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Oggi la crisi compie quattro anni: nacque il 9 agosto 2007 con i subprime ma non è ancora game over

Il 9 agosto del 2007 scoppiò la crisi dei subprime e un anno dopo arrivò il fallimento della Lehman – Il mondo non si è più ripreso e la crisi della finanza Usa ha contagiato prima l’Europa e poi l’economia reale – Senza nuove regole per la finanza, robusti piani anti-debito e la correzione degli squilibri, il game over si allontana

C’è poco da celebrare ma le date contano in questa civiltà che fatica a mantenere la memoria. Così vale la pena ricordare che tutta l’instabilità finanziaria nella quale il mondo sviluppato soggiace ancora inizia il 9 agosto del 2007. È infatti da allora che si data l’esplosione della crisi, inizialmente chiamata “subprime”, epiteto che si riferisce a un segmento di mutui per poche centinaia di miliardi di dollari e che sa più di marachella che di catastrofe. Quel giorno di quattro anni fa salgono i tassi interbancari – l’overnight europeo schizza dal 4 al 4,6% – perché svanisce la fiducia tra le banche a prestarsi l’un l’altra, dato che non sanno più valutare il rischio della controparte. I subitanei, massicci interventi delle banche centrali per dare liquidità all’interbancario tamponano la situazione ma non risolvono. Per mesi si parla di turbolenze (turmoil) però la realtà è assai peggiore. Da allora niente è più come prima.

Per descrivere lo scorso quadriennio è più realistico parlare di un periodo di crisi inframmezzato da brevi parentesi di stabilità finanziaria, anziché, come si faceva prima, di stabilità occasionalmente interrotta da crisi finanziarie. Come in un flipper impazzito, la crisi parte dalle principali istituzioni finanziarie Usa ma subito colpisce pesantemente i sistemi bancari in Europa. Poi, nel 2008, la pallina torna nel Nuovo Mondo per abbattere Lehman Brothers e toccare l’apice della crisi bancaria. I pronti interventi di salvataggio da parte dei governi tappano la falla, ma non bastano. Così, la pallina batte duro sull’economia reale falcidiando imprese e posti di lavoro di qua e di là dall’Atlantico. Mentre i paesi emergenti seguitano a crescere ai margini del vortice e la ripresa, drogata da politiche monetarie e fiscali ultra-espansive, pare avviata anche in quelli ricchi, nel 2010 ci si accorge che il recupero è troppo fiacco e i colpi del flipper hanno aperto pericolose voragini nelle finanze pubbliche.

Dapprima il problema sembra limitato ad alcuni paesi periferici dell’Eurozona ma poi la pallina rimbalza verso i paesi Ue più grandi e torna a schiantarsi sugli Usa che subiscono l’onta del declassamento a debitore sovrano non più al di sopra di ogni sospetto. Il gioco si fa sempre più complesso con la pallina convulsa che sbatte un po’ dappertutto. È possibile che si sia ormai entrati nella seconda parte della lettera W, il c.d. double dip, e quasi tutti si chiedono quando finirà quest’incubo di partita che dura da quattro anni. Il flipper si ferma quando va in tilt oppure quando le regole del gioco dicono game over.

Una leadership globale all’altezza della situazione dovrebbe stabilire il game over, affannandosi subito a ri-regolamentare seriamente la finanza – così che non sia più destabilizzante – e a patteggiare piani di rientro da squilibri globali ed eccesso di indebitamento in cui tutte le parti si assumano una fetta dell’onere. È questa la chance per il passaggio ordinato da un assetto mondiale a trazione americana a uno multipolare. Se mancheranno leadership o consenso politico diffuso, la globalizzazione (e non solo la finanza) rischierà seriamente di andare in tilt.

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