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Open Fiber e Fibercop in pieno derby: sgambetti e reazioni a catena. Chi ci rimette? La cablatura in fibra ottica del Paese

Imagoeconomica

Siamo in pieno, assurdo, derby delle cablature. Da una parte del campo Fibercop, la ex rete Tim ceduta a Kkr e al Tesoro, sull’altra metàcampo Open Fiber, 60% Cdp e 40% Macquarie. In palio c’è la cablatura in fibra ottica del Paese.

I due operatori si sono messi in competizione, creando problemi a catena per tutti. Fibercop, secondo quanto riporta Repubblica ha messo in campo una manovra di disturbo a danno del concorrente con la richiesta nella consultazione pubblica di 40 mila numeri civici, mentre Open Fiber li aveva messi nel suo piano, in sostituzione di altrettanti numeri sparsi sul territorio e più difficili e costosi da raggiungere.

Prima conseguenza negativa: a rischio il finanziamento da 1,1 miliardi

Se davvero si avverasse questo sgambetto, Fibercop renderebbe più difficile per Open Fiber la realizzazione del suo piano e soprattutto la chiusura del nuovo finanziamento con le banche da 1,1 miliardi per fine novembre.

I problemi a catena: dal governo, agli altri azionisti

Se non si chiudesse, sarebbe un bel problema anche per il governo che non può certo accollarsi il fallimento di Open Fiber. Inoltre la mossa di Fibercop solleverebbe anche il tema dei rapporti tra i suoi azionisti: Kkr e alleati da una parte (con il 65% e la gestione operativa), il Mef e il fondo F2i dall’altra (con il 25-26% e poteri su operazioni straordinarie e golden power). I rapporti non sembrano buoni tanto che il Mef avrebbe già scritto una lettera di fuoco al fondo Usa perché non consultato su una serie di argomenti, riporta Repubblica. Il Mef ha un interesse economico più grande dalla parte di Open Fiber, dove controlla il 60% attraverso la Cdp, piuttosto che in Fibercop.

E poi la Cdp ha anche il 10% di Tim che in caso di fusione tra Fibercop e Open Fiber entro 30 mesi dal luglio scorso può incassare un premio aggiuntivo da 2,8 miliardi. Ma al momento in Fibercop prevale l’interesse di Kkr che è intenzionato a mandare alla deriva il concorrente OpenFiber per fare una fusione a valori minimi o anche non farla entro i 30 mesi ma solo successivamente.

A proposito dell’ipotesi di fusione tra i due operatori, stamani in un’intervista a Milano Finanza, Luigi Ferraris, dal primo luglio Ceo di Fibercop ha detto che “decideranno gli azionisti. Noi per ora facciamo il nostro lavoro senza ostacolare nessuno”.

Come stanno andando i lavori appaltati ai due operatori

Secondo Infratel, (Infrastrutture e Telecomunicazioni per l’Italia), la società pubblica italiana che opera nel settore delle telecomunicazioni per il ministero dello Sviluppo economico, il piano Italia 1 Giga di cablatura nelle aree grigie, appaltato quasi in parti uguali ai due operatori, va avanti molto a rilento. Solo il 29% dei numeri civici sono stati passati alla fibra e di questo passo si rischia di non arrivare al traguardo entro giugno 2026, data stabilita per accedere ai 3,6 miliardi messi a disposizione dal Pnrr, di cui il 30% già anticipato. E se il governo a un certo punto valutasse che Open Fiber e Fibercop non fossero in grado di arrivare all’obiettivo predefinito potrebbe far scendere in campo la Starlink di Elon Musk. Con i suoi 6000 satelliti a bassa orbita può offrire velocemente connettività a banda larga soprattutto nelle aree a minore densità del Paese. Ma in quel caso occorrerebbe rivedere il bando del Pnrr.

Open Fiber pronta a partire con le vecchie linee di credito

Intanto in Open Fiber sono pronti a partire, con il miliardo delle vecchie linee di credito già sbloccato con le banche, per coprire i 56 mila numeri civici adiacenti sui 96 mila già a consultazione. E poi aspettano un via libera da governo e Ue agli altri 120 mila che non hanno messo a consultazione perché presenti a una distanza inferiore di 50 metri da quelli già mappati. Mentre è sempre in dirittura d’arrivo il via libera del Nars (Cipes) per altri 800 milioni aggiuntivi di soldi pubblici per coprire le aree bianche, richiesti per gli aumenti da inflazione. Se tutti i tasselli andranno al loro posto, entro un mese Open Fiber potrebbe ottenere gli altri 2 miliardi dalle banche (55%) e dai soci (45%) per cercare di concludere il piano in tempo.

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