Saranno, almeno nelle intenzioni del Coni, le Olimpiadi dell’Italia. Una formula inedita per i Giochi olimpici, sia estivi sia invernali, che non sono mai stati ospitati da un Paese o da una regione, ma da una città e i suoi dintorni. E’ quello che avrebbe voluto Milano, favorita della vigilia e pronta tutt’al più a un ticket o con Cortina o con Torino, ma alla fine il presidente Giovanni Malagò ha comunicato la clamorosa decisione del massimo organo sportivo italiano: sarà un’Olimpiade a tre, tutte e tre le città parteciperanno all’organizzazione e si sottoporranno, nei prossimi mesi, alla decisione del Cio, in competizione con Stoccolma, la giapponese Sapporo e la turca Erzurum, da non sottovalutare viste le grandi ambizioni di Erdogan sul fronte delle grandi opere e delle operazioni propagandistiche. La decisione finale è attesa per il 10 settembre 2019, nella riunione del Cio che – ironia della sorte – si terrà proprio a Milano.
Milano è la grande delusa dalla candidatura “a tre teste” voluta da Malagò, un ibrido probabilmente voluto dal Governo legastellato per non scontentare nessuna tra Torino, a trazione Cinque Stelle con il sindaco Appendino (che a causa di questa vicenda sta rischiando di perdere la maggioranza in consiglio comunale, dopo la ribellione di quattro consiglieri) e Cortina d’Ampezzo, che fa parte del Veneto governato dal leghista Zaia. E infatti proprio per questo il sindaco Giuseppe Sala ha scritto a Malagò, di fatto defilandosi dall’organizzazione dell’evento: “Con rammarico – scrive il primo cittadino di Milano – constato che nella scelta della candidatura per i Giochi Olimpici e Paralimpici 2026 le ragioni della politica stanno prevalendo su quelle sportive e territoriali. Per spirito di servizio al Paese, Milano conferma la sua disponibilità, ove richiesto, solo come venue di gare o eventi in quanto, stante le attuali condizioni, non ritiene praticabile una sua partecipazione alla governance del 2026”
Il dossier meneghino secondo molti era il più suggestivo: abbastanza low cost, come aveva da sempre auspicato lo stesso Coni (al netto dei futuri contributi del Cio, la spesa prevista era inferiore al mezzo miliardo), e poi l’inaugurazione a San Siro, la Medal Plaza al Duomo, la discesa libera a Bormio, pista storica che già ha ospitato diversi Mondiali di sci. Senza contare la suggestiva alleanza con Sankt Moritz, già pensata proprio per sopperire a un’eventuale non collaborazione né con Torino né con Cortina. Tutto da rivedere, adesso. E’ probabile che Milano rimanga comunque l’epicentro di questi Giochi all’italiana, anche per la sua posizione centrale tra le tre sedi, ma poi dovrebbe conservare ben poco del progetto originario.
Al Cio comunque la soluzione per ora non dispiace: finora non si registra nessuna opposizione, c’è addirittura una lettera giunta venerdì che avalla la soluzione una e trina. Strano, perché il direttore esecutivo del Cio Christophe Dubi in un’intervista lo scorso aprile ricordava: “Ci piace che il Coni abbia presentato tre diverse città. Ma al livello successivo, dobbiamo essere pragmatici. I tre progetti andranno valutati dal Coni, che farà una sola proposta sulla quale lavoreremo”. Ma chissà che nella sua voglia di rinnovamento, il Cio potrebbe anche aprirsi ad un’Olimpiade nazionale/regionale. Per chi supererà la prima scrematura a Buenos Aires a ottobre, poi vincerà a Milano nel 2019, entreranno 925 milioni di contributo Cio. Il costo ipotizzato della candidatura è inferiore ai 380 milioni previsti da Cortina, la sfida che sulla carta era la più economica.