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Open Fiber, Cdp e Macquarie divisi su ricapitalizzazione: il Cda decisivo per il futuro della rete ultraveloce

Imagoeconomica

Open Fiber, la compagnia che porta la fibra ottica nelle case italiane per l’internet ultraveloce, si trova a un bivio cruciale. I soci principali – Cdp, che controlla il 60% attraverso Cdp Equity, e il fondo australiano Macquarie, con il restante 40% – sono chiamati a decidere come rimpinguare le casse della società. La cifra in ballo è di circa un miliardo di euro, una somma che consentirebbe anche di attivare nuovi prestiti da parte di un consorzio bancario, necessari per proseguire lo sviluppo della rete a banda larga, in particolare nelle aree “bianche” e “grigie” del Paese, quelle con minori ritorni economici.

La questione è diventata urgente dopo l’accordo dello scorso giugno tra i soci e le banche per un finanziamento complessivo di 3,2 miliardi di euro, destinati a sostenere il nuovo piano industriale di Open Fiber, divisi in prestito ponte (1,2 miliardi) e prestito a lungo termine (circa 2 miliardi, divisi tra banche e soci con una ripartizione di 55% per le banche e 45% per i soci).

Open Fiber: ricapitalizzazione decisiva per evitare la ristrutturazione

A fine giugno, la compagnia aveva già ricevuto 875 milioni di euro in prestiti bancari e 375 milioni dai soci. L’importo restante dovrà essere coperto dal nuovo intervento di capitale da parte dei soci, con una cifra complessiva di 900 milioni di euro. Di questa somma, una parte dovrà essere coperta dai soci stessi: Cdp contribuirà con circa 500 milioni, mentre Macquarie con 400 milioni. Se tutto va secondo i piani, questa iniezione di capitale garantirà la sopravvivenza finanziaria della società fino ai primi mesi del 2025.

Le difficoltà, tuttavia, non finiscono qui. Le banche che hanno finanziato Open Fiber (con un’esposizione di oltre 6 miliardi di euro) avevano minacciato una procedura di ristrutturazione se la società non avesse ricapitalizzato prima del 10 dicembre. Fortunatamente, secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore, questo scenario sia stato evitato, grazie alla riunione di Cdp fissata per il 6 dicembre, che dovrebbe dare il via libera all’iniezione di capitale come garanzia per un prestito aggiuntivo da 1,1 miliardi di euro, con scadenza nel 2029.

Open Fiber: incertezze sul versamento dei fondi

Le modalità di versamento di questi fondi, però, restano ancora un punto di incertezza. Macquarie ha già messo sul piatto 420 milioni di euro, ma con una condizione: l’intervento sarà subordinato alla definizione delle aree da coprire con la fibra nelle zone grigie, una questione che dipende dall’approvazione della Commissione europea.

Cdp, dal canto suo, vorrebbe procedere immediatamente con un aumento di capitale per chiudere il finanziamento con le banche entro la fine dell’anno. Inoltre, il governo italiano ha già previsto nella Legge di Bilancio 660 milioni di euro di contributi aggiuntivi per le aree bianche.

Open Fiber: aumento di capitale o prestito ponte?

Se la Cassa decidesse di procedere con un aumento di capitale di 630 milioni di euro, la quota di Macquarie verrebbe diluita, rafforzando la posizione di Cdp nel controllo della società. Questo scenario potrebbe creare tensioni tra i soci, considerando anche che una fusione tra Open Fiber e FiberCop (la rete fissa ex Tim) è ancora sul tavolo. Il governo italiano ha confermato il suo interesse per un progetto di rete unica, il che potrebbe ulteriormente complicare le dinamiche tra Cdp e Macquarie.

Un’alternativa alla ricapitalizzazione diretta potrebbe essere un prestito ponte, che garantirebbe liquidità immediata senza modificare la struttura del capitale, dando più tempo per risolvere questioni come la definizione delle aree grigie da coprire con la fibra. Tuttavia, anche questa opzione dipende dall’accordo con le banche, che devono finanziare il prestito e negoziare i termini.

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