Quello olivicolo-oleario è storicamente uno dei settori di punta della produzione agroalimentare italiana. Tuttavia, negli ultimi anni, gli operatori riscontrano una perdita di redditività dovuto al decremento produttivo ed agli alti costi. Sulla base dei dati Coi (Consiglio oleicolo internazionale), la produzione di olio d’oliva nel Belpaese è, infatti, in calo strutturale: negli ultimi anni quella media è stata di circa 330 mila tonnellate contro le oltre 500 mila del triennio 2010-2012.
Olio: la produzione in Italia è in calo
Stando alle ultime stime, il Belpaese ha chiuso il 2024 con circa 224mila tonnellate di olio di oliva (-32%). Nel resto dei Paesi produttori ed in particolare nel bacino del Mediterraneo, invece, l’andamento è positivo e la produzione globale sarà maggiore del 30% e del 12% rispetto alla media degli ultimi cinque anni.
Nonostante le sfide degli ultimi anni, l’export Made in Italy ha registrato una crescita in valore. Secondo il recente studio di Nomisma, l’export italiano di olio d’oliva ha superato i 3 miliardi di euro nel 2024, segnando un aumento del 45% rispetto al 2023. Questo incremento è stato trainato sia dalla crescita della domanda internazionale, sia dall’aumento dei prezzi medi.
Olio, quali i problemi?
Tuttavia, la capacità produttiva della filiera olivicola-olearia italiana nel corso degli ultimi anni è stata limitata da ripetuti episodi critici. In particolare, si sono ampiamente diffuse varietà di insetti alloctoni di cui non si conoscono pienamente le modalità d’interazione e d’impatto con l’olivicoltura, sono venuti a mancare prodotti fitosanitari ampiamente collaudati, efficaci e dai costi contenuti e sono fortemente aumentati i costi per le materie prime (concimi, fitosanitari, imballaggi) e dell’energia (carburante, energia elettrica).
Olio, da dove arriva?
A livello globale, la produzione di olio d’oliva è dominata dalla Spagna, che detiene circa il 28% del mercato globale. Su 3.353 mila tonnellate di olio prodotte a livello mondiale 1.952 mila tonnellate sono europee, ma 1.401 mila tonnellate sono extra europee, frutto di importanti investimenti:
• la Tunisia punta a diventare leader nella commercializzazione mondiale e a tal fine ha intercettato importanti finanziamenti stranieri che hanno favorito l’incremento della produzione;
• l’Egitto è leader nella produzione di olive da mensa, con risultati importanti tali da scalzare la Spagna dal primo posto al mondo nella produzione di questa tipologia di olive;
• in Turchia negli ultimi 15 anni il numero degli alberi è raddoppiato, con nuovi impianti, arrivando a 200 milioni di olivi.
E mentre il consumo cresce nei Paesi extra-Ue, in Italia si registra una flessione nei consumi interni, un trend già osservato negli ultimi vent’anni. Le esportazioni di olio extravergine d’oliva (Evo) italiano raggiungono oltre 160 Paesi, ma il 65% del valore delle vendite è concentrato in cinque mercati principali:
• Usa (32% dell’export totale)
• Germania (15,5%)
• Francia (7,9%)
• Giappone (5,3%)
• Canada (4,7%)
Inoltre, il settore deve affrontare diverse sfide, tra cui:
• l’aumento dei costi di produzione, dove i rincari energetici e logistici hanno reso l’olio italiano meno competitivo rispetto ai prodotti spagnoli e greci;
• tensioni commerciali, con possibili dazi sulle importazioni di olio d’oliva negli Usa.
Olio, il piano del governo
Il governo italiano ha annunciato l’emanazione di un Piano olivicolo che vedrà per il 2025 l’attivazione di un Tavolo specifico di lavoro, con l’obiettivo di sostenere innovazione e produttività. È richiamato, inoltre, il bisogno di attivare specifiche campagne informative ed educative sulle peculiarità dell’olio d’oliva italiano ed avviare percorsi di consumo guidato nella ristorazione e nei canali di distribuzione organizzata. Una maggiore consapevolezza della qualità del prodotto italiano sarà una leva importante per rafforzare il comparto. Investire in diversificazione dei mercati e innovazione sarà poi fondamentale per garantirne un futuro solido.