Trentadue anni dopo Los Angeles ’84, l’atletica russa non parteciperà alle Olimpiadi estive. Per la verità in quell’occasione, per via del boicottaggio, l’intera delegazione sovietica disertò i Giochi, mentre questa volta la decisione, imposta dalla Iaaf, la Federazione internazionale di atletica leggera, e ribadita ieri dalla sentenza del Tas, vale appunto solo per le discipline dell’atletica, ovvero per 68 atleti. Almeno per il momento, visto che il Cio sta valutando l’esclusione della Russia da tutti gli sport olimpici di Rio 2016.
Intanto è certo che il Tribunale arbitrale dello sport ha respinto con decisione definitiva l’appello presentato dai 68 atleti russi confermando la decisione presa dalla Iaaf lo scorso 17 giugno. Il gruppo chiedeva di andare ai Giochi sulla base del principio di responsabilità soggettiva, mentre il Tribunale di Losanna ha ribadito la correttezza della decisione della Federazione internazionale di atletica leggera che aveva fermato in blocco l’atletica di Mosca dopo la diffusione del primo report dell’Agenzia mondiale antidoping (Wada), che interessava in un primo momento soprattutto i marciatori, dominatori dell’edizione di Londra 2012.
Il rapporto della Wada, diffuso lunedì, ha infatti qualificato “oltre ogni ragionevole dubbio” quello russo come “doping di Stato”, organizzato ai massimi livelli e impostato per insabbiare oltre 300 casi di positività in più di venti discipline. E quanto stabilito ieri dal Tas di Losanna – ovvero che non basta il principio di responsabilità soggettiva per riammettere gli atleti – sembra destinato a influire sulla decisione del Comitato olimpico presieduto da Thomas Bach. Tant’è vero che il Cremlino grida già al complotto: “Mi dispiace certamente per tale decisione relativa a tutti i nostri atleti”, ha detto il portavoce Dmitry Peskov in una conference call con i giornalisti. “Il principio della responsabilità collettiva è difficilmente accettabile, la Iaaf è completamente corrotta, lo scandalo doping è iniziato da loro”, ha poi attaccato il ministro dello Sport Vitaly Mutko.
Le uniche due atlete in gara a Rio, sotto le insegne della Iaaf, saranno Yulia Stepanova, grande accusatrice del sistema di Stato a cui è stato concesso un pass per la sua collaborazione, e Darya Klischina, lunghista che vive e si allena negli Stati Uniti. Resta fuori invece, tra gli altri, la pluricampionessa di salto con l’asta Yelena Isinbayeva che ha così commentato all’agenzia di stampa Tass: “E’ il funerale dell’atletica leggera”. Ora per le altre nazioni si apre una caccia alla medaglia insperata: secondo stime e pronostici, con l’esclusione degli atleti russi rientrano in gioco ben 63 medaglie, di cui una ventina d’oro.