Le origini sono antiche: il castello faceva parte di una rete difensiva a protezione di Todi nel XIII secolo, ma le sue origini sono molto più remote la presenza sul luogo che lo ospita di una “gens Petreja” racconta anche della sua esistenza già nell’Antica Roma, come “Castrum” del potente “municipium” di “Tuder”.
In un censimento del 1290 il Castello di Petroro, posizionato lungo una delle principali arterie che si dipanava da via Flaminia, contava ben 60 famiglie e circa 300 abitanti ed era l’unico punto fortificato del plebato di Santa Maria di Due Santi, destinato a proteggere le vicine ville. Inserito in un contesto di rilevanza artistico-religiosa, per la grande presenza di luoghi sacri, con le Chiese romaniche di San Epimaco e Gordiano, San Salvatore, Santa Maria, San Martino e Sant’Antimo, Petroro serviva anche come ricovero per i pellegrini. Il luogo, inoltre, è collocato su una delle vie gerosolimitane, come testimonia la presenza dell’Ospedale dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme. Teatro di storia nel bene e nel male,
il Castello Petroro nel 1499, al tempo della Todi dei Guelfi, fu teatro di uno spaventoso eccidio, allorché vi si rifugiarono i seguaci del ghibellino Altobello Chiaravalle braccato dalle truppe di Cesare Borgia, degli Orsini, dei Vitelli di Città di Castello e di Ludovico degli Atti da Todi.
Storie passate. Oggi Castel Petroro dopo un restauro durato anni, ospita una Country house di charme tra gli oliveti e i sapori dell’Umbria che si estende su tutta l’area del borgo medievale, di raffinata e austera bellezza
Una grande macina sulla piazza interna testimonia la presenza di un antico molino da olio accanto al quale sorgeva il forno pubblico, entrambi attestati nel Brogliardo catastale del 1852. Oggi su quella piazza si apre la “Locanda Petreja”, un raffinato ristorante che segna l’apertura di un nuovo interessante capitolo nella intensa storia gastronomica di Oliver Glowig, già due stelle Michelin, tedesco di nome ma italiano prima per amore di una donna presto diventata sua moglie, poi per amore della nostra cucina poi per adozione elettiva da 25 anni a questa parte.
Innamorato dei sapori mediterranei nel suo approdo al Capri Palace di Anacapri e all’Aldovrandi di Roma, dove conquista due stelle Michelin in soli sette mesi di lavoro, di quelli dell’entroterra laziale riscoperti durante la sua permanenza al Poggio Le Volpi a Monte Porzio Catone, ora il grande chef si immerge nei sapori e nella tradizione gastronomica umbra creando emozioni tra terra e mare ovviamente rielaborate in una dimensione di forte innovazione nel gioco della sua fantasia inesauribile.
I suoi menù sposano l’assoluta qualità delle materie prime, trattate con sapienza e tecnica e con un tocco di creatività. Per gli Antipasti vengono utilizzati prodotti della terra semplici come “cotto e crudo di frutta e verdura”, un piatto a cui lo Chef è molto legato e che lo segue da almeno dieci anni. Siamo nell’Umbria dei tartufi e Glowig impreziosisce l’uovo che viene servito in una croccante panatura che dà vita a un divertente gioco di consistenze nel piatto “uovo croccante con piselli, kumquat candito e tartufo di Norcia”.
La sua passione per il recupero di materie prime sconosciute ai più lo ha portato a elaborare un primo piatto intrigante la “pasta mista con cozze, roveja, pomodori canditi e rosmarino fritto”. La roveja, un antico legume tipico di Cascia ai più noto come pisello dei campi, oggi presidio slow food, viene esaltato per le sue note speziate e la decisa personalità divenendo protagonista di un piatto nel quale gioca un ruolo il ricordo dell’influenza campana in una pasta che propone insieme cozze e legumi.
Forza carattere si manifestano anche nei Secondi dove le carni dal sapore intenso sono tutte rigorosamente locali. L’incontro con un allevatore di “cinta senese” e la visita al suo allevamento, la passione di quest’ultimo per i suoi animali stregano Chef Glowig che realizza una insolita ricetta: “Porco cinturello orvietano con polenta di farro spezzato, asparagi, gelatina di limone lavanda e peperoncino e salsa ai grani di senape”, qui anche le parti meno nobili trovano la loro giusta espressione accostandosi a una polenta di farro spezzato e accompagnandosi con una gelatina di limone, lavanda e peperoncino che con note acide, fresche e piccanti spezza e stempera rendendola solo apparente la grassezza del piatto.
La primavera viene celebrata con “agnello, agretti e ravanelli”, in un rincorrersi di sapori apparentemente semplici dove la mineralità degli agretti bilancia con decisione il sapore caratteristico dell’agnello. Infine, i Dessert, anch’essi specchio e celebrazione del territorio. L’immancabile cioccolato si anima nel “Bacio, semifreddo di cioccolato al latte e nocciole” ispirato al classico cioccolatino, nella forma e nel sapore, mentre le celebri lenticchie umbre sono proposte nell’insolita veste di “Gelato di lenticchie con cremoso al cioccolato bianco acido, rabarbaro e fragole”.
A coadiuvare in sala il lavoro di Oliver Glowig sarà il maitre Claudio Carletti, che vanta 23 anni di carriera nell’alta ristorazione, in particolare nella gestione della sala, da La Pergola di Roma al fianco di Heinz Beck (presente nel 2015 per la conquista della terza stella Michelin) all’hotel ristorante Villa Crespi – 2 stelle Michelin – con Antonino Cannavacciuolo
I progetti di Oliver Glowig vanno comunque oltre il ristorante. Nella Country House, appena sarà consentito dalla normativa vigente, si terranno cooking class, dedicate ai lievitati e alla pasta fresca in un contesto particolare attorno al forno, dove nei secoli passati i castellani cuocevano il pane. Il tutto all’insegna di una filosofia del nuovo progetto che punta a valorizzare e condividere sempre di più la bellezza di questa terra, facendone ammirare le radici ed apprezzarne i prodotti.