bando. Openfiber ha illustrato i rischi rispetto al Pnrr in un incontro con il Dipartimento per la Trasformazione Digitale guidato dal Sottosegretario Butti e con Infratel, avvenuto nei giorni scorsi. Una soluzione va trovata, per non perdere i finanziamenti. Un’ipotesi potrebbe essere quella di posticipare la copertura delle strutture più difficili da raggiungere, con la possibilità di compensare, utilizzando altri indirizzi civici precedentemente non identificati. Nelle aree grigie sono anche emersi extracosti per qualche centinaio di milioni dei quali toccherà però a Open Fiber farsi carico per completare i lavori.
Giri di poltrone in casa Open Fiber e Cdp
In questo quadro complesso occorre tener conto anche che in primavera non solo Open Fiber, ma anche il suo principale azionista, la Cdp, saranno alle prese con il rinnovo dei rispettivi consigli di amministrazione. Lo scorso settembre è stato anticipato il cambio della guardia alla guida della società della fibra, con Giuseppe Gola che è subentrato a Mario Rossetti nell’incarico di amministratore delegato.