Sono oltre 250 i comuni cablati da Open Fiber negli ultimi 2 anni, 8,5 milioni le case già servite dalla rete Ftth (Fiber to the home), la fibra ottica ultraveloce che arriva fin dentro alle case e agli uffici. Un risultato che l’amministratore delegato della società, Elisabetta Ripa, rivendica con orgoglio, respingendo al mittente le accuse relative a possibili ritardi nelle aree rurali: “In ritardo di due anni? Bisognerebbe ricordare che Open Fiber ha iniziato i lavori solo nel 2018”.
Nel corso di un’intervista rilasciata al quotidiano La Stampa, la manager parla del presente, di come la pandemia da coronavirus e le conseguenti restrizioni abbiano palesato il bisogno di avere un’infrastruttura adeguata. Rispondendo a una domanda del giornalista Francesco Spini sul post emergenza, Ripa parla di un “mondo più consapevole del valore delle infrastrutture di telecomunicazione e dell’importanza delle semplificazioni per realizzarle. L’emergenza è un corso accelerato di digitalizzazione che contribuirà a una maggiore adozione di servizi evoluti. Dal lavoro alla scuola fino alla sanità”.
Videolezioni, conference call, giochi online. Siamo tutti connessi, sempre, e la rete è sovraccarica. In questo periodo di lockdown, l’aumento in download è del 40%-70% ma quello in upload arriva anche al 300%. Tuttavia anche da questa esperienza è possibile imparare. La fibra ottica Ftth “è meglio posizionata”, spiega Ripa. Il che significa che funziona meglio e garantisce ai cittadini un servizio più efficiente. Le altre invece “sono al limite”. “L’emergenza dimostra come sia necessario sostituire con rapidità le reti in rame per dotare il paese dell’infrasttruttura idonea”, ribadisce la numero uno di Open Fiber che fissa quindi la tabella di marcia: “Completeremo tutte le regioni entro il 2022, ad eccezione di Piemonte, Lombardia e Veneto che saranno completate nel 2023”.
Nel corso dell’intervista a La Stampa, Ripa conferma la causa per danni nei confronti di Telecom Italia e, rispondendo alla domanda sulla possibile nascita della rete unica tra Open Fiber e Tim, afferma: “Ci sono varie teorie. C’è chi dice che per accelerare gli investimenti la competizione sia lo strumento migliore. Per evitare duplicazioni c’è la strada delle collaborazioni e del coinvestimento”.
Infine, sulla eventuale rete unica sotto il cappello di Tim, la Ceo Open Fiber lascia pochi dubbi su quale sia la sua opinione: “L’operatore verticalmente integrato non è il nostro modello di riferimento e non è compatibile con la regolamentazione e gli orientamenti normativi vigenti. Quello che conta oggi è investire nelle infrastrutture digitali, anche per sostenere la ripresa e l’occupazione. Questo mi interessa: nel 2018 siamo partiti con 5 mila lavoratori, quest’anno abbiamo toccato picchi di 14.000″.