Malgrado il Governo Draghi sia un modello in tutta Europa per la lotta alla pandemia, abbia riportato il Pil (+6,3%) ai livelli del miracolo economico degli anni ’50 e ’60, pratichi una politica economica palesemente espansiva e abbia sempre tenuto aperta la porta del dialogo con i sindacati, oggi Cgil e Uil promuovono lo sciopero generale di 8 ore in tutta Italia. Uno sciopero dal quale si è clamorosamente dissociata la Cisl, il cui segretario generale, Luigi Sbarra, ha definito lo sciopero semplicemente “incomprensibile”.
Cgil e Uil lamentano l’insufficienza delle risposte date dal Governo sui temi del fisco e delle pensioni, ma interpretano le loro rivendicazioni come variabili indipendenti dal quadro generale e non sembrano avere consapevolezza del momento storico che sta vivendo l’Italia e dell’occasione irripetibile che il nostro Paese ha di svoltare verso una crescita elevata e stabile nel tempo se saprà utilizzare bene le risorse del Next Generation Eu, facendo le riforme che Draghi ha personalmente promesso all’Europa.
Qualche intellettuale in vena di bizzarrie sostiene che lo sciopero sia un segno di vitalità in un Paese che, dopo essere stato imbalsamato dalla pandemia, ritrova il conflitto sociale – che per la verità non è mai scomparso – ma sul tappeto restano due interrogativi ineludibili:
1) lo sciopero è uno strumento eccezionale per ottenere condizioni di vita e di lavoro migliori o è un fine per affermare solo la propria esistenza in una fase di decadenza del sindacato e della politica?
2) come si spiega il fatto che Cgil e Uil non siano mai scesi in campo contro governi palesemente inadeguati come il Conte 1 e il Conte 2 e proclamino invece la mobilitazione generale contro un governo come quello di Mario Draghi che ha dimostrato con i fatti di combattere con energia la pandemia e di aver sollevato l’economia del Paese?