I velisti ormai ci sono abituati e non si meravigliano più di tanto: di Olimpiade in Olimpiade, la barca che hanno sotto i piedi e con cui si trovano a regatare per contendersi una medaglia non è sempre la stessa. A decidere le sorti di questa o quella imbarcazione è l’ISAF (International Sailing Federation), una sorta di federvela mondiale che impone, dopo attente analisi di concerto con gli organi nazionali, le regole e i vincoli per la costruzione e all’allestimento di natanti a vela destinati a competere durante le Olimpiadi.
In passato, le variazioni di classe hanno riguardato le derive, le barche a chiglia, i multiscafi e anche lo stesso windsurf, ma ogni volta, si è trattato, al massimo, di piccoli accorgimenti che modificavano sì i modelli, ma senza mai arrivare a cambiare radicalmente la disciplina. Così sono state archiviate e non più ammesse alle Olimpiadi, classi gloriose come il Flying Dutchman, l’Europa, il Soling, il Dragon o il Tornado. Ci sono poi classi che hanno partecipato ai Giochi per pochissimi anni, come il Tempest, il 5,5 metri o l’impronunciabile Yngling. Nella sua breve storia alle Olimpiadi, iniziata nel 1984 a Los Angeles, il windsurf ha già cambiato cinque classi (windglider, II divisione IYRU, Lechner A-390, Mistral e l’attuale RS:X).
Il 5 maggio di quest’anno l’ISAF, riunito a Stresa per il Mid year meeting ha preso una decisione storica nell’ambito della classe windsurf. Un cambiamento davvero radicale che nessuno si aspettava: il kitesurf al posto del windsurf a partire da Rio de Janeiro 2016. Per capire che cosa significa passare da una disciplina come la tavola a vela a quello che, fino a pochi anni fa, era uno sport per pochi pazzi da praticare lontano dalle spiagge affollate, basta confrontare l’attrezzatura: un aquilone al posto di una vela, pinnette al posto della deriva, una barra al posto del boma, niente albero, ma una struttura gonfiabile che non deve mai cadere in acqua.
Finora la classe olimpica non aveva mai rispecchiato il vero windsurf, quello del momento, quello praticato da tutti e anzi, il pubblico si era sempre lamentato di non poter vedere in acqua miti viventi come Robby Naish o Bjorn Dunkerback stupire tutti con le loro evoluzioni sulle onde e in aria. Venti leggeri e campi di regata troppo spesso inadeguati alle caratteristiche del windsurf avevano dato vita ad una disciplina olimpica che mai ha trovato punti di contatto con quello che nei weekend si poteva trovare sulle spiagge di tutto il pianeta.
Forse proprio per recuperare questo gap tra mondo reale e mondo a cinque cerchi, l’ISAF ha strafatto e ha seguito la moda. Si perchè non esiste nessun altro sport al mondo con un tasso di nuovi praticanti che cresce così velocemente. Ogni estate, i giovani che si iscrivono ad un corso di kite, sono sempre di più, mentre il windsurf sta perdendo piano piano il suo fascino.
Alessandra Sensini, oro olimpico di Sidney e argento a Pechino proprio nel windsurf, a Londra parteciperà alla sua sesta Olimpiade. Il suo parere in merito alla decisione dell’ISAF è chiaro: “E’ una decisione che mi rattrista profondamente e mi lascia perplessa – riporta la Federvela – anche perché il Windsurf e il Kitesurf sono discipline completamente diverse e non trovo giusto che una sostituisca l’altra. Dal suo debutto nel 1984 il settore ha avuto modo di svilupparsi e sono stati fatti forti investimenti sia finanziari che da un punto di vista di risorse umane. La strada corretta sarebbe stata di andare dal Comitato Olimpico Internazionale (CIO) a proporre l’istituzione di una medaglia aggiuntiva. E’ come dover decidere tra lo sci e lo snowboard. Non ha senso”.
A dire il vero non è solo la campionessa italiana ad aver storto il naso davanti a questa decisione, tanto è vero che su Change.org è partita una petizione per chiedere all’ISAF un ripensamento. Su Facebook esiste invece il gruppo “ISAF selects kiteboarding and not windsurfing for Rio 2016”, nato proprio per aprire un dibattito costruttivo sulla questione. Eppure non tutti sono dispiaciuti per il cambiamento. I numeri, inoltre, sono tutti dalla parte del kitesurf: 180 mila kite venduti all’anno, anche se quasi tutti destinati alle attività da diporto, 50 aziende produttrici, circa 12 mila praticanti e un ottimo livello internazionale dei nostri atleti.
Forse non i veterani della tavola a vela, ma i giovani potranno sicuramente provare a riconvertirsi come “conduttori di aquiloni” e su questa ipotesi è pronto a scommettere Luca De Pedrini (Direttore Tecnico della squadra olimpica italiana), che vede una delle atlete che hanno sfiorato la qualificazione per Londra, Laura Linares, già pronta a fare benissimo anche con il kite. C’è poi da considerare la versatilità di altri atleti protagonisti del windsurf che magari hanno il kitesurf come hobby, come Federico Esposito (qualificato per Londra), o di quelli che si sono da poco avvicinati alla disciplina trovandosi tutto sommato a proprio agio, come Flavia Tartaglini (attuale detentrice del titolo mondiale RS:X femminile).
Chi scrive pratica tanto il windsurf quanto il kitesurf, ma forse è più il dispiacere di perdere il primo che la gioia di trovare il secondo alle Olimpiadi.