E’ iniziata tra le polemiche la convenzione quadro sul tabacco dell’Organizzazione mondiale della Sanità, che si tiene a Nuova Delhi fino al 12 novembre. Non è la prima volta che le conferenze dell’Oms si tengono a porte chiuse, ma questa volta i giornalisti sono stati fisicamente allontanati, anche con le cattive: a testimoniarlo è un video diffuso da alcuni media statunitensi, secondo i quali a Drew Johnson, inviato del Daily Caller, è stato persino sottratto il tesserino da giornalista.
Alla tensione con la stampa va poi aggiunta la protesta di circa 500 agricoltori nel settore del tabacco, provenienti da diversi Paesi, ai quali è stato negato l’accesso alla conferenza. Alcuni di loro sono anche stati arrestati. Le preoccupazioni, nel loro caso, riguardano l’atteggiamento sempre più oltranzista dell’Oms nei confronti del tabacco, che potrebbe penalizzare la filiera produttiva in quanto mette in discussione anche i nuovi prodotti (comprese le sigarette elettroniche e i prodotti alternativi che contengono tabacco), senza tenere conto del principio della riduzione del rischio condiviso e sostenuto da gran parte del mondo scientifico.
La FCTC, che sta per Framework Convention on Tobacco Control, è il primo trattato internazionale sulla salute pubblica: entrata in vigore nel 2005, coinvolge oltre 180 Paesi, tra cui quelli l’Unione europea. Giunta alla settima edizione, la convenzione ha lo scopo di ridurre l’uso del tabacco e incoraggiare la dissuasione dal fumo. Un obiettivo importante, poichè il fumo è la seconda causa di morte al mondo (tra quelle evitabili) e nel 2020 secondo le stime i fumatori nel mondo raggiungeranno il miliardo, ma che secondo molti addetti ai lavori viene perseguito nel modo sbagliato e meno partecipativo possibile: alla conferenza infatti possono chiedere di intervenire anche le Ong legate al settore, ma l’FCTC può riservarsi il diritto di accettare o meno la richiesta. In Italia ad esempio si è vista respingere la richiesta di partecipazione anche la Lega Italiana Anti Fumo (LIAF), insieme ad altre 11 Ong a livello mondiale.
Le proteste di questi giorni sono comunque solo l’ultimo episodio di una polemica che continua a coinvolgere l’Oms, accusata di escludere dai propri lavori sia Paesi (come avvenuto per alcuni Paesi africani tra cui Kenya, Rwanda, Uganda e Tanzania), sia associazioni no-profit e di tenere rapporti privilegiati con alcuni Paesi non certo campioni di democrazia. E’ infatti indubbio che le ultime mete scelte per gli incontri sono state Turchia, Russia – due volte – e, giusto lo scorso aprile, Turkmenistan, Paesi rispettivamente numero 151, 148 e 178 (su un totale di 180) della classifica sulla libertà di stampa realizzata dal movimento Giornalisti senza frontiere. In attesa di scoprire cosa emergerà dai lavori, pare evidente che la stampa e la trasparenza non sono gradite all’Organizzazione mondiale della Sanità.