Una legge per regolamentare il rapporto di lavoro tra i parlamentari – deputati e senatori – e i loro collaboratori. Il motivo di questo intervento legislativo, di cui si sta occupando la commissione Lavoro di Montecitorio?
Intanto – come ha spiegato la relatrice, Monica Gregori, del Pd – perchè sia a livello comunitario, sia a livello degli altri Stati europei, il nostro Paese risulta particolarmente indietro rispetto ad una disciplina complessiva che regola i rapporti di lavoro tra i parlamentari e i loro collaboratori. Ma non solo. Una necessità anche “per eliminare alcuni elementi di discrezionalità esistenti in questa tipologia di rapporti di lavoro, che troppe volte hanno finito per sfavorire la parte contraente più debole, con il rischio di creare vere e proprie sacche di illegalità anche nel Parlamento”, ha rimarcato la deputata del pd.
In sintesi, si prevede innanzitutto che il rapporto è di carattere fiduciario, ha una durata commisurata a quella della legislatura e, salvo diverso accordo delle parti, può essere rinnovato. Il rapporto di lavoro si instaura unicamente fra parlamentare e collaboratore, con esclusione di qualsiasi rapporto lavorativo tra quest’ultimo e le amministrazioni delle Camere, mentre le relative controversie sono devolute al giudice ordinario.
Per quanto concerne gli aspetti economici, la proposta di legge prevede che gli Uffici di presidenza definiscano le modalità del pagamento diretto della retribuzione dei collaboratori e dell’assolvimento dei relativi oneri fiscali e previdenziali da parte dell’Amministrazione. La retribuzione del collaboratore non può essere inferiore ai minimi definiti dai contratti o dalla legge o ad un equo compenso. Ciascun parlamentare può stipulare contratti con uno o più collaboratori nei limiti delle somme destinate a tali finalità dagli Uffici di Presidenza. Nel caso in cui il contratto di collaborazione non venga stipulato con il coniuge o parenti o affini entro il secondo grado, nessun onere retributivo o contributivo può essere a carico della Camera di appartenenza.
C’è una ulteriore motivazione tecnica nell’affrontare con legge questo tipo di rapporto di lavoro. E’ sempre la relatrice, on. Gregori, a spiegarlo: “l’intervento con legge si rende comunque necessario al fine di prevedere deroghe alla disciplina civilistica. In particolare, solo con legge può essere introdotta una nuova fattispecie di recesso ad nutum (ossia il libero recesso delle parti, ndr) e può essere previsto che la titolarità del rapporto di lavoro resti in capo al parlamentare, con la conseguenza che eventuali controversie sono devolute al giudice ordinario e non alla giurisdizione domestica, anche nel caso in cui la retribuzione al collaboratore sia versata dalla Camera di appartenenza”.